di Francesco Donnici
COSENZA «Dobbiamo pensare un nuovo Umanesimo che metta al centro la diversità tra le nazioni e sappia coniugarla in una nuova unità. I confini non esistono in natura». Le parole di don Luigi Ciotti risuonano forti nel Teatro Morelli propagandosi anche oltre il centro storico di Cosenza. Si è aperto così l’ultimo dei 5 giorni della decima edizione del premio “Musica contro le mafie”, – intitolato quest’anno “Oltre i confini” – un appuntamento che chiama a raccolta da ogni parte d’Italia (e non solo), artisti, scuole ed esperti che pongono l’impegno sociale in cima alla lista delle loro priorità.
Perché se in questi giorni la Calabria si è riempita d’arte e speranza, al contempo non ha perso di vista ciò che quotidianamente le accade intorno. “Musica contro le mafie” è proprio il racconto della contemporaneità che spinge a cimentarsi nei dilemmi ordinari di ognuno, «riempiendo la vita di vita» attraverso un linguaggio universale.
I cantanti e gruppi iscritti quest’anno erano ben 512 tra i quali sono stati selezionati i 10 finalisti che sono andati in scena al Morelli nelle due giornate finali del 6 e 7 dicembre. La prima menzione va proprio a loro, che nei loro testi, con una semplice chitarra acustica o con un autotune, hanno saputo raccontare cosa significhi oggi l’impegno sociale.
Questo è il racconto di canzoni – solo per citarne alcune – che parlano delle «creature» lasciate al loro destino perché nessuno riesce a raccontargli che anche in terre “di mafia” esistono delle alternative possibili. Testi che sono un’invocazione ad un Dio che pare a volte assente o distratto se si osservano le brutture che ci accadono intorno. Ma che, nonostante ciò, non smettiamo di invocare. Storie di vita vissuta, come quella di Chris Obehi che racconta del suo viaggio verso l’Italia, ed al grido «non siamo pesci», ricorda soprattutto chi, quel viaggio, non lo ha mai portato al termine.
«La lotta alle mafie, oggi, vuol dire prima di tutto lotta per la giustizia sociale. E giustizia sociale
significa lavoro». Don Luigi Ciotti, guardando negli occhi i tanti giovani presenti in sala, ha spiegato loro «gli elementi della nuova povertà, spesso relazionale, che porta al distacco, alla paura del diverso, alla crisi sociale». La disoccupazione, in Italia e in Calabria, è oggi una delle piaghe più dolorose e l’arte, in questo senso, è un mezzo potente per svegliare la società contemporanea dal colpevole torpore nel quale rischia di rinchiudersi.
Alla giornata finale presentata dalla “Iena” Filippo Roma, era presente anche il sottosegretario alla cultura Anna Laura Orrico che con orgoglio ha ricordato come questo festival sia «100% made in Calabria» perché «la rivoluzione che serve per sbarazzarsi delle mafie passa pure da queste note, dalle parole, dalla voglia di metterci la faccia».
E non solo. Tra i principali temi della rassegna di quest’anno ci sono stati l’educazione contro le mafie e per la giustizia sociale fin dai banchi di scuola, con la rivoluzione social raccontata da Marcello Ravveduto, o attraverso il dialogo coi ragazzi di Antonio Nicaso secondo cui «la mafia altro non è che la formula chimica dell’acqua: l’idrogeno è la violenza e l’ossigeno è il legame che cerca con la politica, se non viene combattuta la mafia ricerca un rapporto». E poi la sperimentazione di un nuovo approccio, quello secondo cui «si può e si deve ridere delle mafie perché la loro forza sta nel nostro timore. Bisogna dissacrarle» come hanno saputo raccontare, tra gli altri, Lirio Abate e Pietro Sparacino che in un video di una manciata di secondi ha dimostrato come la ‘ndrangheta sia protagonista di una mole d’affari e traffici che invade l’intero pianeta.
Ma gli ospiti e gli artisti che in questi 5 giorni si sono susseguiti sono stati innumerevoli. La rassegna si è conclusa con la premiazione di Willie Peyote, Francesco Motta e gli Zen Circus che si sono esibiti raccontando la loro musica fatta non di solo vistuosismo o sperimentazione, ma anche di impegno. «Perché – come ha ricordato il presidente Gennaro De Rosa – la musica dev’essere il mezzo attraverso cui riscoprirci capaci di pensare un mondo migliore, quindi anche libero dalle mafie e dalla corruzione».
x
x