La violenza contro le donne continua ad essere al centro del dibattito pubblico persino in un’epoca che si professa civilizzata come la nostra il fenomeno sta raggiungendo dimensioni che definire barbariche è poco. I dati dimostrano che la modernità è arrivata quasi in tutto: nella tecnologia, nei trasporti, nelle comunicazioni, nell’alimentazione. Ma rapporti più civili tra i sessi sembrano essere ancora una conquista lontana.
Nel primo semestre del 2018 il Telefono Rosa ha registrato 4 mila 664 telefonate, il 53% in più dell’anno precedente. La maggior parte delle violenze contro le donne avviene tra le mura domestiche: nell’82% dei casi si tratta di un familiare che, nel 62% dei casi, è indicato dalla donna come l’ex partner. La maggior parte dei carnefici ha le chiavi di casa.
Secondo il rapporto “Questo non è amore 2019”, presentato dalla Direzione Centrale Anticrimine della Polizia di Stato, in occasione del 25 novembre,
8 donne vittime di violenza su 10 sono italiane, così come nel 74% dei casi i carnefici sono maschi italiani. Preoccupante la frequenza con cui si verificano gli abusi: 88 casi al giorno, uno ogni 15 minuti. Questa è la media registrata nel solo mese di marzo 2019.
In Italia ogni 7 minuti un uomo stupra o tenta di stuprare una donna. Ogni 3 giorni nel nostro Paese un uomo uccide una donna. Minacciare, umiliare, picchiare: ma la violenza contro le donne non é soltanto lo stupro consumato. La violenza di genere non è solo l’aggressione fisica di un uomo contro una donna, ma include anche vessazioni psicologiche, ricatti economici, minacce, violenze sessuali, persecuzioni. Molteplici violenze in una parola sola: “femminicidio”.
Frustrazione, non realizzazione personale dell’uomo, difficoltà sul lavoro o nella vita, insoddisfazione, sono solamente le motivazioni superficiali di questi eventi. Più in profondità si può trovare il mancato riconoscimento dell’identità delle donne e del fatto che esse hanno, al pari degli uomini, il diritto di realizzarsi e di decidere ciò che è meglio per loro stesse. Recenti ricerche dimostrano che le violenze familiari sono la prima causa di morte nel nostro paese e le donne sono le vittime nel 70,7% dei casi”: uccise principalmente da mariti, fidanzati, partner ed ex partner, nella maggior parte dei casi italianissimi. prevenzione, coraggio. Prevenzione: quando vediamo che con il ragazzo conosciuto a scuola, nel rapporto di coppia, nel rapporto familiare, con gli amici, in qualunque contesto qualcosa sta iniziando a non girare per il verso giusto, bisogna immediatamente agire. Far presente che quella frase, quella avance, quel modo di fare non rispetta né la persona né la donna che siamo, è il primo passo per evitare brutte conseguenze: bisogna mettere dei paletti ogni volta che è possibile, perché la violenza contro le donne è un fenomeno che inizia piccolo e quotidiano, e va fermato proprio a questo livello.
Ci sono tanti passi da compiere prima che questo obiettivo possa essere finalmente raggiunto. Per farlo occorre dare piena attuazione alla Convenzione di Istanbul e lavorare su molti aspetti della nostra società. Primo fra tutti la cultura del rispetto e delle pari opportunità.
La domanda che ci facciamo nella Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, e non solo oggi, è: che fare? Due parole: coraggio e prevenzione. Luciana Litizzetto dal palco di Sanremo, qualche anno fa ci ammoniva, in maniera efficace: «Un uomo che ci picchia non ci ama, o quantomeno ci ama male. Un uomo che ci picchia è uno stronzo, sempre, e dobbiamo capirlo al primo schiaffo»: bisogna quindi lasciarlo immediatamente.
Ci vuole coraggio per spezzare la catena, per denunciare e rivolgersi a un centro antiviolenza (e in Calabria ce ne sono 13) perché da sole non è possibile uscirne. Servono sostegno, facce amiche, aiuto anche legale e psicologico: sono disponibili anche strutture apposite, come i Centri per gli Uomini maltrattanti. Infine, la violenza sulle donne è una questione culturale: bisogna cambiare atteggiamento, quella che con un modo di dire molto in voga di questi tempi si chiama narrazione. Non è più accettabile tollerabile sentire che un uomo uccide una donna per amore. L’amore è un’altra cosa, e non toglie la vita alle donne.
*assessore regionale al Welfare
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