di Alessia Candito
Un assegno da 100milioni di euro forse scaduto, un contratto per bitcoin patacca e un mistero. Sembra avere una nuova vita Giuseppe Zinnà, vibonese di San Calogero, già in passato condannato per narcotraffico e poi inciampato in un processo per usura, attualmente difeso dagli avvocati Francesco e Paola Stilo. Un vecchio attrezzo del clan Mancuso secondo gli investigatori, pizzicato a trafficare con merce diversa dalla coca colombiana che gli è costata un decennio e più di carcere, ma altrettanto remunerativa. I finanzieri di Chiasso lo hanno fermato mentre tentava di entrare in Svizzera insieme ad una compagnia quanto meno inusuale e con un carico ancor più curioso.
IL SEQUESTRO A bordo della sua auto c’erano un altro italiano, Simone Baglioni, del Fiorentino e che si sappia senza inciampi giudiziari all’attivo, un afghano residente in Germania, Karim Yussufi, e un iraniano, Ghazvini Alì Khanniarak. Forse questo è bastato a insospettire i finanzieri o magari i quattro erano già “sotto osservazione”. Fatto sta che l’auto è stata passata al setaccio e addosso a loro sono stati rinvenuti documenti ritenuti assai interessanti: un contratto di vendita di milioni di BillionCoin, una delle criptovalute presenti sul mercato e sui forum indicata come “scam”, una patacca, con a garanzia l’assegno di 100 milioni di euro emesso dal Credit Suisse di Ginevra nell’ottobre 2018, un contratto da 14.5 milioni di euro, più documentazione e diverse procure. Tutto materiale finito sotto sequestro per ordine della procura di Como, che al riguardo ha aperto un fascicolo. Secondo quanto ricostruito dagli investigatori, i quattro erano coinvolti in un doppio affare.
DOPPIO AFFARE Il primo riguardava la compravendita di bitcoin – al modico prezzo di 100milioni di euro – tra gli iraniani Mosayeb Nawkahsi, venditore, e l’acquirente Alì Asghar Moradi. Nessuno dei due era fisicamente presente ed entrambi avevano delegato un proprio rappresentante, rispettivamente l’iraniano Ghazvini Alì Khanniarak, trovato in possesso non solo del milionario assegno, ma anche di una lettera del Credit Suisse che lo attestava come pagabile in tutte le citibank d’Europa, più le procure che lo autorizzavano ad operare e Karim Yussufi, afghano ma con passaporto rilasciato a Bonn e residente in Germania. Il secondo affare invece chiama in causa gli italiani, Zinnà e Baglioni, beccati con un contratto che impegnava Yussufi a versare loro 14.5 milioni di euro, non appena l’assegno da 100 milioni fosse stato incassato.
IN ATTESA DI RIESAME Una percentuale per il buon esito della transazione? Non è dato sapere. A Como ci stanno lavorando, mentre gli indagati si sono trincerati dietro il più assoluto silenzio. Il sequestro dei documenti e dell’assegno è stato convalidato, ma il provvedimento tornerà a breve ad essere discusso di fronte al Tdl, cui i legali di Zinnà hanno fatto appello. Ed in quella sede, dicono indiscrezioni, potrebbero emergere dettagli ulteriori su un giro di riciclaggio che potrebbe essere di gran lunga più ampio. (a.candito@corrierecal.it)
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