di Alessia Truzzolillo
CATANZARO Hanno chiesto e ottenuto di esser giudicati con rito abbreviato l’avvocato Antonio Larussa e la sua collega di studio Tullia Pallone. L’udienza del procedimento che vede l’avvocato penalista lametino – imputato per favoreggiamento della latitanza di Daniele Scalise, elemento di spicco dell’omonima cosca, e violenza privata ai danni dell’avvocato Francesco Pagliuso (ucciso nel giardino della propria abitazione la notte del 9 agosto 2016) – è stata fissata per il 12 febbraio prossimo. Entrambi i reati contestati sono aggravati dal metodo mafioso perché sarebbero stati commessi per «agevolare l’attività della ‘ndrina degli Scalise». L’assistente di studio, difesa dall’avvocato Pino Spinelli, è accusata di favoreggiamento semplice perché avrebbe aiutato Larussa a eludete le investigazioni «riferendo circostanze non veritiere in taluni casi e reticenti in altri casi, oltre che intrinsecamente contraddittorie». Le difese avevano presentato eccezione di incompetenza per territorio, visto che il fascicolo era stato inizialmente inviato dalla Procura di Catanzaro a quella Lamezia che lo aveva rimandato indietro ravvisando la sussistenza dell’aggravante mafiosa e ritenendo quindi il procedimento di competenza della Dda. Il gup ha però rigettato l’eccezione.
Il processo che vede coinvolti i due avvocati nasce in seguito alle indagini sull’omicidio dell’avvocato Francesco Pagliuso dalle quali è scaturita l’operazione “Reventinum” condotta contro i clan Scalise e Mezzatesta, protagonisti della faida ‘ndranghetistica che ha interessato le ‘ndrine insistenti nelle zone del monte Reventino circostanti Lamezia Terme, quali i Comuni di Soveria Mannelli e Decollatura.
Secondo il gip distrettuale di Catanzaro che ha emesso l’ordinanza, sarebbe Luciano Scalise, fratello di Daniele, il mandante dell’omicidio dell’avvocato Pagliuso. Per quanto riguarda l’esecutore materiale dell’omicidio, questo viene indicato in Marco Gallo, considerato vicino agli Scalise, per il quale processo si sta svolgendo davanti alla Corte d’Assise di Catanzaro. Secondo quanto ricostruito dalle indagini condotte dai carabinieri e coordinate dalla Dda di Catanzaro – rappresentata in aula dal pm Elio Romano – Larussa avrebbe aiutato nel 2012 «Daniele Scalise (assassinato nel 2014, ndr) a sottrarsi all’esecuzione della pena» che gli era stata inflitta dopo la sentenza della corte d’Appello di Catanzaro che lo condannava per i reati di estorsione, lesioni e resistenza a pubblico ufficiale. Inizialmente Daniele Scalise era difeso dall’avvocato Pagliuso. Nel 2012, secondo l’accusa, Larussa «(in concorso morale con Pino Scalise (padre di Daniele e Luciano, che segue un separato procedimento, ndr) e con i soggetti Daniele Scalise, Giovanni Vescio, Francesco Iannazzo, tutti uccisi nella faida del Reventino «in qualità di istigatore nella fase dell’ideazione del delitto, istigazione posta in essere attraverso la prospettazione ai suddetti soggetti, tutti comunque appartenenti alla criminalità organizzata lametina, di scarso impegno professionale da parte dell’avvocato Francesco Pagliuso, ovvero di commissione da parte di quest’ultimo di errori nella linea difensiva, nell’ambito di una processo che vedeva imputato Daniele Scalise a Cosenza per il delitto di truffa». Inoltre Larussa avrebbe prospettato la mancata consegna delle carte procedurali dell’avvocato Pagliuso allo stesso Larussa, che nel frattempo era stato nominato co-difensore di Daniele Scalise. Facendo ciò «contribuiva a costringere, con violenza e minaccia di morte a mano armata, da parte di più persone riunite (tra cui Daniele Scalise, Giovanni Vescio, Francesco Iannazzo, ndr) a seguire la linea difensiva prospettata dai suddetti soggetti, ad accettare o tollerare la co-difesa con l’avvocato Larussa» e a fare quello che la cosca gli imponeva.
Nel processo sono state ammesse quali parti civili (contro il solo Larussa, difeso dall’avvocato Francesco Gambardella) la Camera Penale di Lamezia Terme, rappresentata dall’avvocato Marcello Manna; Antonia Pagliuso, sorella dell’avvocato Francesco, con marito e figlio, e la moglie Antonellina Divasto, rappresentati dall’avvocato Candido Bonaventura; i genitori dell’avvocato Pagliuso e un nipote, rappresentati dall’avvocato Salvatore Staiano; il figlio minore del defunto avvocato penalista e la sorella Angela Pagliuso, con marito e figlio, rappresentati dall’avvocato Nunzio Raimondi. (a.truzzolillo@corrierecal.it)
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