di Giorgio Curcio
COSENZA Due figure di spicco, a capo delle rispettive organizzazioni criminali, e in grado di dividersi, a Cosenza e nell’hinterland, i business più redditizi. Questo almeno secondo quanto emerso dalle indagini coordinate dalla Procura della Repubblica di Catanzaro, guidata da Nicola Gratteri, e che ha portato al fermo di 18 persone nel corso dell’operazione “Testa del serpente”.
Secondo gli inquirenti, Roberto Porcaro e Luigi Abbruzzese (entrambi finiti in manette nel blitz) dominavano la scena criminale cosentina. Le loro attività illecite andavano dal racket al narcotraffico, dai pestaggi ai danneggiamenti, dall’usura ai proventi del gioco illecito in un disegno criminale ben definito e strutturato. A prevalere, però, è la figura di Roberto Porcaro (classe ’84), determinante nell’ambito di tutte quelle dinamiche che hanno portato alla costituzione di un sodalizio forte e temuto, siglato attraverso un patto federativo.
Secondo gli investigatori, Porcaro sarebbe stato posto al vertice del clan Ruà-Lanzino-Patitucci (e dunque il gruppo dei cosiddetti “italiani”) direttamente da Francesco Patitucci, coinvolto nell’inchiesta sull’omicidio di Luca Bruni e scarcerato dalla Corte di Assise di Appello di Catanzaro solo qualche giorno fa, dopo la condanna a trent’anni in primo grado.
L’ASCESA CRIMINALE La storia di Roberto Porcaro è costellata da diverse vicende giudiziarie. È stato coinvolto nell’omicidio di Luca Bruni (assolto, come dicevamo, il 4 dicembre scorso dalla Corte d’Assise d’Appello di Catanzaro) e nell’omicidio di Giuseppe Ruffolo, reato per il quale era stato prima arrestato nel maggio del 2019 insieme Massimiliano D’Elia, poi scarcerato dopo il provvedimento del Tribunale della Libertà mentre lo scorso 17 novembre la sua posizione è stata definitivamente archiviata dai giudici. «Circostanze che – scrive il gip distrettuale – appaiono per molti aspetti quasi inspiegabili». A delineare il profilo criminale ci sono le numerose dichiarazioni rese agli investigatori direttamente da un collaboratore di giustizia come Luciano Impieri: «Oggi – è scritto nei documenti dell’indagine – a comandare è proprio Robertino che ha il grado più elevato, tanto che neanche Mario Piromallo (detto Renato) può fare nulla contro di lui. Questo potere glielo ha concesso Patitucci che lo ha fatto diventare il capo che oggi ha tutto sotto controllo lui».
LE ARMI E LA DROGA Una pericolosità e una spregiudicatezza, quella di Roberto Porcaro, corroborata da ulteriori dichiarazioni. A lui sarebbero riconducibili – secondo quanto affermato dal collaboratore di giustizia Alberto Novello – le numerose armi sequestrate in un episodio ad Antonio Illuminato da parte delle forze dell’ordine. Mentre sono i dettagli forniti ancora da Luciano Impieri – si legge nelle carte – a ricostruire l’attività di spaccio di Roberto Porcaro: «Con cadenza abituale cedeva 200 grammi di cocaina a settimana ad un soggetto, incaricato poi di rivenderla al dettaglio in tutto il Cosentino». Ricostruzione confermata anche da Francesco Noblea e Giuseppe Zaffonte, altri due collaboratori di giustizia, così come risulta nei verbali degli inquirenti.
L’ESTORSIONE Non solo droga e armi. L’attività di Roberto Porcaro negli ultimi due anni avrebbe trovato la sua definizione anche nelle attività estorsive, perpetrate ai danni dei commercianti dell’hinterland cosentino. Come quella documentata dagli investigatori ai danni della pizzeria “La Fornace” di Rende a luglio del 2019. In quell’occasione, la moglie di Porcaro raccontava che «il marito (Roberto Porcaro ndr) aveva mandato una persona a chiedere la “tangente” alla pizzeria», quantificata in 500 euro mensili, e che «lui per farci arrivare… gli amici di Cosenza, chi sono?! Tuo padre c’è dentro Cosenza non c’è nessuno più!».
I DISSIDI FAMILIARI Droga, armi ed estorsioni. Sullo sfondo, però, ci sono anche i dissidi tra lo stesso Roberto Porcaro e la moglie, a causa di alcuni presunti “sgarbi” subiti dal padre di lei e dal fratello. Quest’ultimo (impiegato proprio nella pizzeria oggetto dell’estorsione) si sarebbe rifiutato di aprire insieme all’indagato un’attività commerciale. Ma a minare definitivamente l’equilibrio familiare sarebbe stata la presunta relazione extraconiugale di Porcaro scoperta proprio dalla moglie. Vicenda che avrebbe minato fortemente l’equilibrio tra le due famiglie. (redazione@corrierecal.it)
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