COSENZA «La verità è venuta a galla e nessuno potrà più affondarla». Sono passati trent’anni dalla morte di Denis Bergamini. Il 27enne calciatore del Cosenza, deceduto (presumibilmente) travolto da un camion sulla strada statale 106 nel comune di Roseto Caposculico. Sei lustri nei quali la sorella, Donata, ha provato a risolvere l’ingarbugliato mistero che si nasconde dietro il decesso del fratello. Si attende ancora l’avviso di conclusione indagini dell’inchiesta partita dopo la riesumazione del corpo del centrocampista rossoblù ma i risultati dell’autopsia eseguita utilizzando la glicoforina per Donata Bergamini rappresentano un appiglio forte al quale aggrapparsi con decisione. «Sulla giustizia sono molto fiduciosa – spiega la donna al Corriere della Calabria -. Ogni giorno sono in attesa delle novità che da tanti mesi spero arrivino in merito all’inchiesta condotta dal procuratore Eugenio Facciolla». Trenta anni e un nastro da riavvolgere. Si è trattato di un omicidio o di un suicidio? Il primo processo celebrato a carico di Raffaele Pisano (autista del camion) con l’accusa di omicidio colposo servì a definire l’ipotesi suicida. Venti anni dopo, le cose hanno preso un’altra direzione. del delitto potrebbero rispondere Isabella Internò, lo stesso Raffaele Pisano e Luciano Conte. I due sono le persone sulle quali si indaga ormai dalla sera dell’omicidio, il marito di Isabella Internò invece potrebbe essere tirato in ballo nel processo con l’accusa di favoreggiamento in quanto avrebbe istruito la moglie circa le risposte da fornire ai magistrati nel corso dell’interrogatorio. Denis Bergamini sarebbe morto soffocato, da un sacchetto o da una sciarpa, quello del camion sarebbe stato un espediente secondario per simulare il suicidio. Ad ordine la trama, potrebbe essere stata l’allora fidanzata del calciatore cosentino in combutta con almeno altre due persone. La perizia sulla quale si fonda la nuova indagine avviata dagli uffici della Procura di Castrovillari ha rimesso in gioco tutta una serie di testimoni. Sono state vagliate nuove intercettazioni e permesso di tenere vive diverse piste come movente del delitto. «Nella riesumazione ha parlato il corpo di Denis – spiega Donata – ed è uscita quella verità che noi chiedevamo non solo come familiari ma come tifosi. Sono molto fiduciosa sull’operato della Procura, questa volta è diverso. Spero che ci sia una giustizia piena e che non vengano fatti degli sconti di pena. Di sconti ne hanno goduto più di quello che dovevano. Hanno goduto di 30 anni di libertà, quando la loro colpevolezza in base alle loro responsabilità era evidente fin dalla sera del 18 novembre del 1989. Vorrei ricordare che se oggi siamo in questa situazione è per colpa di chi allora doveva fare indagini per fare chiarezza non lo ha fatto».
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