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CAFFÈ EUROPE | L'indipendenza belga e le note di Masaniello

di Salvatore Scalzo

Pubblicato il: 25/10/2019 – 12:50
CAFFÈ EUROPE | L'indipendenza belga e le note di Masaniello

È una storia non troppo nota alle nostre latitudini. Tuttavia suggestiva. Uno dei momenti più alti della storia del Belgio, in particolare quei mesi dell’estate e dell’autunno del 1830 che segnarono le basi dell’ indipendenza del Paese e i cui fatti intrecciano un legame emozionale importante con un pezzo di storia del Sud Italia.
Nell’agosto del 1830, la popolazione di Bruxelles era già in fermento. I lavoratori, scarsamente retribuiti, soffrirono una preoccupante crisi economica dovuta ad un considerevole aumento del costo della vita, crisi che era iniziata a farsi sentire già a partire dal 1820. Il cattivo raccolto, conseguenza di un rigido inverno, aveva causato il raddoppio del prezzo del pane e il potere autoritario e autocratico del sovrano olandese Guglielmo I dei Paesi Bassi, che governava il territorio Belga a seguito del Congresso di Vienna nel 1815, contribuiva ad aumentare il malcontento. Non aiutava inoltre il risentimento della popolazione francese che non sopportava di essere governata e amministrata nella lingua olandese.
Grandiosi eventi erano stati previsti per festeggiare il compleanno del re Guglielmo nell’agosto del 1830. Uno dei più attesi del programma, nella giornata di mercoledi 25 agosto, era le messa in scena dell’opera “La muette de Portici”, che si può tradurre come “La piccola muta di Portici”. L’opera era stata composta nel 1828 dal francese Daniel François Esprit Auber e raccontava la storia di Fenella, una giovane figlia di un pescatore del villaggio di Portici, vicino Napoli, ma soprattutto sorella del famoso Masaniello. Fenella era stata abbandonata dal suo amante, che aveva alla fine sposato una ricca principessa spagnola. Il dramma si intreccia e fa tutt’uno con la vicenda storica della rivoluzione napoletana del 1647 contro l’opprimente potere spagnolo e con quella personale di Masaniello, l’umile pescatore che capeggiò la rivoluzione che aveva messo in scacco il potere spagnolo nella città di Napoli, ed imposto, seppur per poco tempo, un nuovo equilibrio tra nobiltà e popolo. Alla fine Fenella si getterà nel Vesuvio proprio per l’uccisione del fratello.
Nell’ambito del già citato programma di festeggiamenti per il compleanno del Re Guglielmo nell’agosto 1830, la rappresentazione dell’opera viene autorizzata dopo un iniziale divieto e va in scena (appunto il 25 agosto) davanti ad un Théâtre de la Monnaie gremito. E’ il duetto del secondo atto tra Masaniello e il sodale Pietro “Amour sacré de la patrie “ (Sacro amore della patria) a destare in quella serata la passione e l’intensa partecipazione del pubblico. In particolare la parte seguente:
Amour sacré de la patrie, Rends nous l’audace et la fierté ; À mon pays je dois la vie ; Il me devra sa liberté.
(da tradursi come : “Sacro amore della patria, donaci audacia e fierezza; al mio paese devo la vita, mi renderà la sua libertà”)
Proprio durante questa parte, secondo i racconti, molti spettatori intonarono con i solisti a pieni polmoni, altri cominciarono a gridare “Vive la liberte”. Più in generale esclamazioni di giubilo ed irrefrenabile entusiasmo si rincorsero per tutta la sala.
La cosa però davvero straordinaria fu che, appena l’opera si concluse, il richiamo alle armi e alla rivolta nell’invocazione di Masaniello durante il terzo atto, diventa storia a poche ore di distanza. Trova una sua immediata giunzione con il mondo e gli accadimenti reali. Nel senso che I belgi imbracciarono le armi proprio a partire da quella notte. Terminata l’opera, centinaia di persone si affollarono all’esterno del teatro, sventolando il tricolore nero, giallo e rosso, raggiunsero gli uffici del giornale pro-olandese Le National, saccheggiandoli e prendendo poi possesso del commissariato di polizia. La rivoluzione dilagò nei mesi successivi e il 4 ottobre 1830 ci fu la proclamazione ufficiale dell’indipendenza del paese.
Non fu certo l’opera a innescare la Rivoluzione che consegnò l’indipendenza al Belgio, la quale ha origini ben più profonde e lontane e il cui scoppio era stato abbastanza meditato e preparato nei giorni immediatamente precedenti l’evento in questione. Eppure non vi sono dubbi che, caso abbastanza unico, un dramma operistico e una musica agirono letteralmente come la miccia di un moto rivoluzionario. Per dirla come il saggista Geert van Istendael, al di là di tutte le interpretazioni e le verità riguardo all’importanza di quella rappresentazione nei moti dell’indipendenza belga, quella sera alla Monnaie, le note legate alla storia di Masaniello e della rivoluzione napoletana, fecero montare il sangue alla testa a centinaia di giovani belgi.
Insomma un pezzo di storia abbastanza singolare.
Da un lato, quasi banalmente, il potere suggestivo, e quindi anche spaventoso, della musica e dell’opera. Una grande verità di ieri e di oggi. Fa sorridere che, solo otto anni addietro, il teatro della Monnaie di Bruxelles abbia deciso di non riproporre “La Muette de Portici”, adducendo il rischio che l’opera suonasse troppo fortemente patriottica e unitarista in un clima storico di accresciuta conflittualità tra le due grandi regioni del paese, le Fiandre e la Wallonia.
Dall’altro lato la storia di Masaniello e l’irruzione violenta del popolo napoletano nella storia. Non ci sono i tempi e gli spazi per entrare nella complessità delle vicende di Masaniello e dell’interpretazione che queste hanno avuto nei vari secoli. Tuttavia ho sempre considerato la storia del rivoluzionario napoletano e di quei giorni del 1647 un patrimonio culturale e simbolico da difendere per l’intero Meridione. Difendere anche dagli accostamenti pretestuosi tra quei giorni e una presunta tendenza alla fascinazione demagogica del carattere rozzo, villano e inaffidabile delle nostre genti. A mio avviso, a parte ogni considerazione possibile, la storia di Masaniello e’ senz’altro anche un simbolo, un’espressione pura della viva e spesso raffinata intelligenza popolare meridionale. E di una sua genuina, irruenta, passionale e magari disperata rincorsa verso una giustizia che liberi dall’oppressione e dall’arroganza del potere e del privilegio.
Arrivederci alla settimana del 18 novembre per il prossimo appuntamento

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