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La latitanza di Pietro Luisi e i “ponti” (di droga) tra Cosa nostra e ‘ndrangheta

Il 29enne era “l’uomo della droga” di Brancaccio. Era stato incaricato di portare avanti una trattativa con il clan Barbaro di Platì per far transitare fiumi di cocaina dalla Calabria alla Sicilia….

Pubblicato il: 01/12/2019 – 11:46
La latitanza di Pietro Luisi e i “ponti” (di droga) tra Cosa nostra e ‘ndrangheta

di Francesco Donnici
PALERMO
C’era una volta la mafia stragista e Cosa nostra faceva da padrona grazie anche a fitti radicamenti con la politica, nemmeno troppo sommersi. Dopo l’avvento e la caduta dei corleonesi, Cosa nostra palermitana ha dovuto riorganizzarsi affrontando un periodo di transizione che ha contribuito all’ascesa della ‘ndrangheta che nel frattempo si è impossessata in maniera decisa del mercato – anche siciliano – della droga. Diversi possono essere gli esempi, da quelli più datati alla più recente operazione “Rimpiazzo”, ai danni dei “piscopisani”, la cui contesa del territorio vibonese ai Mancuso passava anche attraverso i canali siciliani ed il loro controllo del mercato degli stupefacenti palermitano.
Per far sì che si instauri un dialogo tra i clan, occorrono degli elementi che fungano da “canali”. Uno di questi è stato Pietro Luisi, 29enne che ieri ha visto porre fine alla sua latitanza perché, come spesso accade, la terza volta è quella buona. E infatti Luisi è stato arrestato ieri dalla polizia di stato in un condominio di via Rocco Jemma, nella zona del “Policlinico”, dopo che, nei mesi scorsi, era riuscito a sfuggire a due blitz delle forze dell’ordine.
L’INDAGINE DELLO SCORSO LUGLIO Luisi, originario del quartiere “Santa Maria di Gesù”, aveva fatto carriera in Cosa nostra, divenendo un elemento di spicco del mandamento di Brancaccio. Come era emerso da un’indagine dello scorso luglio, nell’organigramma dell’associazione, Luisi era «l’uomo della cocaina», capace di tessere i contatti con le grosse famiglie della ‘ndrangheta e di far pervenire nel capoluogo siciliano grosse quantità di cocaina da destinare, per esempio, al mercato della Vucciria.
Nello specifico, dall’indagine era emersa una trattativa condotta in prima persona, per conto della famiglia mafiosa di “Corso dei Mille”, con la famiglia Barbaro di Platì, avente ad oggetto l’importazione a Palermo di una grossa partita di cocaina.
LA TRATTATIVA COI BARBARO DI PLATÌ Secondo il Gip che lo scorso luglio avrebbe poi convalidato il secondo dei due tentativi di arresto andati a vuoto, Luisi «aveva di certo un elevato ruolo gerarchico, se solo si consideri che poteva permettersi di relazionarsi direttamente coi trafficanti calabresi e acquistare ingenti quantità di sostanza».
La Calabria è oggi la meta principale di approdo dello stupefacente, come testimoniato anche dalle recenti operazioni al porto di Gioia Tauro che hanno permesso di intercettare tonnellate di sostanza che si sarebbe poi diramata per tutto il paese. Anche in Sicilia, a testimonianza dell’egemonia ‘ndranghetista nel mercato della droga. Nel blitz che avrebbe dovuto condurre all’arresto dello stesso Luisi, era stato preso il capomafia di Corso dei Mille, Luigi Scimò detto “Fabio” che aveva riattivato i canali ereditati dal predecessore Giuseppe Guttadauro e dal narcotrafficante Salvatore Miceli, entrambi uomini di Matteo Messina Denaro come ha svelato nel 2003 l’indagine “Igres”. Scimò, dopo ereditata la reggenza della famiglia mafiosa a seguito dell’arresto di Pietro Tagliavia aveva messo a disposizione i contatti con la Calabria. I “canali” scelti erano Pietro Di Marzo, genero di Scimò, e lo stesso Luisi.
Secondo gli inquirenti, i viaggi in Calabria sarebbero stati in tutto tre. L’obiettivo era incontrare il clan Barbaro di Platì.
Ad aspettarli,  in effetti, i due trovano Pasquale, il padre Giuseppe, ma soprattutto Francesco Barbaro, il cui casellario giudiziario è un “curriculum” di alta qualità in materia di stupefacenti. Oggetto della prima visita di Luisi era il recupero di un credito vantato nei confronti dei calabresi perché a seguito di alcuni arresti, gli ‘ndranghetisti non avevano potuto consegnare lo stupefacente destinato alla “Bandita” (zona di Palermo nel quartiere di Brancaccio) trattenendo però il denaro ricevuto in precedenza.
«Ora che me li hai presentati, io arrivo, so che persone sono». I viaggi dalla Sicilia alla Calabria servivano a Luisi per raccordarsi con Di Marzio e farsi trovare pronto in occasione degli incontri e delle trattative con gli ‘ndranghetisti. Dalle intercettazioni emerge come Luisi sfruttasse questi viaggi per affinare le sue competenze nel mercato della droga: «A qualcuno gli sembra che è facile il lavoro del traffico», diceva aggiungendo come filo conduttore ai tanti riferimenti economici alla base della filiera coi calabresi, come questi viaggi ed anche il mercato che gli era stato affidato si basassero essenzialmente su una parola:«Fiducia».

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