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L'arte di cucire con etica

A Guardavalle sorge l’atelier “Malia Lab”. A condurlo la stilista Flavia Amato che ha scelto di produrre abbigliamento con tessuti biologici e lontani dai cicli produttivi intensivi. Puntando su so…

Pubblicato il: 31/10/2019 – 7:00
L'arte di cucire con etica

di Roberto De Santo
GUARDAVALLE La capacità di reinventare, trasformare una prassi consueta in qualcosa di nuovo, vivo. Introducendo un singolo elemento all’interno di una pratica dal sapore antico. Sono le doti che in fondo cerchiamo anche nel vissuto quotidiano di ognuno di noi. Ed è qui che c’è l’essenza più completa del concetto di innovazione.
Se poi questa capacità si riesce a trasferire su processi produttivi che attengono produzioni – come l’arte di creare vestiti in Calabria – che si perdono nella notte dei tempi, nasce qualcosa di speciale. Soprattutto se ad essere utilizzati sono prodotti totalmente naturali, rigidamente nati cioè per essere utilizzati sulla nostra pelle. Senza alchimie, processi chimici o altri artifici umani. Una scelta – se vogliamo anche ideologica – che fa della sostenibilità e dell’uso consapevole delle risorse un punto di forza. Una scelta che è alla base dell’idea che ha dato la spinta a Flavia Amato, stilista, modellista ma soprattutto «sognatrice» – come si definisce – a far nascere “Malia Lab”, l’atelier che sorge a Guardavalle, nel Catanzarese. La storia di Flavia e della sua creatura sarà al centro della trasmissione “Ti racconto un’impresa”, in onda questa sera alle 21 su L’altro Corriere Tv (canale 211 del digitale terrestre). Una scelta, quella di Flavia, che è anche un ritorno al passato sia per la tipologia di tessuti utilizzati sia per le macchine da cucire adoperate per lavorare: predilige «quella della nonna».Ma è un ritorno che si coniuga con la decisione di rientrare in Calabria, dopo essersi formata lontana dalla «sua» terra, e riaffermare da qui un vecchio, ma allo stesso tempo rivoluzionario modello di produrre abiti. Lontano dalla produzione di massa.
Un’idea che nasce nel 2014 ma che matura forse anche prima nella mente di Flavia, modellista di professione con un background di formazione all’Accademia di Belle Arti e poi alla scuola di modellistica. Un’idea che si basa appunto sulla sostenibilità e dunque sull’etica. «A un certo punto della mia vita – racconta – lavorando per terzisti di abbigliamento anche di marchi importanti e famosi mi sono resa conto che non volevo più far parte di quel sistema moda. Il tessile, come in molti sanno, è la seconda industria più inquinante al mondo».
Proprio seguendo quel sentire, Flavia compie una scelta di campo nella sua vita e nella sua attività lavorativa, puntando su qualcosa che «unisse la moda all’etica. Il glamour alla sostenibilità». Ed è così che è nato il progetto “Malia Lab”: nei tessuti biologici e nell’abbigliamento naturale spazia l’ambito di lavoro della stilista catanzarese. Punta dapprima l’abbigliamento femminile per offrire un «guardaroba che fosse polivalente per una donna». «Un guardaroba versatile – spiega Flavia – che la accompagni in ogni momento della giornata: da una passeggiata pomeridiana a un look da lavoro». Con un mercato di riferimento prima locale e poi spaziando – grazie alle potenzialità dell’e-commerce – fuori dalla regione: Piemonte, Veneto e non solo. «Sembra facile vendere sul internet, ma lì la competizione è serrata». Ma il suo punto di forza resta sempre l’utilizzo di tessuti naturali. «In questi quattro anni ormai di attività – dice – quello che ho cercato di unire sono da una parte i tessuti naturali più tradizionali (come la fibra di canapa, il lino, il cotone e la seta ma anche la fibra di ortica) a quelli considerati innovativi (come la fibra di bambù, la fibra di latte, la fibra di mais)». Anche se la ricerca di nuovi tessuti naturali – o se vogliamo la riscoperta – prosegue di pari passo con la tecnologia. Un progetto quello messo in piedi da Flavia che nasce comunque dallo studio e dalla formazione. «Quando è nata quest’idea – racconta – io ero ancora nelle Marche dove sono andata a vivere a18 anni pensando che in Calabria non ci fosse più nulla che mi potesse offrire ed è qui che ho vissuto per 8 anni. Nelle Marche sono cresciuta sia a livello di studi e sia professionalmente». Poi la scelta di aderire ad un bando in cui l’idea di Flavia è risultata tra le 10 startup più innovative. Da qui il percorso di formazione accompagnato dall’incubatore d’impresa dell’istituto “Adriano Olivetti” di Ancona durato un anno ed infine la scelta più naturale, quella che viene dal cuore. «Quando è arrivato il momento di aprire l’attività – racconta Flavia – ho deciso di tornare giù nella mia terra. Questo perché dalle mie ricerche mi sono resa conto che la Calabria aveva un’incredibile storia per quanto riguarda il tessile. È qui che si creava la seta più antica assieme a tantissimi altri tessuti».
Una storia collettiva che si incrocia con quella personale. «Ricordo che mia nonna aveva il telaio e ci lavorava. Così come in tanti ricordiamo una nonna, una zia che comunque cuciva o lavorava al telaio». Una scoperta delle origine, nelle origini. «Una cosa che mi è molto cara – spiega – è stata quella di scoprire che noi abbiamo un tessuto autoctono bellissimo che è quello di Ginestra. Un tessuto di cui ormai si erano perse le tracce nelle produzioni di abiti. Un tessuto naturale dunque che proviene da una pianta che da noi cresce spontaneamente». «Una risorsa preziosa – sottolinea – che purtroppo nessuno valorizza e nessuno porta avanti». Sono tutti gli ingredienti di questa sfida giocata da Flavia che l’hanno portato nel 2016 a creare questo atelier in «questo piccolo mondo» dove si poteva «parlare di un nuovo modo di fare la moda». «Una moda diversa, una moda umana fatta tra l’altro con amore». E poi nuovamente quel tocco di etica che ritorna nell’agire quotidiano dell’attività messa in piedi da Flavia. «Credo sia molto importante confezionare di nuovo con amore – chiarisce Flavia – con persone che amano quello che fanno. Piuttosto che sfruttare qualcuno dall’altra parte del mondo ». Un pensiero che suona come un messaggio rivolto ad ognuno di noi e alle coscienze di quanti quel modello di vita lo hanno (forse) dimenticato. Una scelta etica quella di Flavia che compare anche in alcune iniziative che l’atelier intende proporre nel prossimo futuro come quella di portare il mestiere della sartoria e della creazione di moda all’interno delle carceri e tra i ragazzi per «riscattare» da un verso le esistenze e tramandare un’arte dall’altra che è insita in quel modello di realizzare sogni con le proprie mani. (r.desanto@corrierecal.it)

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