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«La segale, cereale da rilanciare»

di Luigi Gallo*

Pubblicato il: 18/11/2019 – 16:02
«La segale, cereale da rilanciare»

La segale, Secale cereale L., appartiene alla famiglia delle graminacee come il frumento, l’orzo, l’avena e altri cereali a paglia. È una specie che predilige i climi freddi; infatti è molto diffusa nei paesi del nord e dell’Est Europa principalmente Polonia, Germania e Russia. Come quelli del frumento, l’orzo e l’avena, i semi (cariossidi) sono amidacei cioè ad alto contenuto di amido un polisaccaride importante per l’alimentazione umana. Stando ai dati Istat, nell’ultimo decennio, la Calabria è la regione Italiana che ha coltivato più superficie a segale con oltre 1.400 ettari seguita dalla Lombardia con circa 800 ettari su un totale nazionale di circa 4.200 ettari. In Calabria, la segale, da secoli si è adattata negli ambienti ad una altitudine superiore a 750 metri s.l.m. dove, come da tradizione, ancora oggi si coltiva prevalentemente nei territori compresi nei tre Parchi Nazionali calabresi del Pollino, della Sila e dell’Aspromonte e in altre aree circostanti. Nei dialetti calabresi la segale è chiamata “Irmanu”, “Irmana”, “Iermanu”, “Iermana”, “Granuiermanu” tutti nomi di chiara derivazione dalla parola “Germania” nazione dalla quale fu importata nei secoli passati. La segale è una pianta molto rustica, oltre ad essere molto resistente al freddo, riesce a produrre anche in condizioni estreme di siccità. La tecnica colturale è simile a quella del frumento e di altri cereali a paglia e tutte le operazioni colturali sono meccanizzate. La semina si effettua in autunno e la raccolta, in funzione dell’andamento climatico e dell’altitudine, avviene generalmente durante il mese di luglio. Le rese medie di granella (massa di semi) variano da un minimo di 13-15 quintali/ettaro fino a 20-25 quintali/ettaro. Tradizionalmente veniva utilizzata soprattutto per produrre pane mentre ora, anche in Calabria, dalla molitura della segale si ottengono diversi tipi di farine sia integrali che bianche, utilizzate nella preparazione dei seguenti prodotti alimentari: pane, biscotti, taralli pizze, ecc., nelle due formulazioni “di segale” o “alla segale” intendendo, rispettivamente, la preparazione con sola farina di segale o con l’aggiunta a questa farina di grano tenero in diverse proporzioni. La granella di segale rispetto a quella del frumento, oltre ad essere più ricca di micronutrienti (vitamine e sali minerali), è meno ricca di amido e presenta un maggiore contenuto in fibra soprattutto solubile; il contenuto di fibra alimentare del pane di segale può essere fino a tre volte superiore a quello del pane di frumento. Di conseguenza, l’indice glicemico della segale e dei prodotti derivati è generalmente più basso rispetto a quello del frumento e dei relativi prodotti. La sperimentazione clinica ha dimostrato l’effetto positivo dei polisaccaridi diversi dall’amido presenti nella segale nel prevenire l’insorgenza di patologie cronico-degenerative come quelle cardiovascolari, nel contrasto alla carcinogenesi, all’obesità e al diabete. Per queste ragioni la segale oggi è considerata dalla comunità scientifica una matrice alimentare di particolare interesse. Da un’analisi economica della coltivazione della segale in Calabria è emerso che potenzialmente da un ettaro è possibile ottenere una media di 20 quintali di granella, la quale, venduta a circa € 50,00 al quintale, fornirebbe Produzione Lorda Vendibile (PLV) di circa € 1000,00. Considerato che i costi espliciti sostenuti per un ciclo produttivo sono pari a circa il 25% del valore della PLV, si otterrebbe un reddito di circa € 750,00 su un ettaro di terreno comunemente non irriguo, marginale e spesso a rischio di abbandono. Inoltre, se si considera la vendita del prodotto farina di segale direttamente dall’azienda – come avviene in alcuni casi – si ha un’aggiunta di circa € 400,00 al netto dei costi di molitura, trasporto e confezionamento della farina. Altro vantaggio economico per i produttori deriva dal Piano di Sviluppo Rurale (PSR) 2014-2020 della Regione Calabria che include le misure relative all’ammodernamento delle aziende, al primo insediamento in agricoltura, ecc.. Inoltre, in alcuni casi, i produttori possono accedere alle risorse di quei Gruppi di Azione Locali (GAL) che, nei Programmi di Azione Locale (PAL) relativi al citato PSR, hanno attivato specifiche micro-filiere riguardanti anche la segale. Siccome al momento vi è una diffusa richiesta da parte dei consumatori di pasta con farina di segale, sarebbe opportuno attivare anche questa filiera specificando l’origine “di Calabria” o “dei Parchi della Calabria” ciò indurrebbe una positiva ricaduta economica nel settore della trasformazione alimentare. In conclusione, alla luce delle caratteristiche descritte, la valorizzazione e il rilancio della coltivazione della segale in Calabria, oltre a contribuire all’affermazione di un’agricoltura a basso impatto ambientale e alla salvaguardia della biodiversità, rappresenta un’altra opportunità di integrazione dei redditi e di creazione di nuovi redditi per i giovani e per molte famiglie nel settore agroalimentare.

*Azienda Regionale per lo Sviluppo dell’Agricoltura Calabrese (ARSAC) – Ce.D.A. n.2 – Castrovillari (CS)

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