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"Malapianta", Basile passa dal carcere ai domiciliari

Il Tdl presieduto da Valea decide di attenuare la misura cautelare per l’indagato. Per la Dda, l’uomo è il referente dei clan di San Leonardo di Cutro a Padova, Treviso e Vicenza

Pubblicato il: 14/12/2019 – 18:10
"Malapianta", Basile passa dal carcere ai domiciliari

CATANZARO Passa agli arresti domiciliari Domenico Basile, 69enne milanese tratto in arresto lo scorso 29 maggio nel corso dell’operazione “Malapianta” che ha portato al fermo di 35 persone, da parte della Dda di Catanzaro, con l’accusa di essere legate alla consorteria Mannolo-Trapasso-Zoffreo di San Leonardo di Cutro. Basile è accusato di usura ed estorsione aggravate dal metodo mafioso. L’alleggerimento della misura cautelare è stato stabilito dal Tribunale della Libertà di Catanzaro al quale ha fatto appello l’indagato, difeso dall’avvocato Vincenzo Cicino. Il 18 ottobre scorso il gip del capoluogo aveva, infatti, rigettato la richiesta di sostituire il carcere con la misura dei domiciliari. Secondo il collegio presieduto da Giuseppe Valea «le esigenze cautelari, ancora persistenti, si prestano a essere salvaguardate anche attraverso la misura, meno afflittiva di quella in atto, degli arresti domiciliari, ove si consideri, in uno con il tempo decorso di esecuzione della massima mia, che il pericolo di reiterazione della condotta delittuosa, unico prefigurabile, può essere adeguatamente contenuto con la collocazione del Basile in ambiente domestico in località distante dai luoghi nei quali si sono manifestati gli episodi delittuosi in contestazione». A Domenico Basile viene fatto divieto di intrattenere rapporti con altri soggetti fuori dalla cerchia familiare «considerato il suo ruolo di mero supporto all’attività usuraria direttamente riconducibile ad altri soggetti, interessati anche al recupero delle somme ricevute dalle vittime di usura».
Secondo l’accusa Domenico Basile aveva il ruolo di referente «dell’associazione nella zona di Padova, Treviso e Vicenza, garantiva il collegamento tra partecipanti, rimasti allo stato ignoti, dell’associazione ed i capi di San Leonardo […] ha dimostrato adesione e fedeltà alla cosca di appartenenza, assicurando a quest’ultima la proiezione economica nel territorio veneto; in particolare con il compito di individuare ed avvicinare imprenditori in crisi di liquidità da finanziare in via usuraia e/o canali di investimento atti a reimpiegare il danaro dell’associazione, spendendo la relativa carica di intimidazione ‘ndranghetistica nei confronti degli imprenditori al momento della violazione degli accordi commerciali e/o dei patti usurai intrapresi». (aletru)

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