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Il Tar rigetta il ricorso sulla riapertura di Viale Giacomo Mancini

A ricorrere ai giudici amministrativi l’imprenditrice Milena Gabriele, titolare di una stazione di servizio lungo il tratto del viale interessato dalla realizzazione del Parco Urbano

Pubblicato il: 18/11/2019 – 19:10
Il Tar rigetta il ricorso sulla riapertura di Viale Giacomo Mancini

di Michele Presta
COSENZA Il ricorso di Milena Gabriele, titolare della stazione di servizio automobilistico lungo Viale Giacomo Mancini, è stato rigettato dalla sezione prima del tribunale amministrativo calabrese. I giudici di Catanzaro nel respingere il ricorso, ribadiscono la linea già emersa in sede cautelare dal Consiglio di Stato, rispetto la sospensiva concessa dallo stesso Tar: l’interesse pubblico è superiore a quello privato. L’imprenditrice si era opposta a tutto l’iter amministrativo che aveva permesso l’avvio della cantierizzazione dell’area dove sorgerà il “Parco Urbano”. Come risulta dall’accordo quadro stipulato tra la Regione Calabria e il Comune di Cosenza (costituiti in giudizio e difesi dagli avvocati Franceschina Talarico e Benedetto Carratelli), infatti, sulla corsia che attualmente consente l’accesso alla stazione di rifornimento dovrà sorgere una parte del “Parco Urbano”, mentre, l’altra dovrà essere dedicata ai binari e dunque al transito del tram. Milena Gabriele, nella redazione del ricorso aveva evidenziato come lo svolgimento dei lavori prima e poi la futura realizzazione del parco avrebbero fortemente pregiudicato la redditività della sua attività imprenditoriale.  Le transenne in questa fase di cantierizzazione così come tutte le strutture fisse che sarebbero state realizzate nel tempo, secondo la ricorrente, avrebbero fortemente penalizzato l’accesso veicolare alla stazione di servizio. Tesi in fase cautelare condivise dal Tar di Catanzaro (qui la notizia) ma non dal Consiglio di Stato che di fatto ha riaperto il cantiere dopo qualche settimana di fermo (qui la notizia). Per il collegio giudicante, presieduto da Giancarlo Pennetti, «i rilievi posti dal ricorrente a sostegno del denunciato eccesso di potere per travisamento, concernenti i rallentamenti e la necessaria interdipendenza della fase esecutiva del complessivo impianto progettuale regolato dall’accordo di programma, risultano invero eccentrici rispetto al vizio dedotto, che invece presuppone, per il suo riscontro, un adeguato supporto probatorio che appalesi la divergenza dell’atto dalla sua funzione tipica». I giudici non accolgono neanche i motivi inerenti la mancata sottoesposizione del progetto e Vas e Via ritenendola «smentita per tabulas dalle allegazioni prodotte in giudizio dalla Regione, da cui si ricava che il Progetto in oggetto “Sistema di Collegamento metropolitano Cosenza-Rende-Università della Calabria” ha ottenuto, in data 27.11.2009, il parere di esclusione dalla procedura di VIA (allegato al Decreto n. 22051 del 3.12.2009), la cui validità è poi stata estesa, con Decreto n. 3350 del 13.04.2018, per ulteriori 5 anni». Nel rigettare il ricorso i giudici hanno ritenuto privo di fondamento anche il motivo di ricorso, con cui la titolare della stazione di servizio lamentava la violazione e falsa applicazione degli articoli 22 e 23 del d.lgs. 50/2016 per avere, l’amministrazione pubblica, proceduto alla progettazione dell’opera senza aver sottoposto il progetto alla preliminare fase di verifica della fattibilità tecnica ed economica. «Anche in tal caso in senso opposto depongono le allegazioni depositate dalla Regione Calabria il 19.10.2018, dalle quali si evince che il progetto preliminare è stato approvato con decreto n. 300 del 18.01.2010, al quale ha fatto seguito delibera n. 36 del 28.01.2010, con cui la Giunta Regionale ha preso atto del progetto preliminare disponendo la promozione della Conferenza dei Servizi».Il primo grado di giudizio, si conclude dunque con la vittoria della Regione Calabria e del Comune di Cosenza oltre che della Cmc (vincitrice dell’appalto per la realizzazione della metrotramvia) che di era costituita in giudizio. L’imprenditrice cosentina oltre a dover rispettare quanto prescritto dal collegio giudicante è stata condannata anche a pagare le spese della verificazione svolta, liquidate, si legge in sentenza «forfettariamente in euro 2.000,00, oltre accessori di legge».(m.presta@corrierecal.it)

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