CATANZARO «Il 5 dicembre saprò se mio figlio potrà riposare in pace, se questo Paese avrà rispetto e memoria del sacrificio di un innocente». È prevista infatti per quella data, alla Corte d’Assise di Catanzaro, la sentenza di primo grado per la morte di Giuseppe Parretta, il ragazzo di 18 anni, ucciso a colpi di pistola, il 13 gennaio 2018, dal pluripregiudicato Salvatore Gerace nella sede dell’associazione “LibereDonne” di Crotone dove sua madre, Katia Villirillo, da anni lavora per aiutare le donne vittime di violenza, tratta, prostituzione.
Un impegno quello di Katia «che dava fastidio alla piazza di spaccio del Gerace – come ha ricordato anche in aula la mamma coraggio – e che mio figlio ha pagato con la vita, cadendo vittima di una vera e propria esecuzione davanti a me, a sua sorella e al suo fratello minore».
«Alle Istituzioni, ai media, ma anche a tutti i cittadini – ha proseguito Katia Villirillo nella sua intervista alla Dire – chiedo di non dimenticare Giuseppe, il suo gesto eroico di difesa verso sua madre, il suo martirio in una terra inquinata da malavita e criminalità in cui pochissimi, come fa l’associazione “LibereDonne”, hanno il coraggio di provare a cambiare le cose, a partire dai giovani e dalla scuola. Appendete striscioni fuori dalle finestre, sui balconi, nelle strade, fatelo in memoria di Giuseppe, ucciso da chi non vuole presidi di legalità in una terra sequestrata dalle mafie. Mi hanno condannato all’ergastolo, sopravvivo alla sua assenza solo per avere giustizia e per non rendere vano il suo coraggio: continuerò a salvare le donne».
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