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«Le lotte di Campanile che penalizzano la Calabria»

di Franco Scrima*

Pubblicato il: 28/10/2019 – 11:19
«Le lotte di Campanile che penalizzano la Calabria»

Mentre negli ambienti “forzisti” della Calabria si vivono momenti di alta tensione per via delle tegole cadute sulla testa del sindaco di Cosenza rimesso in discussione per la Corsa alla presidenza della Regione sia dalla sentenza della Corte dei Conti che ha dichiarato il dissesto finanziario del suo Comune, sia dalla richiesta di rinvio a giudizio in concorso avanzata dalla Procura della Repubblica di Catanzaro per reati alquanto pesanti. Il segretario della Lega, come un avvoltoio, si lancia sulla “preda” e, infischiandosene dell’accordo tra i tre schieramenti di destra, punta l’indice contro Mario Occhiuto proponendo un “leghista” di Reggio Calabria, provincia nella quale il “carroccio”, non si capisce perché, conta molti seguaci.
Salvini, però, non tiene conto o fa finta di non sapere che anche i “gufi” sono entrati già in azione. C’è già chi accarezzare l’idea che possa essere Sergio Abramo, sindaco di Catanzaro, il prossimo governatore della Calabria.
Al di là delle aspirazioni personali, più o meno comprensibili, c’è da prendere atto che tutto oggi è reso possibile perché è cambiato il senso della misura: un tempo era circoscritto alle piccole cose, oggi le vicende assumono una forza tale da oltrepassare i confini, così da superare persino gli steccati dei limiti di ciascuno e con essi la sopportazione umana, in questo caso quella dei cittadini elettori. Di fronte a simili vicende, sembrerebbe persino anacronistica la celeberrima teoria di Aristotele, quella del “giusto mezzo” espressa nella sua più che famosa opera morale: l’Etica Nicomachea. Dimenticata nonostante il principio su cui si basa sia rimasto nei secoli attuale e riguarda il punto di equilibrio tra due opposti errori: l’uno pecca per difetto e l’altro per eccesso.
Una vicenda quella che ha per protagonisti Forza Italia-Calabria che può rappresentare bene le due facce della stessa medaglia e, infatti, mentre a Cosenza Occhiuto continua ad aggrapparsi all’ultimo ramoscello che pende dall’albero, quello della speranza, a Catanzaro Abramo esce dalle quinte e cerca di guadagnare il proscenio proponendosi per la candidatura a presidente della Regione. E non è improbabile che possa accadere anche se sulla strada per il Palazzo, tra gli schieramenti di destra, si fa strada un altro possibile nome, quello di Wanda Ferro, di Fratelli d’Italia; un nome per il momento tenuto nel cassetto ma le cui capacità e preparazione supererebbero di molte spanne le speranze altrui.
Bisogna anche dire che Abramo non riscuote sufficiente “amore” da parte dei suoi concittadini e, forse, anche dentro il suo stesso partito per via di vecchie diatribe tra i vari schieramenti. E ciò lo indebolisce notevolmente. Tantomeno potrà sperare in un plebiscito dai catanzaresi molti dei quali gli contestano una gestione piuttosto “leggera” della città nel ventennio della sua sindacatura.
È un fatto che la Città capoluogo di regione oggi si presenti come abbandonata a sé stessa, lasciata nelle grinfie della clientela, senza un progetto organico di crescita. Una città che per gelosia, dovuta verosimilmente alla sua tradizione culturale egemone, dimostra di essere scarsamente considerata dalle altre quattro province. È un dato incontrovertibile, per esempio, che Catanzaro è pressoché assente dai palinsesti dei telegiornali trasmessi dalla Rai regionale. A Catanzaro non esiste una redazione del servizio pubblico televisivo, nonostante sia sede istituzionale della presidenza della Regione, degli assessorati, nonché della maggior parte degli uffici regionali. Una città, dunque, nella quale, dolente o nolente, si decidono le politiche per la Calabria.
Ma Catanzaro è anche molto altro. E ciò porge il fianco agli “attacchi” dei denigratori. È, per esempio, la città che ha consentito di costruire in aperta campagna, lontana dal centro storico, l’Università con annesso l’unico, importante, Policlinico della regione che, purtroppo, non riesce ad interagire come si vorrebbe con essa. Stessa sorte è stata riservata anche alla sede del Governo regionale.
In tutto questo bisogna ammettere che vi sono responsabilità antiche che sottolineano l’incuria, se non l’incapacità, di quanti nel tempo hanno avuto la responsabilità di amministrare Catanzaro. E di tale insipienza amministrativa si sono approfittati in tanti, tentando e spesso anche riuscendo, a spogliare la Città per vestire le loro. Non è un caso che la Calabria sia ancora oggi l’unica regione ad avere gli organi amministrativi regionali ripartiti tra le tre “vecchie” province: la Giunta a Catanzaro, il Consiglio a Reggio Calabria e, per non essere da meno, la sede della RAI a Cosenza. È il risultato della spartizione clientelare adottata l’anno in cui nel Paese venne consacrata l’autonomia regionale. Una frammentazione che comporta forti penalità sia in termini economici che di efficienza istituzionale. E, come se non fosse sufficiente l’esperienza accumulata, si continuano a percorrere vecchie logiche, simili a chi è aduso a tramare, con malcelata disinvoltura, pur di aumentare il proprio potere clientelare a discapito del Capoluogo che ne risente così da non sapere reagire, rimanendo passivo e fortemente rassegnato.
I politici, che hanno ben compreso l’arte del servirsi della popolazione lasciano intendere di essere al loro servizio; sono i primi a non voler cambiare le cose forse anche perché consapevoli della loro debolezza nel saper trovare soluzioni. Quanto a promesse, però, sono imbattibili, capaci persino ad impegnarsi a costruire un ponte anche dove non c’è il fiume!
Un tempo cose del genere non sarebbero accadute, non solo perché erano considerate utopistiche, quanto perché c’erano i partiti e, al loro interno, intelligenze politiche. Oggi invece nonostante ci sia una destra estrema, parecchio pericolosa, che un tempo tifava per il Vesuvio e per l’Etna, diminuiscono sempre più i soggetti disposti a difendere la democrazia e a ritrovare le fondamenta di una vera forza di sinistra. In mancanza di ciò, tutto diventa percorribile, tutto è considerato possibile.
*giornalista

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