La Calabria della salute, dopo oltre dieci anni di commissariamento ad acta (che, ovviamente, continuerà chissà ancora per quanto tempo, addirittura potenziato – come vedremo – nei suoi elementi strutturali e caratterizzanti, fatta salva l’opportuna modifica legislativa regolativa della fattispecie promessa in sede di approvazione del prossimo Patto della Salute), si è resa destinataria a fine aprile – com’è di triste conoscenza dei calabresi – del D.L. 35, convertito nella legge 25 giugno 2109 n. 60, recante misure emergenziali da imporre al suo servizio sanitario regionale.
Quasi un anno buttato alle ortiche ben «concimate» dal decreto c.d. Grillo
A distanza di otto/nove mesi: la conta dei saldi, con le partite in dare che non provano alcun apporto migliorativo e quelle in avere che registrano danni irreversibili alle persone e al sistema, destinati sensibilmente a crescere!
Insomma, un provvedimento cinico e un risultato che sarebbero stati ovunque improponibili e assolutamente non tollerati dalla società civile, certamente produttivi di dimostrazioni pubbliche ad elevatissima partecipazione sociale. Avrebbero meritato altro che sardine!
In Calabria nulla, nonostante l’incredibile sadico prodotto generato a sfavore dell’utenza, finanche demolitivo di quel poco che c’era.
Tre aziende ospedaliere della quali, per il momento, soltanto una con una manager ufficiale concretamente preposta alla direzione di una Ao (Cosenza) e due mandate avanti alla bene meglio da esponenti della burocrazia interna, che hanno campicchiato tra una dimissione e l’altra. Un’azienda ospedaliera universitaria senza testa né coda ovverosia senza manager e impegnata in un molto creativo percorso di integrazione, “interpretativo” di una procedura di fusione con l’azienda ospedaliera operante nel territorio cittadino di Catanzaro. Cinque aziende territoriali provinciali della quali nessuna gestita sino ad oggi da manager nominati. Due aziende territoriali (l’Asp di Reggio Calabria e quella di Catanzaro) sciolte per infiltrazione/condizionamento mafioso, ex artt. 143 e 146 Tuel ed entrambe “fantasiosamente” dichiarate in dissesto, ex art. 244 Tuel e seguenti, con qualcun’altra destinata più che verosimilmente a seguire la medesima (assurda) sorte. Una novità in assoluta in diritto, quest’ultima, intendendo per tale il superamento (incostituzionale) di quell’autonomia riconosciuta alla Regione dalla Carta, atteso che le aziende salutari in default obbligano le Regioni di appartenenza al risanamento dei loro bilanci, a partire dalla copertura delle loro perdite annue sino ad arrivare al ripianamento dei deficit patrimoniali prodotti. Un dovere ineludibile e una prassi peraltro evidenziabile dal pagamento del rateo annuo di circa 31 milioni di euro del mutuo a suo tempo contratto a fronte del debito pregresso contabilizzato al 2009 dal Commissariamento di protezione civile all’epoca attivo.
Ecco la fine della tragedia e l’inizio del dramma
Tornando al problema gestorio della salute calabrese, è di due/tre giorni fa la notizia che il Governo ha dato l’ok – dopo l’ennesimo tentativo, andato a vuoto, di perfezionare la prevista intesa tra il Presidente della Regione e il commissario ad acta – al complesso procedimento di nomina dei «succedanei» dei Direttori Generali (fantasiosamente denominati, per l’occasione, da un altrettanto fantasioso legislatore commissari straordinari) che risolverà la vacatio manageriale, sopportata per tanti mesi, con un decreto a firma del ministro Roberto Speranza.
Si profilerà, quindi, una assunzione in servizio attivo dei nominati a commissari straordinari, che sarà probabilmente a regime con il nuovo anno, dopo il corrente 2019 che ha visto disimpegnati tutti a curare il sistema della salute lasciato allo sbando a fronte del super impegno – caratterizzato da liti, da defezioni e da inadeguatezze – impiegato per formalizzazione degli atti propedeutici ad assicurare le elezioni regionali fissate per il 26 gennaio 2020.
La sanità da morente a cadavere da resuscitare
Quanto alla situazione attuale della sanità calabrese, che si fa davvero fatica a riconoscere come tale in quanto destinata a peggiorare di giorno in giorno, hanno ragione i deputati grillini Nesci e Sapia (vedi articolo del 12 dicembre scorso). Gli stessi contestano le modalità delle nomine, effettuate con la complicità del generale Cotticelli e del Ministro della Salute, dei sopravvenuti commissari straordinari. Lo hanno rappresentato soprattutto per quelle riferibili all’Asp di Cosenza, ridotta ai minimi termini erogativi e con un bilancio seriamente compromesso e tutto da scoprire nelle sue nefandezze contabili, e all’AO di Reggio Calabria.
Un atteggiamento critico-costruttivo, quello assunto dai due esponenti del M5S – reso pubblico sin dalla nascita del decreto salva-Calabria. Quel provvedimento emergenziale che, a distanza di otto mesi, ha certificato il suo essere assolutamente uno strumento inidoneo, che ha concretizzato un maldestro tentativo di risolvere di una ministra ignara delle reali problematiche e preda inerme della peggiore burocrazia ministeriale. Uno strumento legislativo venuto fuori così male che meraviglia non essere stato radicalmente modificato e/o abrogato dal nuovo titolare del dicastero, forse anche egli (così l’intero Governo) incapace di emanciparsi da quei dirigenti ministeriali che di fatto governano il Paese, impedendo da sempre alla Calabria di assicurare i diritti fondamentali ai calabresi. Un’occasione persa per un buon Ministro che pare stia rinunciando ad esprimersi ai suoi massimi livelli politici, di sensibilità verso i deboli e i trascurati cronici nonché in favore di quel suo Mezzogiorno offeso dall’inesigibilità dei diritti fondamentali, sanità in primis..
La conta delle disgrazie
Conseguentemente: cittadini senza salute; ceti professionali allo spasimo; ospedali vuoti di personale e con a secco dei servizi minimali, in quanto tali incapaci di esprimere le eroiche professionalità; accreditati privati trascurati come non mai e impossibilitati ad esercitare ai livelli che potrebbero; un territorio abbandonato a se stesso destinato da sempre a sperare nella Provvidenza; persino atti gestori e di programmazione, del tipo gli atti a aziendali che rappresentano l’idea del manager di costruire la propria azienda, delegati alla solita inutile Agenas che di Calabria non ne sa nulla.
Per non parlare degli appalti, ceduti onerosamente alla Sua campana che si scopre oggi più affidabile della nostra, che ha dato invece prova di capacità e regolarità procedurale.
Ma da questa parte si fa tutto il possibile per realizzare il miglior cinismo erogativo.
Anche la campagna elettorale regionale in atto, e oramai verso la conclusione senza essersi ancora espressa nei programmi, è silenziosa sul tema e senza un minimo di proposta.
Che Iddio ce la mandi buona, nei confronti di una sanità che è onesto definire da schifo!
*docente Unical
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