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Filiali in Uruguay e latitanti "ripuliti" in Argentina. La connection internazionale dei Bellocco

La Dda di Reggio Calabria evidenzia le interazioni con le cosche Morabito e Mollica attive tra Buenos Aires e Montevideo. I movimenti per liberare “U Tamunga”, arrestato e detenuto in Sudamerica at…

Pubblicato il: 29/11/2019 – 17:32
Filiali in Uruguay e latitanti "ripuliti" in Argentina. La connection internazionale dei Bellocco

di Alessia Candito
REGGIO CALABRIA
Coca e pestaggi, piantagioni e appalti per i rifiuti. Dalla Piana di Gioia Tauro all’Argentina, passando per il litorale laziale, Mantova, la Brianza, l’Emilia, gli affari criminali del clan Bellocco non conoscevano limiti né geografici, né di business. A gestire la holding criminale, i giovani rampolli dello storico casato di ‘ndrangheta, arrestati oggi da Goa, Scico e dal nucleo di polizia finanziaria delle Fiamme Gialle di Reggio Calabria, su richiesta della Dda guidata da Giovanni Bombardieri. In manette sono finite 45 persone (qui la notizia), tutte accusate a vario titolo di associazione mafiosa, traffico internazionale di sostanze stupefacenti, detenzione di armi e rapina aggravate dall’utilizzo del “metodo mafioso” e della transnazionalità del reato. Altri fermi sono stati eseguiti contemporaneamente dalla Procura di Firenze e da quella di Brescia, sviluppata dai carabinieri del Ros che hanno arrestato una donna, Marta Magri, con l’accusa di aver commissionato ad uno dei luogotenenti dei Bellocco il pestaggio del nipote e della cognata, per problemi di soldi.
L’IMPORTANZA DI «FAR STARE BENE IN GIRO» Favori di poco conto per gli uomini dei clan, ma fondamentali al pari degli investimenti dei proventi del narcotraffico sul territorio per mantenere appoggio e consenso. «Uno buono, la deve fare una cosa di queste. Deve fare stare bene in giro» pontificava uno dei luogotenenti dei clan intercettato. Certo, alcuni degli affiliati – magari proprio per dribblare le attenzioni investigative – avevano chiesto e ottenuto il reddito di cittadinanza. Ma di soldi da distribuire il clan ne aveva tanti. Fra gli investimenti sul litorale romano, “preda” individuata dal rampollo Umberto Bellocco, e gli appalti per la differenziata, arraffati grazie a compiacenti ditte del Nord da usare per non dare nell’occhio, ma vincere le gare. «Alla sicurezza e all’amministrazione comunale ci pensiamo noi» assicuravano. «È impressionante – commenta il procuratore aggiunto Gaetano Paci, che insieme al sostituto Francesco Ponzetta ha coordinato l’indagine- la capacità della ‘ndrangheta non solo di imporsi come interlocutore in campo nazionale e internazionale, ma anche di diversificare le proprie attività». Il core business dei clan però è rimasto sempre lo stesso, il narcotraffico. Ma anche su quel fronte hanno saputo evolversi.
INTERNAZIONALIZZAZIONE NECESSARIA «Ormai i Bellocco – spiega il procuratore capo, Giovanni Bombardieri – hanno internazionalizzato le loro attività criminali grazie a una forte capacità di relazione con altre cosche di ‘ndrangheta, come i Morabito e i Mollica di Africo, con cui avevano posto solide basi nell’area platense, tra Buenos Aires e Montevideo». Lì dove il Rio de la Plata divide due città, che in realtà sono un’area sola, ma con una doppia anima. Perché se in Argentina i controlli funzionano, l’Uruguay è oggi «una grande Montecarlo» dice il comandante regionale della Guardia di Finanza, il generale Fabio Contini. Lo sanno bene i narcos che nella zona hanno delocalizzato quartier generale e investimenti e lo hanno capito anche i calabresi, che a Buenos Aires fanno base quando devono trattare carichi di droga. O almeno, così facevano i Bellocco, che in Argentina potevano contare su affiliati, come su colletti bianchi dalle mani assai nere.
“L’AVVOCATO” LATITANTE E LA LIBERAZIONE DEL TAMUNGA Tale era, ad esempio, Giovanni Di Pietro, nascosto in Argentina da quando in Italia è stato condannato a 30 anni per sequestro di persona. A Buenos Aires è diventato Massimo Pertini, di professione avvocato, ma in realtà interlocutore di riferimento per trattare con i narcos. È a lui che i Bellocco – e non solo – si rivolgono per recuperare a buon prezzo forniture di droga o contatti con chi può procurarle, ma anche per altri favori. Per conto delle cosche della Jonica, a lui chiedono di esplorare i propri canali per tentare di far liberare il latitante Rocco Morabito “U Tamunga”, arrestato e detenuto a Montevideo. Un servizio per cui sono disposti ad ordinare ai propri uomini in Argentina di anticipare 50mila euro sull’unghia, che saranno prontamente restituiti in Calabria dai “committenti” direttamente interessati alla liberazione del noto broker della droga. Cosa abbia fatto di preciso Pertini non è dato sapere. Anche grazie agli innumerevoli agganci negli uffici giudiziari e investigativi, sapeva di essere sotto inchiesta, per cui è diventato assai più accorto. Di certo, Morabito è stato protagonista di una spettacolare evasione e da allora è tornato ad essere vento. E l’avvocato Pertini aveva assicurato «Il problema si risolverà senz’altro, non ho dubbi». (a.candito@corrierecal.it)

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