di Michele Presta
COSENZA «Mi sono avvicinata ad Anna Palmieri e gli ho sussurrato all’orecchio quello che poco prima mi aveva riferito il poliziotto, cioè che c’era Marco Paura che aveva reso delle dichiarazioni accusatorie su di lei e sul marito». Nell’inchiesta “Testa del Serpente” (qui e qui ulteriori dettagli) finisce coinvolto anche un agente della Questura di Cosenza. La soffiata circa le dichiarazioni di Marco Paura agli inquirenti, che riguardano i coniugi Celestino Abbruzzese e Anna Palmieri, vengono riferite dal poliziotto ad un piccolo imprenditore, nella vicenda, poi divenuto vittima di estorsioni. L’unione tra le tre parti è spiegata dagli affari fatti con una società che si occupa di servizi di portierato e reception. Gli ex capi della cosca degli “Zingari”, oggi entrambi nella schiera dei collaboratori di giustizia, erano soci occulti della società che subito dopo il “salto del fosso” dei due ha dovuto fare i conti con le richieste estorsive dei nomadi della famiglia Abbruzzese rimasti fedeli al sodalizio criminale. In questa società l’agente vi rimase, prima che la Questura svolgesse un controllo amministrativo presso i punti vendita dei supermercati “Despar” (dove l’impresa prestava il servizio). Subito dopo, l’uomo delle forze dell’ordine decise di uscirne. Secondo il racconto reso agli investigatori, è riportato come il poliziotto ritenesse incompatibile i due ruoli di poliziotto e socio dell’attività commerciale.
LA CONOSCENZA DEGLI ZINGARI È sempre l’imprenditore cosentino che ai magistrati antimafia racconta come attraverso la sua intercessione, il poliziotto avesse conosciuto Celestino Abbruzzese e Anna Palmieri. «In proposito ricordo che un giorno di qualche mese dopo che le forze di polizia avevano eseguito l’operazione in cui erano stati arrestati per la seconda volta i coniugi Abbruzzese- Palmieri – è scritto nei documenti di indagine – probabilmente nei mesi di maggio o giugno del 2015, mentre mi trovavo in macchina con il poliziotto, questi mi ha riferito di aver appreso in Questura che vi era un informatore che accusava per fatti di reati Celestino Abbruzzese e Anna Palmieri, per cui mi ha invitato a riferire questa circostanza agli interessati, ripetendomelo davanti agli stessi poco dopo. Infatti, di lì a breve, uscendo allo svincolo autostradale di Cosenza Nord, abbiamo incontrato i coniugi Abbruzzese e ci siamo fermati a conversare con loro». L’episodio contestato al poliziotto che riguarda il reato di rivelazione di segreti in atti d’ufficio, secondo i magistrati della Dda, è da considerarsi aggravato «dall’aver commesso il fatto al fine di agevolare l’attività dell’associazione mafiosa riconducibile alla famiglia degli “Zingari”». I coniugi Abbruzzese, negli anni hanno ricoperto ruoli di spicco nella cosca e diverse sono le sentenze che li inchiodano alle loro responsabilità criminali (la più importante quella del processo Job Center). Il narcotraffico è il fiore all’occhiello del loro curriculum criminale e con il tempo l’intero clan proveniente dallo Jonio, si è insediato nel tessuto malavitoso della città di Cosenza.
LA FUGA DI NOTIZIE E “BANANA + 20” «Ora onestamente no! Con tutto il rispetto che posso avere per Marco e Luigi (Abbruzzese, ndr) ma, i carabinieri o la Questura gli dicono a loro se ci sono blitz, io non penso che…». La chiamata captata fa rizzare le antenne degli investigatori. «Lo sanno (…) Lo sanno!», rispondono dall’altro capo del telefono. La fuga di notizie preoccupa e non poco i magistrati. In diverse conversazioni gli indagati sembrano essere già a conoscenza della notifica del provvedimento. «Innanzitutto stasera si dice che c’è movimento», afferma Porcaro al telefono con Carlo Drago. «Dice che c’è movimento. Il novanta per cento stasera, non si è capito se questura, o carabinieri o finanza, stasera fanno il blitz». I due parlavano dell’operazione Alarico di Cosenza, condotta dalla procura diretta da Mario Spagnuolo. Ma un episodio analogo è successo con gli Zingari. In una intercettazione nel provvedimento è annotato come «Marco Abbruzzese gli aveva riferito che quella stessa sera o l’indomani sarebbe scattato “un blitz della Polizia o dei carabinieri, da lui definito “Banana più 20”, che avrebbe colpito i “Banana”, cioè i fratelli Abbruzzese più altre venti persone». (m.presta@corrierecal.it)
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