di Michele Presta
COSENZA Sul delitto di Luca Bruni si apre un nuovo filone d’inchiesta. L’uccisione dell’uomo del caln dei “Bella Bella” ha segnato uno spartiacque nella storia della criminalità organizzata cosentina al punto che a distanza di 7 anni le verità giudiziarie e quelle storiche vacillano quando la schiera dei collaboratori di giustizia si arricchisce di nuove pedine. E sono proprio le confidenze di Celestino Abbruzzese e della compagna, a tirare in ballo per l’assassinio di Bruni i fratelli germani del collaboratore: Luigi, Marco e Nicola Abbruzzese, tutti e tre del gruppo criminale dei “Banana” e finiti in manette nell’indagine della Dda di Catanzaro. Le risposte fornite dai collaboratori ai magistrati coordinati da Nicola Gratteri, danno un senso ad una dichiarazione di Franco Abbruzzese che in un primo momento sembrò confusa e imprecisa «circa la presenza del figlio di “Banana” al delitto». “Micetto” il soprannome con cui è conosciuto Celestino Abbruzzese, mette in ordine le sue verità e chiarisce le idee ai magistrati ma anche al Gip che nell’ordinanza di custodia cautelare dell’operazione “Testa del Serpente” raggiunge delle conclusioni che prima sarebbero potute sembrare solo il frutto di una invenzione investigativa. «Il contributo da parte della cosca degli Abbruzzese dei “Banana” all’omicidio Bruni – è scritto negli atti di indagine – non è estemporaneo ma frutto di accordi pregressi, atteso che l’eliminazione del Bruni avrebbe agevolato i “Banana” nell’acquisizione del monopolio della gestione dell’eroina su Cosenza». I “Banana” si sarebbero macchiati le mani di sangue secondo quanto ricostruito nell’indagine solo per guadagnare spazio nel mercato dello stupefacente cosentino.
I FRATELLI “BANANA” SEPPELLISCONO LUCA BRUNI
I dubbi di Celestino Abbruzzese circa la partecipazione del proprio gruppo criminale all’omicidio così come degli altri fratelli sono ridotti al lumicino. Oltre a deliberare la condanna a morte di Luca Bruni insieme agli altri reggenti delle cosche cosentine, i “Banana” si sarebbero resi disponibili anche per le fasi esecutive. «Loro in sostanza parteciparono alla deliberazione di eliminare Luca Bruni – risponde alle domande il collaboratore di giustizia – mettendosi a disposizione per occultare il cadavere». Dalle fasi preparatorie a quelle esecutive, a raccontare tutto, all’attuale collaboratore di giustizia sarebbe stato il fratello Nicola. Ma la testimonianza di Abbruzzese, per gli investigatori, diventa pietra miliare dell’indagine quando spiega quello che gli fu riferito dal fratello Marco. Lui sarebbe stato presente sul luogo del delitto e armato di kalashnikov, pronto a esplodere i colpi qualora Daniele Lamanna ed Adolfo Foggetti, al gelo del 3 gennaio del 2012, non avessero eseguito l’omicidio. «Mi ricordo che mio fratello Marco mi disse di essere stato anche lui presente sul posto insieme a Maurizio Rango – dichiara “Micetto” – aveva il compito di intervenire e uccidere Luca Bruni qualora non ci fossero riusciti Lamanna e Foggetti». È solo con il corpo a terra privo di vita, che secondo quanto ricostruito nell’indagine, sarebbero intervenuti i tre fratelli “Banana” in compagnia di Antonio Abbruzzese e Ettore Sottile per seppellire il cadavere. «Sono a conoscenza di questa circostanza – chiarisce il collaboratore – perché me l’ha raccontata mio cognato alla presenza di mio fratello Nicola. In sostanza loro si erano messi d’accordo in precedenza con Franco Bruzzese. La gestione dell’eroina sarebbe passata ai miei fratelli e loro si misero a disposizione per l’omicidio.
LA VOLTA CHE LO STRUZZO NON UCCISE BRUNI La morte di Luca Bruni, coincide con la definitiva ascesa del clan degli zingari. Per questo, secondo gli investigatori, è utile per provare il coinvolgimento della famiglia nomade riprendere le dichiarazioni di Daniele Lamanna e Adolfo Foggetti circa il coinvolgimento di Marco Abbruzzese nel delitto di Luca Bruni. Qualche tempo prima che l’esponente dei “Bella Bella” fosse fatto fuori e occultato in una campagna di Castrolibero, venne organizzato un attentato sempre a suo carico. La licenza di uccidere, i collaboratori di giustizia riferiscono di averla consegnata proprio a Marco Abbruzzese, conosciuto come “Lo Struzzo”. Si apposto dietro una siepe, dove con la complicità dei due pentiti avrebbe dovuto freddare Bruni ma il colpo sfumò. Fu lo stesso Lamanna a dire ai magistrati «Non mi fidai della cosa poiché temevo che oltre a Luca Bruni “Lo Struzzo” avrebbe potuto colpire anche me, e comunque non è accettabile che un soggetto quale lo struzzo potesse assassinare Luca Bruni». Attualmente, per il delitto consumato il 3 gennaio del 2012 sono stati condannati Franco Bruzzese, Maurizio Rango, Daniele Lamanna e Adolfo Foggetti in via definitiva. Francesco Patitucci e Roberto Porcaro, invece, sono stati assolti con sentenza d’Appello non ancora divenuta definitiva. (m.presta@corrierecal.it)
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