Il contesto, quello della periferia romana e del traffico di droga, aveva fatto pensare a molti che potesse esserci di mezzo la criminalità organizzata e che i punti oscuri non si limitassero al ruolo della fidanzata della vittima. E ora anche gli inquirenti starebbero indagando su una pista che porta ai clan calabresi trapiantati a San Basilio per ricostruire cosa ci sia dietro l’omicidio di Luca Sacchi (in foto con la fidanzata Anastasia Kylemnik), il 24enne ucciso la sera del 23 ottobre scorso a Roma con un colpo di pistola. Chi indaga sta cercando di scandagliare i rapporti tra alcuni giovani in odore di ‘ndrangheta e Paolo Pirino, il 21enne che era alla guida della Smart la sera del delitto, ora finito in carcere con l’accusa di omicidio assieme al coetaneo Valerio Del Grosso.
Pirino, riporta il Messaggero, era già stato condannato a 3 anni per droga quando era minorenne e, da tempo, frequenterebbe i rampolli delle cosche di Platì che si sono trasferiti a San Basilio, giovani cresciuti a pane e ‘ndrangheta che però secondo gli inquirenti sono più spregiudicati delle generazioni che li hanno preceduti. «Nuove leve – scrive il quotidiano romano – che vivono come fossero in una serie tv, scimmiottando gangster di livello e intonando i neomelodici che tanto piacciono alla mala, ma meno “educate” secondo i codici antichi delle cosche e più spregiudicate».
In quel giro, secondo una delle piste che gli investigatori starebbero seguendo, potrebbe essere finito anche Del Grosso, che da giovanissimo consumatore sarebbe presto entrato in contatto con fornitori e corrieri. E alla luce di questi rapporti, Del Grosso potrebbe anche aver fatto un “salto di qualità” entrando in possesso di un revolver.
Nella vicenda, infine, sono coinvolti anche altri due giovani, con ruoli ancora tutti da chiarire, che portano cognomi di origine calabrese: Giovanni Princi, un amico di vecchia data di Sacchi che secondo gli inquirenti potrebbe essere stato il punto di contatto tra compratori e pusher, e Simone Piromalli, uno degli “emissari” mandati da Del Grosso a sincerarsi che il gruppo di cui faceva parte Anastasia avesse i soldi per la compravendita di marijuana poi degenerata in tragedia.
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