di Alessia Candito
REGGIO CALABRIA «Claudio Scajola ha avuto un ruolo nella latitanza di Dell’Utri che non è stato scoperto. E per essere onesti, non lo abbiamo scoperto neanche noi. Ma per adesso. Specifico “per adesso”». All’aula bunker di Reggio Calabria, continua la requisitoria del procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo al processo Breakfast che alla sbarra vede l’ex ministro Claudio Scajola, Chiara Rizzo, moglie dell’ex deputato di Forza Italia Amedeo Matacena, oggi latitante a Dubai, la storica segretaria dei coniugi, Maria Grazia Fiordelisi, e il braccio operativo del politico-armatore, Martino Politi. Per tutti l’accusa è di aver aiutato Matacena a sottrarsi all’esecuzione della condanna come referente politico del clan Rosmini e ad occultare il suo immenso patrimonio. Ma per Scajola presto potrebbe non essere l’unica. Fuori e dentro dalle stanze del tribunale – è emerso nel corso della requisitoria – continuano anche le indagini che riguardano il ruolo che l’ex ministro dell’Interno Scajola ha ricoperto in una determinata fase storica della Repubblica.
L’INCHIESTA CHE VERRÀ? Il procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo non si scopre, ma agli imputati in aula lo fa capire chiaramente: il processo Breakfast che lentamente si avvia a conclusione non è che una fase di un’azione investigativa a più ampio raggio e che sembra puntare direttamente a quei salotti e uffici romani che hanno fatto da sfondo tanto alla latitanza di Matacena, come a quella dell’ex numero 2 di Forza Italia, Marcello Dell’Utri. E se Scajola – ha detto Lombardo nel corso della sua requisitoria – «ha avuto un ruolo da protagonista» nel piano per far fuggire Matacena in Libano che la stessa Chiara Rizzo finisce per confermare nel corso delle conversazioni intercettate, di certo è emerso chi fosse il suo principale interlocutore (e complice) dell’epoca: Vincenzo Speziali.
LATITANZE PARALLELE Uno schema che sembra emergere identico anche nella latitanza dell’altro politico di Forza Italia finito in (seri) guai per i rapporti fin troppo amichevoli con le mafie, Marcello Dell’Utri. E se per molti aspetti speculari sono le figure di Matacena e Dell’Utri, altrettanto appare il piano per permettere loro di sottrarsi all’esecuzione della pena definitiva a cui sono stati condannati. E a rivelarlo sono gli stessi Scajola e Speziali, nelle conversazioni che nel corso dell’indagine sono state intercettate e che il procuratore aggiunto ripercorre – una per una – nel corso del suo intervento.
LE “CONFESSIONI” DI SPEZIALI «“Grazie a dio non ti hanno collegato a Marcello” dice Speziali a Scajola. E questo significa che Scajola ha avuto un ruolo in quella vicenda. Lo dicono loro. Emerge il ruolo paritario di Scajola e di Speziali nella gestione della latitanza di soggetti come Matacena e Dell’Utri». Non a caso, spiega Lombardo, «l’unico a sapere particolari sulla latitanza di Dell’Utri è Scajola, Speziali ne parlerà molto con lui perché Scajola era autorizzato a sapere». E a confermarlo – afferma il procuratore aggiunto – sono le stesse voci degli indagati nelle innumerevoli conversazioni registrate e ascoltate dagli investigatori. A partire da quella in cui si sente l’ex ministro dell’Interno avanzare dubbi su un possibile trasferimento di Matacena da Dubai al Libano. «E Speziali risponde – ricorda il magistrato – ho fatto una cosa più difficile per Sergio (Billé, ndr), figuriamoci questa». Un chiaro riferimento a Matacena e una prova – dice Lombardo al Tribunale – «di un progetto criminale che in quella fase storica lega Scajola e Speziali». Appunti per un’inchiesta che verrà e che l’informativa “Stato parallelo”, depositata mesi fa, ha in parte anticipato? Forse. Ma difficilmente il procuratore aggiunto darà altri dettagli al riguardo. Quanto meno in questa sede. (a.candito@corrierecal.it)
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