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«Il cane e la gatta» ridotti in schiavitù dalla "magara" di Reggio

Un ragazzo e un’anziana le ultime vittime dell’insegnante di religione al centro dell’inchiesta della Procura reggina. Erano costretti a vivere tra immondizia e buste di vecchi vestiti

Pubblicato il: 24/10/2019 – 19:26
«Il cane e la gatta» ridotti in schiavitù dalla "magara" di Reggio

REGGIO CALABRIA Nelle tante parrocchie che frequentava si presentava come una donna pia, piena di buoni sentimenti e desiderosa di aiutare il prossimo. In realtà, ha svelato l’inchiesta dei pm Roberto Di Palma e Angelo Gaglioti, l’insegnante di religione Maria Dascola era una truffatrice seriale, che in circa dieci anni ha spogliato o tentato di spogliare innumerevoli vittime del proprio patrimonio (qui la notizia). Un soggetto strano, dice chi l’ha conosciuta.
UNA “MISERICORDIOSA” TRUFFATRICE Attiva in parrocchia e nelle opere di carità, ma strana, schiva e riservata. Troppo, secondo uno dei sacerdoti che la conosceva. Quando ha realizzato che uno dei parrocchiani potesse essere finito nelle sue grinfie si è detto preoccupato per «la sua permalosità ed alcuni accadimenti inerenti alla sua vita personale che poi si sono rivelati falsi».
Anche in chiesa, la donna «portava con sé numerosi testi di medicina dicendo di essere studente presso tale facoltà», ma in realtà non ci ha mai messo piede. Ma le sue bugie non si limitavano a questo.
TIROCINIO IN FAMIGLIA La sua “carriera” è iniziata attorno ai primi anni Duemila all’interno dalla sua stessa famiglia. A farne le spese è stato un lontano zio, all’epoca assai anziano ed oggi deceduto. Affetto da importanti disturbi psichici, quando è rimasto solo l’anziano ha riscoperto la nipote, che insistentemente ha iniziato a frequentarne la casa.
In realtà, ha raccontato la cugina agli investigatori, lo ha completamente soggiogato, progressivamente ha prosciugato tutti i suoi risparmi ed infine lo ha sottratto al controllo degli altri parenti. Durante un ricovero, l’anziano è sparito. I familiari che erano andati a trovarlo hanno trovato solo un letto vuoto. Dascola – hanno scoperto poi – lo aveva convinto a firmare le dimissioni e trasferito in un policlinico di Messina, dove mesi dopo sarebbe morto. Ma anche questo – ha detto la cugina agli investigatori – i familiari lo hanno scoperto solo dal manifesto funebre appeso in città. Dal notaio invece hanno saputo che la neo-ritrovata nipote era divenuta erede di gran parte dei suoi beni.
METODO COLLAUDATO E VITTIME “FACILI” È questo – ricostruisce l’ordinanza – l’inizio di una lunga serie di truffe che hanno permesso a Maria Dascola di accumulare una piccola fortuna. Il suo – affermano i magistrati – «era un metodo collaudato» ed è stato utilizzato per oltre dieci anni. A farne le spese, vittime dal profilo simile. Anziani senza familiari prossimi, soggetti affetti da importanti disturbi psichici, in generale persone non in grado di badare a se stesse. E tutti particolarmente sensibili alla sfera più mistica della pratica religiosa. Identici anche i luoghi di reclutamento: parrocchie, centri Caritas, gruppi di preghiera, residenze per anziani in cui gruppi legati alla chiesa facevano volontariato. Oppure le classi che a Dascola erano affidate come insegnante di religione.
«SOPRAVVISSUTA ALL’INFERNO» È lì che ha cercato di “agganciare” la madre di uno dei suoi alunni, in un momento di difficoltà convinta ad alloggiare nel suo appartamento. Dare alloggio alle vittime, sottraendole alle famiglie per Dascola era «un clichè comportamentale consolidato finalizzato, in ultima analisi, a “legare” a sé, fisicamente ed affettivamente, la vittima» scrivono i magistrati. Ed un modo per meglio convincerle a firmare testamenti e procure speciali, tutte in suo favore. Ma la donna ha subodorato subito l’inganno. «La convivenza è stata un inferno» ha detto agli investigatori, cui ha riferito settimane di angherie e minacce continue. Dopo meno di un mese, la donna e il figlio sono andati via e “per punizione” Dascola ha impedito loro persino di recuperare vestiti ed effetti personali. Dopo è tornata ai vecchi metodi, scegliendo le sue vittime fra chi non era in grado di difendersi.
IL CANE E LA GATTA Assolutamente inermi erano di certo il ragazzo e l’anziana che i finanzieri del Gruppo di Reggio Calabria, guidati dal maggiore Andriani, hanno trovato in un gelido e fatiscente appartamento di Messina. “Il cane” e “la gatta” – così li definiva Dascola nelle conversazioni che la Finanza ha intercettato – erano costretti a vivere tra immondizia e buste di vecchi vestiti, con due brandine simili a cucce per letto, in un ambiente reso insalubre dai miasmi di cibo vecchio e andato a male. Ma, completamente soggiogati dalla donna, non si lamentavano. Orazioni, talismani, preghiere e rituali di protezione bastavano a tenerli buoni. Il resto lo faceva il continuo insistere della donna sulle presunte cattive intenzioni dei parenti delle sue vittime, da cui – asseriva – lei li avrebbe protetti.
«ATTENTO AGLI ELICOTTERI «Dascola gli avrebbe detto di stare attento al passaggio degli elicotteri, di nascondersi e di non farsi vedere poiché i poliziotti lo cercavano, a causa delle denunce presentate dai suoi parenti contro di lui – annotano gli investigatori, dopo aver parlato con il ragazzo – e che i parenti lo hanno privato di tutti i suoi soldi, depositati in banca, e che, nella sua casa a Reggio Calabria ci sarebbe una scuola di ballo». Terrorizzato, il ragazzo si era affidato totalmente a quella che considerava la sua salvatrice. Senza protestare le aveva affidato il suo telefono e aveva tagliato tutti i contatti con i parenti. Ma soprattutto seguiva per filo e per segno le indicazioni della donna, incluso – è emerso dall’inchiesta – l’ordine di firmare un testamento olografo che individuava come beneficiari lei e l’avvocato che aveva predisposto la denuncia con cui la vittima ha accusato i familiari di derubarlo.
IL TENTATIVO DI SOTTRARSI ALLE INDAGINI Tutto falso e Dascola ne era perfettamente a conoscenza. Per questo – affermano gli inquirenti – quando ha sentito il fiato degli investigatori sul collo ha iniziato a sparire. Ben attenta a non utilizzare i propri telefoni e a bloccare ogni tentativo di contatto dei parenti delle proprie vittime, per mesi ha tentato di nascondere dove fossero il ragazzo e l’anziana signora. Entrambi affetti da importanti deficit psichici, completamente soggiogati dalla donna, loro di buon grado l’hanno seguita nel peregrinare di casa in casa, che Dascola ha organizzato quando la donna ha iniziato a sentire il fiato sul collo degli investigatori. Nascosti in case di cura e appartamenti, infine fatti passare per assistita e badante, le due vittime hanno subito in silenzio e senza lamentarsi mesi di trattamento degradante. Una situazione di disagio che solo l’inchiesta ha permesso di ribaltare, ma che alle due vittime è costato il ricovero in una specifica casa di cura e un lungo lavoro di riabilitazione per poter – quanto meno in parte – superare. (a.candito@corrierecal.it)

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