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Il «dramma eterno» del papà di Fabiana: «Siamo stati mutilati»

A Cosenza è stato inaugurato un centro di ascolto dedicato alla morte della 16enne uccisa dal suo fidanzato nel 2013. Alla cerimonia ha partecipato il vice capo della Polizia di Stato. L’allarme di…

Pubblicato il: 25/11/2019 – 16:09
Il «dramma eterno» del papà di Fabiana: «Siamo stati mutilati»

COSENZA Il 24 maggio del 2013 Fabiana Luzzi viene uccisa con 27 coltellate, il suo corpo lacerato è cosparso di benzina e dato alle fiamme. Così finisce la vita di una ragazza appena 16enne, originaria di Corigliano Calabro, in Calabria. I genitori da quel giorno diventano testimoni di un dramma con cui – per loro stessa ammissione – vivranno per tutta la vita.
Fabiana, suo malgrado, diventerà il simbolo di quanto brutale possa essere la violenza umana, anzi, maschile. Il 25 novembre l’Italia ricorda le vittime di femminicidio. A Cosenza, il vice capo della Polizia di Stato, prima ha inaugurato una stanza dell’ascolto poi insieme alle alte cariche civili, militari e religiose della città ha ascoltato le parole di Mario Luzzi, padre di Fabiana. Nella voce dell’uomo arde vivo il ricordo della figlia. «Il nostro è un dramma eterno che dura 24 ore al giorno, non ci possiamo staccare con la mente e il cuore dalla morte di nostra figlia», esordisce così il papà di Fabiana, ospite dell’incontro “Questo non è amore” organizzato dalla Questura di Cosenza. Tanto è bastato all’uomo per conquistare la platea di studenti. Con le sue parole il padre di Fabiana è riuscito nell’impresa di far staccare gli occhi degli adolescenti dallo schermo degli smartphone. «Quel corpo martoriato ora è deposto in un loculo dove noi andiamo sempre perché sentiamo nostra figlia viva e presente». «Sarà sempre così – aggiunge Mario Luzzi -. Siamo stati mutilati, una parte del nostro corpo é scomparso, siamo stati testimoni di una crudeltà che non possiamo augurare neanche al peggiore degli animali». Nelle parole dell’uomo non c’è solo il dolore di un padre che perde la figlia in un modo brutale. Quella di Mario Luzzi è una guerra ingaggiata contro la giustizia. «Nelle aule di tribunale, non sento l’affetto che sento qui. È lì che si cerca di sminuire e dare possibilità a chi delinque, stupra, uccide. L’assassino di nostra figlia dopo 3 anni é passato sotto casa nostra – racconta l’uomo – per me è stato mostruoso. Uno Stato che rispetta le vittime non può permettere che un assassino crudele possa avere una licenza premio».
Alla giornata di sensibilizzazione contro la violenza sulle donne, moderata dal giornalista Arcangelo Badolati hanno partecipato anche il vescovo Francesco Nolè, la psicoterapeuta Francesca Martire, il dirigente della squadra Mobile di Cosenza Fabio Catalano e il tenente colonnello dei carabinieri Raffaele Giovinazzo. Ma è grazie all’intervento di Mario Spagnuolo, capo della Procura della Repubblica di Cosenza, che è emerso quanto il problema della violenza di genere sia acuto nella città e nell’hinterland. Basta pensare che 4 dei 12 magistrati presenti nell’ufficio di Procura sono impegnati nei reati di “codice rosso”. «I freddi numeri da soli dicono poco – dichiara Spagnuolo -. Ogni numero è un dramma, miseria, sangue, sudore, sofferenza. Tutto questo arriva sulle nostre scrivanie. Negli ultimi 3 anni c’è stato un aumento progressivo di fatti da codice rosso, e nell’ultimo anno l’ aumento è stato del 100%. Insieme alla squadra mobile di Cosenza il gruppo operativo dei carabinieri, riusciamo ad istruire procedimenti da codice rosso in un arco temporale medio 40 giorni dalla denuncia all’esercizio dell’azione penale».
Spagnuolo ha però indicato anche altri numeri, quelli delle “false” denunce. «Chi denuncia spesso lo fa perché è in crisi all’interno del nucleo familiare. Mogli e mariti che poi passano il tempo a denunciarsi per ottenere condizioni più vantaggiose. Le difficoltà per chi si trova dalla nostra parte, sono proprio queste: essere bravi nel capire quando si deve intervenire per tutelare le vittime di violenza».
Nel corso della mattinata è stato inaugurato anche il centro d’ascolto dedicato alla memoria di Fabiana Luzzi. «Molte delle nostre questure sono dotate di questo tipo di stanze – dichiara il vice capo della polizia Vittorio Rizzi -. È importante che nascano questi centri, perché con le giuste condizioni si può fare emergere il sommerso di situazioni molto critiche».
Soddisfatto il questore Giovanna Petrocca: «Ogni volta che ci sarà una richiesta d’aiuto, questa stanza sarà attivata attraverso le professionalità della squadra mobile. Le ragazze che hanno bisogno d’aiuto spero facciano richiesta e ci coinvolgano per risolvere le loro problematiche nel migliore dei modi». (mi.pr.)

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