ROMA Marco Sorbara (foto) «dopo essere stato eletto in Comune, con l’appoggio di Raso (Antonio, ndr) e del sodalizio locale a lui facente capo, è stato eletto anche, e ha optato per quell’incarico, in occasione delle regionali del 2018, in ordine alle quali le intercettazioni hanno evidenziato l’interessamento della medesima consorteria». Lo scrive la Corte di Cassazione nella sentenza, pubblicata nei giorni scorsi, con cui ha respinto il ricorso del consigliere regionale sospeso (indagato per concorso esterno in associazione mafiosa) su un’ordinanza del Tribunale della libertà di Torino del 13 febbraio che aveva confermato per lui la carcerazione, disposta nell’ambito dell’inchiesta “Geenna” condotta dai carabinieri e coordinata dalla Dda di Torino. Nel frattempo a Sorbara (avvocati Raffaele Della Valle, Sandro Sorbara e Donatella Rapetti), il tribunale del Riesame di Torino ha concesso gli arresti domiciliari lo scorso 24 agosto.
Quanto al giudizio di «adeguatezza e proporzionalità della misura di massimo rigore» la Suprema Corte evidenzia «accanto alla intrinseca gravità dei fatti connessi all’asservimento delle funzioni pubbliche agli interessi criminali» anche la «mancata manifestazione da parte dell’indagato di qualsiasi forma di resipiscenza da cui possa desumersi la intenzione di recidere i legami con l’ambiente criminale, e di dimostrarsi leale nei confronti delle istituzioni».
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