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Filippo e le altre vittime innocenti. «Chi sogna non è mai nel posto sbagliato»

Don Ciotti a Vibo nel giorno del settimo anniversario dell’omicidio del 19enne in una faida in cui non c’entrava nulla – VIDEO

Pubblicato il: 25/10/2019 – 16:14
Filippo e le altre vittime innocenti. «Chi sogna non è mai nel posto sbagliato»

di Sergio Pelaia
VIBO VALENTIA Non è un giorno facile per Martino Ceravolo, non lo è per sua moglie Anna, che al suo fianco è quasi piegata dal dolore, non lo è per la figlia Giusy, che porta in volto il sorriso di suo fratello Filippo. Non è un giorno facile per Francesco Vinci, che si tiene aggrappato al suo bastone con a fianco la moglie Sara. Non è un giorno facile per Elsa Tavella, che porta con dignità i segni della mancanza più grande, non lo è nemmeno per i genitori di Stefano Piperno, come per Matteo Luzza. A dire il vero ogni giorno, per loro, non è un giorno facile, ma in occasioni come quella di oggi a Vibo trovano almeno un piccolo conforto nella comunanza del dolore, nella condivisione della privazione, subita da mano mafiosa, di figli e fratelli strappati ai loro cari dai pallettoni della ‘ndrangheta per aver chiesto un passaggio, per aver difeso un pezzetto di terra, o per aver amato una ragazza.
È a loro che parla don Luigi Ciotti, arrivato a Vibo nel giorno del settimo anniversario della morte di Filippo Ceravolo, ucciso a 19 anni perché finito, per una casualità maledetta, lui che non c’entrava niente, in mezzo alla faida tra i clan Loielo ed Emanuele (potete leggere qui un reportage del Corriere della Calabria sulla sua storia). Parla a loro e ai ragazzi delle scuole medie, che nell’auditorium della Scuola di Polizia sono seduti con gli allievi agenti con cui ascoltano e partecipano alla parte finale del percorso “Leggere contro le mafie” ideato da Libera Vibo Valentia. In platea ci sono i vertici provinciali delle forze dell’ordine, il prefetto, il sindaco di Vibo e il presidente della Provincia. A fare gli onori di casa il direttore della Scuola di Polizia Stefano Dodaro e il referente provinciale di Libera Giuseppe Borrello. Don Ennio Stamile, che di Libera è il referente regionale, cita Gramsci e Impastato per dire che «non si può vivere da indifferenti, ma bisogna schierarsi dalla parte del bene e della bellezza». Parte il primo video realizzato dai ragazzi e Borrello, guardando le immagini girate il 21 marzo per la “primavera” antimafia di Vibo, ricorda che subito dopo quella marcia ci fu il terribile omicidio di Matteo Vinci, ucciso a Limbadi da un’autobomba che ferì anche il padre Francesco, e che da lì ad ottobre seguirono altri sette omicidi. La provincia di Vibo detiene questo triste record, oltre a quello della scarsa vivibilità e del numero di logge massoniche.
Ma ci sono anche imprenditori che cominciano a denunciare, come Carmine Zappia, e ci sono soprattutto i giovani di Piscopio che dicono: «Ci siamo ripresi i sogni, il futuro. E alla fine abbiamo piantato i semi». Insieme ai loro coetanei delle scuole medie raccontano, in prima persona, le storie dei bambini, dei ragazzini uccisi dalle mafie, che hanno riscritto come se la protervia non li avesse portati via prima che potessero crescere. «Chi sogna – scrivono – non è mai nel posto sbagliato». Non lo era Saverio Purita, che voleva essere un calciatore, o in alternativa Spiderman, e non lo era Rita Atria; non lo era Nicholas Green, che ricorda quel bellissimo viaggio in Italia mentre si prepara per il suo matrimonio; non lo era Dodò Gabriele, che si risveglia in ospedale dopo quella partita di pallone e torna al campetto; e non lo era Filippo, che il 26 ottobre 2012 si sveglia al mattino presto per andare al mercato con papà Martino.
«Non si archiviano gli angeli», ripete Martino Ceravolo da quando le indagini sull’omicidio del figlio sono state chiuse senza colpevoli. Il suo Filippo rientra nell’80% delle vittime innocenti della mafia che aspetta ancora verità a giustizia, ma lui continua ad avere fiducia. E a fare nomi e cognomi senza paura. «Sono al fianco vostro – dice don Ciotti – e delle persone che si assumono la loro parte di responsabilità e impegno. Nulla deve mortificare la speranza, siamo qui per coltivarla e io oggi qui ho trovato segni di speranza. Il dolore e le ferite dei familiari delle vittime non si cancelleranno mai, ma tocca a noi non lasciarli soli. La vera memoria – ammonisce – è quella viva, che si deve tradurre tutti i giorni in responsabilità e impegno, non è una celebrazione. Quei nomi dobbiamo scriverli nelle nostre coscienze. Ragazzi e docenti lo fanno perché ci credono, e la conoscenza è la via maestra. Noi – conclude – dobbiamo cambiare la storia, non possiamo subirla». (s.pelaia@corrierecal.it)
https://www.youtube.com/watch?v=RxlwjPKnv5A&feature=youtu.be

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