Il nostro auspicio è che chi deve decidere il candidato del centrosinistra alla presidenza della Regione in Calabria lo faccia con l’obiettivo di riconnettere sia il candidato che la coalizione alle inquietudini che vive la società reale, e soprattutto con la forte voglia di cambiamento del popolo calabrese. Condivido molto la domanda che, opportunamente, si pone Enrico Rossi in merito alla scelta del candidato presidente: un operaio, un sindacalista, una partita Iva, un intellettuale, un insegnante, un infermiere, ed io aggiungo, una donna, proprio non riusciamo a trovarli? Nel condividere appieno questa appropriata riflessione voglio offrire un punto di vista in merito. In questi anni si è consumata una lacerazione profonda tra la sinistra politica di governo e la sinistra sociale nel paese e anche in Calabria. Basti pensare alle leggi approvate sul Job Act, all’Articolo18, ai provvedimenti sui patronati e sui Caaf tutti protesi ad annullare il ruolo e la funzione di rappresentanza sociale del sindacato confederale attraverso la cultura della disintermediazione. Anche in Calabria questo strappo si è consumato e la grande manifestazione presso la cittadella del 16 novembre 2016 ne è la rappresentazione emblematica. Uno degli errori che a mio avviso è stato commesso dalla sinistra politica consiste nell’aver creduto che tanto lavoratori, militanti e iscritti delle forze sociali più a sinistra non avrebbero mai votato a destra. E questo fino a qualche anno fa era assolutamente vero. Ma c’era già stata una novità intervenuta nel panorama politico italiano che è stata sottovaluta: il Movimento 5 Stelle che di fatto aveva sparigliato un sistema politico ingessato. L’attuale compagine di governo nazionale (Pd, 5 Stelle, Leu) aveva suscitato tante speranze e interesse tra il popolo di sinistra fortemente disgregato, più di quanto non ne crei nei gruppi dirigenti che rappresentano questi partiti e movimenti. Tale prospettiva però sembra che in Calabria non si realizzerà. Mi permetto di osservare a tal proposito, nel pieno rispetto delle prerogative dei partiti e dei movimenti, che tale scelta non la considero appropriata né sul piano politico né sul piano strategico. Ma quello che mi preme di più sottolineare che non si registra ancora nessun confronto sui problemi, sui programmi, sulle riforme da mettere in atto per favorire un vero cambiamento della Regione assumendo come priorità improcrastinabile la definizione di un piano del lavoro a partire da una straordinaria assunzione di giovani diplomati e laureati nella pubblica amministrazione, senza la quale è a rischio la tenuta del sistema pubblico e l’esigibilità dei diritti di cittadinanza dei calabresi. Non approfondisco in questa sede le incolpevoli incapacità delle classi dirigenti ad utilizzare strumenti e risorse che se attivate proficuamente cambierebbero tutti gli attuali indicatori (economico-sociali e produttivi) che ci portano ad avere il Pil pro-capite più basso delle regioni d’Europa. Tuttavia sarebbe utile conoscere cosa si propone ai calabresi su almeno quattro punti che considero fondamentali per ridare credibilità all’ istituzione Regione e autorevolezza alla politica. Il punto che deve essere assunto come prioritario per garantire in Calabria tenuta democratica, crescita civile e sviluppo produttivo è la legalità; bisogna trasferire la gestione delle risorse agli Enti locali e mantenere alla Regione soltanto il ruolo di programmazione e pianificazione dello sviluppo sostenibile; è necessario equiparare l’indennità dei consiglieri regionali, si presidenti e assessori all’indennità del sindaco del comune capoluogo di regione; serve modificare la legge elettorale che prevede la percentuale di consensi più alta, forse al mondo, per poter entrare in consiglio regionale riservato ad una piccola casta costruita da una oligarchia gerontocratica nella assoluta indifferenza della società civile , introducendo sia la preferenza di genere sia la possibilità del voto disgiunto per eleggere il Presidente . Per fare queste semplici cose ma abbastanza esemplari e indicative per poter avviare anche in Calabria ‘tutta un’altra storia’ non credo ci sia necessariamente ed esclusivamente bisogno solo di imprenditori, prefetti e generali. E sinceramente nemmeno di Commissari distanti e avulsi dai problemi reali dei calabresi. Occorre ragionevolezza e buon senso ripristinando una fondamentale caratteristica della politica come esercizio della responsabilità e soprattutto promuovendo la partecipazione dei cittadini alla vita politica e amministrativa dei territori e della Regione. Siamo di fronte ad un passaggio molto delicato e importante: le forze sane e democratiche non debbono assistere acriticamente ma, nel rispetto della propria autonomia possono contribuire, senza fare sconti a nessuno, a sostegno della legalità e del lavoro per un Calabria libera.
* Segretario generale della Cgil Area Vasta Catanzaro-Crotone-Vibo Valentia
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