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Il calvario degli specializzandi in medicina: «Da 7 mesi non vediamo un euro»

I professionisti, che hanno dovuto abbandonare i precedenti incarichi, stanno lavorando gratis: «I referenti regionali latitano. Ci sentiamo completamente abbandonati»

Pubblicato il: 03/11/2019 – 13:02
Il calvario degli specializzandi in medicina: «Da 7 mesi non vediamo un euro»

CATANZARO Si sa bene che in Italia uno dei problemi più profondi e difficili da risolvere è quello legato alla sanità, in Calabria le difficoltà sono ulteriormente acuite e ovviamente tutto ricade sulla popolazione e sugli addetti ai lavori: gli ospedali chiudono, le strutture hanno carenza di personale, mancano infermieri e medici (nonostante nella Penisola il numero dei laureati di medicina aumenti esponenzialmente). La Regione Calabria nel 2018 ha indetto il bando di concorso pubblico per il corso di formazione specifica in medicina generale del triennio 2018/2020, svoltosi poi, dopo una serie di ritardi, il 17 dicembre. Alla fine di gennaio dell’anno successivo è stata pubblicata la graduatoria definitiva e a marzo i 64 medici vincitori si sono recati a Germaneto, nella sede della Regione, per firmare il contratto, lasciando di conseguenza tutti i lavori e gli incarichi precedenti perché incompatibili, fatta eccezione per la guardia medica. Ma il corso, dopo slittamenti continui, è iniziato il 28 maggio 2019, vale a dire due mesi dopo la stipula della convenzione, comportando così un ritardo nell’inserimento nelle liste rispetto a tutte le altre regioni italiane e creando un ulteriore danno agli specializzandi.
Le complicazioni sono poi state aggravate dal fatto che i medici non hanno ancora ricevuto nessuna mensilità, nonostante molti abbiano famiglia e nonostante viaggino da tutta la Calabria per raggiungere il capoluogo. Insomma questi professionisti stanno lavorando gratis.
«Siamo stanchi – gridano a gran voce – c’è una disorganizzazione totale, abbiamo difficoltà ad interfacciarci con i dirigenti, i referenti regionali latitano e non rispondono né al telefono né alle pec. Ci sentiamo completamente abbandonati dalle istituzioni e lotteremo fino alla fine affinché i nostri diritti vengano ascoltati».

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