Lo spunto è quello dell’inchiesta che ha svelato contatti tra politica e ‘ndrangheta in Valle d’Aosta, travolgendo la giunta regionale. Ma l’intervista rilasciata a La Stampa dal procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero de Raho affronta più in generale il tema del rapporto tra gli eletti e i clan calabresi, individuando un “modello” di infiltrazione ormai consolidato. E, oltre ad esso, anticorpi che non bastano e orecchie che non ascoltano.
«Ovunque abbia cominciato a radicarsi e a espandersi la ‘ndrangheta ha cercato di stabilire legami con la politica, le istituzioni e l’economia – spiega de Raho –. È il suo metodo: rodato, sperimentato prima in Calabria ed esportato al Centro e Nord Italia attraverso un’evoluzione che l’ha portata a diventare borghesia mafiosa invisibile e conveniente. Certa politica cosi non si vergogna più di andarci a braccetto».
L’ex procuratore di Reggio Calabria sottolinea come le tante emergenze nel rapporto mafia-politica dimostrino che «non ci sia, da parte di nessuno, l’esigenza di contrastare questa mafia: altrimenti fatti del genere non si ripeterebbero». E che «di fronte agli allarmi lanciati non vi sia orecchio disponibile».
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