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Ergastolo ostativo, Morra: «Lavoriamo per tenere i boss in carcere»

Il presidente dell’antimafia rassicura sulla possibile riforma dell’istituto dopo le pronunce della Corte Edu e della Consulta

Pubblicato il: 31/10/2019 – 21:45
Ergastolo ostativo, Morra: «Lavoriamo per tenere i boss in carcere»

ROMA I boss mafiosi «devono restare in carcere». Lo afferma in un video postato sul suo profilo facebook, il presidente della Commissione Antimafia, Nicola Morra che aggiunge: «Io ed i miei colleghi delle commissioni Antimafia, Giustizia, Affari costituzionali e Diritti umani stiamo lavorando ad un testo di legge che, recependo le giuste osservazioni della Corte costituzionale, non dimentichi che noi siamo in guerra con la mafia». Il tema, come chiaro, è quello dell’ergastolo ostativo, misura facente parte della normativa antimafia e, specificamente di quel sistema del così detto “doppio binario” voluto, al tempo, da Giovanni Falcone. Sulla possibile incostituzionalità dello strumento si è recentemente pronunciata la Consulta prendendo le mosse dalla precedente pronuncia della Corte Edu (ne avevamo scritto qui) che aveva dichiarato lo strumento non conforme ai principi contenuti nella Convenzione europea dei diritti dell’uomo, nella parte in cui prevede un automatismo nell’esclusione dal regime premiale dei boss che rifiutano la collaborazione una volta condannati al “fine pena mai”.
Tali pronunce, portano ora il legislatore a dover ripensare lo strumento. «Siamo in guerra con la mafia – spiega Morra – da prima del 1982, anno in cui la nostra legislazione penale ha riconosciuto la necessità di un ‘doppio binario’ affiancando all’associazione a delinquere semplice l’associazione a delinquere di stampo mafioso. Ed è inaccettabile minare ora questo principio come se i detenuti per mafia fossero detenuti comuni”. Da qui – conclude – la necessità di un testo «ineccepibilmente coerente con i valori della nostra Carta costituzionale, capace di coniugare i diritti sacrosanti della persona con i doveri di tutela, di precauzione e di prudenza propri del legislatore chiamato a tutelare la comunità».

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