ROMA Il finanziamento pubblico della spesa sanitaria italiana «si è negli anni ridotto arrivando a raggiungere quello dei Paesi dell’Europa dell’Est, mentre il divario rispetto a quelli dell’Europa occidentale è pari al -37%. «Un gap che neppure i 2 miliardi previsti dalla Finanziaria 2019, sarà in grado di colmare» e che si traduce in maggiori sforzi da parte dei cittadini per curarsi. Nel 2017 ben 4,2 milioni di famiglie hanno cercato di limitare le spese sanitarie per motivi economici. E’ quanto emerge dal 15/mo “Rapporto Sanità” del Consorzio Crea Sanità dell’Università di Roma Tor Vergata, presentato oggi alla Camera dei deputati. Nell’ultimo anno, in base alle elaborazioni dell’indagine Crea su dati Istat, la spesa privata per consumi sanitari è cresciuta del +9% e quella del meridione si avvicina sempre più a quella delle Regioni settentrionali, malgrado abbiamo un reddito medio inferiore. La percentuale di chi si impoverisce per curarsi e chi rinuncia a farlo per motivi economici è pari al 5,8% delle famiglie, ed è molto superiore al Sud: in Calabria e Puglia riguarda il 10,7% e 9% delle famiglie.
Secondo il rapporto, curato da Federico Spandonaro, l’Italia è fra i Paesi a maggiore crescita della produzione nelle industrie delle cosiddette scienze della vita. Nel quinquennio 2012-2017, «a fronte di un aumento del Pil del +1% medio annuo, ha registrato un aumento della produzione del +4,4% nel settore farmaceutico e dei dispositivi medici, ovvero un incremento del triplo (+3,2%) rispetto a quello del Pil». Infine, il disavanzo, che si era ridotto in maniera consistente grazie ai piani di rientro, negli ultimi 2 anni ha ricominciato a crescere. Nel 2018 si registra un risultato di esercizio negativo complessivo pari a 1,2 miliardi, in aumento del 14,8% sul 2017. Tuttavia, «l’apparente equilibrio finanziario poggia su un consistente contributo» del ticket sanitario: abolendolo il deficit complessivo del 2018 ammonterebbe a 6 miliardi.
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