VIBO VALENTIA È circondato di simboli e messaggi l’omicidio di Antonio Battaglia, 21 anni, avvenuto la notte tra il 27 e il 28 settembre scorso. Lo scorso 27 novembre è stato fermato a Milano Antonio Felice, 32 anni, figlio di un noto pregiudicato di Piscopio, frazione “bunker” di Vibo Valentia. Il quartiere si stava preparando alla festa di Sam Michele Arcangelo, santo usurpato dall’iconografia ‘ndranghetista. Pochi giorni prima Antonio Felice aveva avuto la peggio nel corso di una lite con il gruppo di Antonio Battaglia. Picchiato nella pubblica piazza, un’offesa che non poteva restare impunita. Felice spara con una pistola 9X21, un’arma, fa notare il comandante del Norm di Vibo, tenente Luca Domizio, di non facile reperibilità. Spara contro un’auto nella quale si trovano Antonio Battaglia, raggiunto da due fatali colpi, Giovanni Zuliani, 23 anni, ferito da un proiettile, e Giovanni Ripepi, 19 anni, rimasto illeso all’agguato perché gli altri tre proiettili, dei sei colpi esplosi, non sono andati a segno. Uno di questi ha colpito, però, l’auto dei fratelli Antonio e Giuseppe Francolino che hanno tentato di nasconderlo con un adesivo. Accusati di avere tentato di sviare le indagini, sono accusati di favoreggiamento e sono stati destinati all’obbligo di dimora. In carcere sono finiti Ripepi e Zuliani, non solo per il favoreggiamento ma anche perché erano armati e, ha ribadito il comandante provinciale di Vibo, Bruno Capece, «la contesa è nata per la gestione di un luogo di ritrovo. Il motivo del contendere era strettamente collegato al controllo del territorio: “Questa zona la gestisco io”». Avrebbero potuto rispondere al fuoco e non si sa come sarebbero potute andare a finire le cose. A Ripepi e Zuliani viene contestato anche il possesso di armi.
Ai domiciliari è finito invece Michele Fiorillo, accusato di favoreggiamento perché si sarebbe trovato a fornire una via di fuga ad Antonio Felice. Fiorillo era a conoscenza delle ragioni alla base dell’agguato e, nonostante ciò non ha collaborato con le forze dell’ordine, come ha ribadito il comandante della Compagnia di Vibo, Gianfranco Pino.
«Dire ciò che si sa non è facoltativo, è un dovere», ha rimarcato Domizio.
UN KALASHIKOV PER IL BAMBINO Un kalashnikov di legno era il regalo per un bambino di 5 anni. Questo è emerso nel corso di una delle perquisizioni effettuate dai carabinieri. Questo il contesto. Un contesto nel quale comunque la festa di San Michele, nonostante l’omicidio di un ragazzo di vent’anni non si è fermata. (aletru)
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