CATANZARO Cgil, Cisl e Uil, ribadiscono la validità del protocollo d’intesa sottoscritto con il Commissario al Piano di rientro, Saverio Cotticelli e il direttore generale del Dipartimento Tutela della Salute, Antonio Belcastro, per fronteggiare la crisi delle assunzioni in Sanità. Nel contempo, rimarcano che non sono stati mantenuti gli impegni assunti, attraverso «alternate posizioni che hanno generato confusione e aperto contraddizioni inesistenti». «Bisognava – aggiungono i sindacati – proseguire fino al 31 dicembre i rapporti a tempo determinato, dando indicazioni certe e supportate da assunzioni di responsabilità alle aziende, impegnare i ministeri ad autorizzare l’assunzione del personale che aveva già espletato i concorsi, avviare la discussione per modificare i termini di conseguimento dei requisiti per la stabilizzazione, previsti dalla legge Madia, calcolare l’ulteriore fabbisogno di personale e concordare le ulteriori autorizzazioni alle assunzioni per bandire nuovi concorsi. Per fare tutto ciò, che sappiamo non essere semplice ma obbligatorio per garantire i Lea, era necessario attivare tempestivamente l’interlocuzione ministeriale. Invece, si è creata una contrapposizione ed una competizione tra aspettative diverse che nulla hanno in comune. Quanto accaduto all’azienda ‘Pugliese – Ciaccio’ di Catanzaro è l’esito nefasto di un percorso fatto di promesse mancate e di disperazione, in una regione come la nostra in cui perdere il lavoro seppur precario è un lusso che nessuno può permettersi». Nonostante questo, Fp-Cgil, Cisl.Fp e Uil-Fp esprimono «preoccupazione e si dissociano da tutte le manifestazioni violente che si sono verificate presso la sede degli uffici amministrativi della Aopc di Catanzaro. Giustificare tali atti diventa pericoloso e incomprensibile per tutti i lavoratori e le comunità. Noi siamo al fianco dei lavoratori tutti e continuiamo ad incalzare chi deve e può decidere del destino loro che è strettamente connesso al destino del nostro sistema sanitario, ma non possiamo non allarmarci se alla protesta violenta si risponde con la rimozione di un responsabile, avallando un’azione di forza che può determinare la convinzione che siano più efficaci tali metodi, piuttosto che rivendicare i propri diritti con azioni civili e con gli strumenti che la democrazia offre»
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