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Guai per il socio dei Gattuso. L'ex Milan: «Non c'entravo con quel progetto»

Sequestrati 5 milioni di euro a Giuseppe Capatano, già condannato per mafia nel 1996. Nel 2006, insieme al padre dell’ex calciatore, aveva aperto a Corigliano un’azienda di prodotti ittici poi mess…

Pubblicato il: 27/10/2019 – 13:33
Guai per il socio dei Gattuso. L'ex Milan: «Non c'entravo con quel progetto»

CORIGLIANO ROSSANO L’inaugurazione di dicembre 2006 la ricordano in molti. Rino Gattuso, da poco campione del mondo con la storica compagine azzurra allenata da Marcello Lippi; il “figliol prodigo” da sempre legato alla sua terra d’origine, tornava per inaugurare in pompa magna un’azienda di prodotti ittici che avrebbe «garantito il rilancio», anche in termini di occupazione, della Calabria ionica e non solo. La storia, però, racconta un epilogo un po’ diverso ed una serie di grane che ancora oggi tornano a tormentare l’ex calciatore ed allenatore del Milan.
Come riportato ieri da ilfattoquotidiano.it, la “Gattuso&Capatano Prodotti Ittici Srl” con sede a Corigliano Calabro, vedeva come soci al 50% Francesco Gattuso, padre di Gennaro, e tale Giuseppe Capatano, imprenditore tarantino al tempo già noto alle cronache per aver riportato una condanna per mafia nel 1996. «Non so se mio padre sapesse chi era quell’uomo», rivela oggi al fatto.it Rino Gattuso che sostiene inoltre di essere stato «di passaggio» all’inaugurazione di quello stesso stabilimento di cui tagliò il nastro dichiarando di «non voler alimentare i propri profitti, ma investire sulla gente della Calabria».
La notizia rimbalza alle cronache odierne per via dell’operazione coordinata dalla Dia di Lecce che ha portato al sequestro di 5 milioni di euro allo stesso Capatano. Il 51enne tarantino è il fratello del boss locale Dino Capatano e nel 1996 era stato condannato, oltre che per associazione mafiosa, anche per estorsioni e traffico d’armi. Poi un’accusa di associazione a delinquere finalizzata al disastro ambientale ed infine la recente misura preventiva che va a colpire – nella ricostruzione degli inquirenti – «un patrimonio illecito frutto dei reinvestimento dei capitali accumulati a cavallo tra gli anni 80 e 90 a discapito dei miticoltori locali».
Non proprio una persona che si raccomanderebbe come socio in affari. E tuttavia, Capatano era diventato socio di un progetto che si proponeva il rilancio dell’economia calabrese. Tanto che, alla presentazione, lo stesso Gattuso jr aveva dichiarato di «credere fortemente» in questa iniziativa. Alla presenza dell’allora governatore Agazio Loiero, del presidente della provincia di Cosenza, Mario Oliverio e del vescovo, Santo Marcianò, si era celebrato un importante investimento nella zona ionica cosentina, come pochi se ne vedevano ormai da anni. Entusiasmo disatteso, però, dal naufragio dell’iniziativa qualche tempo dopo.
Come riporta infatti ilfatto.it – all’atto della costituzione della società, Capatano e Francesco Gattuso erano soci al 50%. Qualche mese dopo, però, il tarantino decide di cedere le sue quote a fronte di un versamento di 15mila da parte della famiglia Gattuso ed altri 45mila euro come quota capitale. Rino Gattuso, rivela oggi «di non aver avuto a che fare con quella idea in Calabria. Mi trovavo a passare e sono andato alla festa». Sui rapporti tra il padre e il socio aggiunge: «Se mio padre sapeva chi fosse Capatano? Sinceramente non lo so». L’azienda, ed annesse speranze di rilancio di quella zona della Calabria grazie al mercato ittico, andranno in liquidazione circa due anni dopo quella “maledetta” inaugurazione. (fd)

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