di Alessia Candito
REGGIO CALABRIA Un’altra tegola si abbatte sugli Ospedali Riuniti di Reggio Calabria e sul suo Pronto soccorso, balzato agli onori delle cronache per lo scandalo dei gessi di cartone. Uno dei dirigenti medici, Bruno Falcomatà, è finito oggi ai domiciliari, insieme ad altre tre persone – Nicola Gullì, paramedico di Neuroradiologia, Francesco Cilione e Vincenzo Benedetto – con l’accusa di concorso tra loro dei reati di falsità in atti pubblici, accesso abusivo a sistemi informatici, violenza privata, costrizione alla commissione di reati, fraudolento danneggiamento di beni assicurati e mutilazione fraudolenta della propria persona. Traduzione, simulavano incidenti poi attestati da falsi ricoveri, accertamenti e perizie medico-legali per truffare le assicurazioni e intascarne indebitamente il premio. E non si tratta di un singolo episodio.
FALSE PERIZIE, VERI RIMBORSI Secondo quanto emerso dalle indagini dalla Compagnia della Guardia di Finanza di Reggio Calabria, dirette dal pm Giovanni Gullo, con il coordinamento del procuratore aggiunto Gerardo Dominijanni e dal procuratore capo Giovanni Bombardieri, sarebbero almeno due gli episodi in cui il medico è coinvolto. In entrambi i casi sarebbe stato lui a refertare un’accettazione ad hoc in Pronto soccorso, così come assolutamente innecessari accertamenti e visite di controllo ed ovviamente una falsa perizia medico-legale. Una truffa curata nei minimi dettagli. Grazie alla complicità dell’infermiere di Neuroradiologia, Nicola Gullì, veniva anche inserito un falso referto nel sistema informatico dell’ospedale adibito alla gestione delle immagini radiologiche. E per non lasciare tracce, per entrare si usavano le credenziali di un ignaro collega.
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GALEOTTA FU LA POSTEPAY A mettere inquirenti e investigatori sulle tracce di quella che appare una vera e propria macchina del falso – con tanto di laboratorio, scoperto a casa di uno degli indagati – è stata una postapay evolution, trovata addosso ad un uomo già in passato coinvolto in un’indagine per truffa. O meglio, una carta di cui l’uomo avrebbe tentato di disfarsi precipitosamente durante la perquisizione, finendo solo per insospettire i finanzieri che hanno deciso di approfondire.
IL SISTEMA Accertamenti patrimoniali e non hanno permesso di scoprire che l’uomo era stato indotto da Cilione e Benedetto ad accendere una “provvidenziale” polizza assicurativa contro gli infortuni, esattamente poco prima di un presunto brutto incidente, diligentemente refertato dal dottore Falcomatà, con tanto di pezze d’appoggio radiologiche predisposte da Gullì. “Servizi” per cui tutti sono stati retribuiti con il premio da 54mila versato dall’assicurazione, finito nelle tasche degli artefici della truffa e non della presunta vittima del sinistro.
INDAGINI CONFERMATE DA UNA SECONDA TRUFFA Un sistema complesso, che i finanzieri hanno scoperto grazie a sopralluoghi e/o appostamenti presso i luoghi potenzialmente interessati dalla vicenda, escussione a sommarie informazioni di numerosi soggetti, analisi della copiosa documentazione sanitaria e assicurativa e accertamenti bancari. Un’indagine complessa, che ha permesso di ricostruire in dettaglio il sistema, per giunta confermato da denuncia/querela proposta da un cittadino ignaro, citato dinanzi al Giudice di Pace da parte di uno degli indagati per una richiesta di risarcimento danni non patrimoniali connessa a un presunto incidente stradale. Una seconda truffa insomma, che al “sistema” aveva già fruttato 4700 euro di rimborso assicurativo per falsi danni ad un’auto e oltre a medico, paramedico e “assicuratori”, ha permesso di individuare altri quattro soggetti coinvolti nella truffa, fra cui due vigili urbani.
SEQUESTRO DI 54MILA EURO Quella scoperta dai finanzieri era dunque una vera e propria macchina del falso in piena attività, che ha permesso di intascare oltre 54mila euro ai quattro finiti oggi ai domiciliari. Tutti danari oggi finiti sotto sequestro. (a.candito@corrierecal.it)
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