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«Il voto in Umbria, un avviso e un allarme per la Calabria»

di Franco Scrima

Pubblicato il: 04/11/2019 – 7:20
«Il voto in Umbria, un avviso e un allarme per la Calabria»

“Perché si espande l’estrema destra in Italia”.  E’ questo il titolo di una rassegna stampa internazionale fatta selezionando i principali avvenimenti che hanno riguardato anche il nostro paese. Un lavoro interessante pubblicato da “Il Foglio” e anche dall’ “Agenzia Nova”. Quest’ultima, in particolare, ha sottolineato quanto preoccupante sia considerato il fenomeno italiano a Buenos Aires. Secondo l’ Agenzia il sintomo dimostra che in Italia si sta vivendo un cambio epocale, i cui effetti possono essere duraturi, con i gruppi di estrema destra che si estendono con rapidità e capillarità. Ciò offre uno spaccato di cosa siano i frutti della globalizzazione, della decadenza del potere europeo nel contesto internazionale e della nostalgia di un passato che ci si augura non ritorni più”. Ed eccoci ai giorni nostri; all’Umbria che, nelle elezioni regionali appena concluse, si è consegnata nelle mani della destra di Salvini. E non è certo questo l’unico caso in Europa. Nello stesso periodo a Dresda, in Germania, gli elettori si sono arresi ad “Alternativa Democratica” tanto da indurre il consiglio comunale a votare una delibera con la quale proclama “lo stato d’emergenza nazismo”. Una decisione presa a seguito di violenze di matrice neonaziste che in quella regione sono in crescita. “Conseguenze – come si motiva nel documento votato dall’assemblea comunale – di atteggiamenti antidemocratici, antipluraliste, xenofobe e violente”. Coincidenze? Casualità? Oppure l’Europa soffre di nuova nostalgia per i regimi del passato? Filosofeggiando si dice che sono i corsi e i ricorsi storici; episodi che riaffiorano favoriti da una società “sfiduciata” che non si sente più garantita dai partiti e dagli uomini che la rappresentano. Tuttavia, per coloro che non esultano di fronte a tali accadimenti è come essere travolti da un’onda lunga i cui segnali si sono avuti anche in Italia alla vigilia del voto europeo, quando Salvini in Italia e i suoi sodali nel resto d’Europa, hanno pronunciato all’unisono parole chiare, di critica aspra contro la burocrazia comunitaria. Nel nostro paese si è perfino esagerato imponendo il rifiuto all’accoglienza dei migranti fatto nel nome di un mai chiarito “interesse nazionale”. E qualcun’altro (leggasi Orban) in Ungheria ha potuto fare di peggio facendo costruire un recinto a protezione dei confini nazionali. L’onda dell’ultradestra, comunque, non è riuscita a travolgere il nostro paese rimanendo circoscritta in aree ben delimitate, senza poter invadere l’Europa nonostante la propaganda avesse dato per certa a Strasburgo la costituzione di un parlamento a vocazione rivoluzionaria. In Italia, nonostante il successo di Salvini alle europee, non è stata data la possibilità alla Lega, benché l’avesse agognato, di incidere sugli equilibri politici di Bruxelles nella speranza di modificarli. I partiti hanno fatto quadrato perché ciò non accadesse ed hanno fatto in modo di escludere la Lega dai posti chiave. La stessa cosa è accaduta in Italia quando il segretario leghista, che non aveva ottenuto le elezioni anticipate per ricapitalizzare il consenso, si è vendicato aprendo la crisi di governo. La risposta ricevuta è stata per lui catastrofica. L’operazione, alla fine, si è conclusa facendo trovare un punto d’incontro tra il Movimento 5 Stelle e il Partito Democratico che hanno formato il nuovo governo lasciando Salvini a bocca aperta e la Lega, che aveva tentato l’impossibile perché ciò non accadesse, relegata all’opposizione. E’ anche vero che le reazioni non si sono fatte attendere, ma più per demerito degli avversari che per merito loro consentendo alle forze dello storico “no Euro” di avere il tempo per organizzarsi coinvolgendo i movimenti e le associazioni politiche il cui credo era, e continua ad essere, il “populismo” e il “sovranismo” trasformatisi in soldatesca capitanata appunto da Salvini che, per l’occasione, ha indossato i caratteri del “ducismo”, lui che già aveva sposato il “populismo”, cioè i cardini attraverso i quali era possibile diffondere panico facendo credere che il radicalismo di destra potesse servire per offrire protezione agli italiani. Una manovra che gli stava riuscendo grazie ai movimenti che lo spalleggiavano sia in Italia che nel resto dell’Europa intenzionati ad accreditare la tesi secondo la quale la sinistra non sarebbe stata capace di elaborare i legami sociali necessari per affrontare seriamente i problemi e dare risposte concrete ai cittadini. Guardando in avanti, deve far pensare lo slogan apparso a margine dei risultati elettorali in Umbria stampato su uno striscione: “Ed ora la Calabria”. Un avviso, ma per qualcuno anche un allarme, rivolto soprattutto ai giovani e alle famiglie di questa regione. Senza sapere che da queste parti l’attenzione è alta perché si eviti il rischio di cadere nella trappola del populismo, sapendo che da quel fronte non si esce. Comunque sarebbe opportuno che i calabresi, forti del loro pragmatismo e della loro intelligenza, vigilino sulle cose per eventualmente rispondere come sanno e cioè che le lotte per conquistare il progresso si fanno con le opere sociali e non barattando la propria fede politica. La Calabria deve cambiare ma non nel senso auspicato da Salvini. Lo sviluppo della regione ha bisogno di dinamiche articolate e mirate, ben sapendo che il fascismo, così come lo hanno conosciuto i nostri nonni e i nostri padri, non solo è anacronistico quanto non può ritornare più. Esso appartiene ad un periodo della nostra storia e la storia, come si sa, non si ripete. Tuttavia bisogna rimanere vigili, senza abbassare la guardia difronte alle insidie delle nuove declinazioni del radicalismo di destra che con il fascismo hanno in comune soltanto qualche scoria più formale che di sostanza. Non bisogna agire, per dirla tutta, neanche come intende procedere il Pd in Calabria per le prossime elezioni regionali: rompere con il presidente uscente della Regione il quale non intende mollare, intenzionato a riproporsi per un secondo mandato. Una vicenda che, purtroppo, spacca l’unità del Partito Democratico sapendo che la direzione provinciale di Cosenza ha già formalizzato il via libera alla ricandidatura di Oliverio. Ma anche per le “voci” che provengono dalle altre quattro province, nelle quali si dà una lettura del voto di sinistra su Oliverio. Comunque andrà a finire e visto che il Presidente della Regione e il suo seguito dimostrano di non essere rassegnati a rimanere fuori dalla competizione, la decisione non potrà che essere una lista civica, che sarà contrapposta al candidato che sarà scelto dalla nomenklatura del Pd facendo un favore grande alla destra o, ancora peggio, alla Lega.
* Giornalista

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