di Michele Presta
VIBO VALENTIA Le mani delle cosche vibonesi aggrediscono anche il mercato del caro estinto. Quello che salta fuori dalle indagini dell’inchiesta “Rinascita Scott” è il profilo di una ’ndrangheta che a Vibo e provincia è pronta a mettere le mani ovunque, anche sulla morte naturale delle persone. Il business sui cimiteri riguarda l’appropriazione di cappelle ormai in disuso, ristrutturate e poi rivendute, ma anche la sepoltura, fuori dalle regole, di migranti sbarcati nella marina vibonese. «Il fenomeno dell’immigrazione clandestina non ha lasciato indifferente la ‘ndrangheta che ha fondato un vero e proprio business sui naufraghi morti – è scritto nell’ordinanza disposta dal gip distrettuale –. La complessità organizzativa del giro d’affari si articola attraverso l’associazione onlus “Sacra Famiglia”, di cui è presidente Orazio Lo Bianco, appartenente all’omonima consorteria, e alla quale fanno parte come associati, tra gli altri Rosario Pugliese, il quale come si apprezzerà, è socio occulto dell’impresa individuale “Lo Bianco Orazio” e della società Paradiso S.r.l. operanti nel settore delle pompe funebri». Per queste ultime due ditte, la Direzione distrettuale antimafia ha chiesto e ottenuto il sequestro preventivo. A fornire delucidazioni su quanto accadeva al cimitero di Vibo Valentia è il collaboratore di giustizia Andrea Mantella, intraneo alla cosca Lo Bianco-Barba prima del pentimento. «Al cimitero di Vibo Valentia i fratelli Pugliese, Rosario e Carmelo, affiliati alla cosca Lo Bianco, attraverso una ditta di muratura di Orazio Lo Bianco e tramite Francolino che fa il becchino al cimitero, gestiscono le cappelle e i loculi – spiega il collaboratore di giustizia -. Anche io ho beneficiato gratuitamente nel 2009 di una cappella al cimitero; ricordo che parlai con questo becchino il quale mi disse che avrebbe messo i resti del cadavere nella fossa comune, come di solito facevano; la cappella me l’ha trovata Francolino ed è stata sistemata da Orazio Lo Bianco. La falsa documentazione è stata preparata da Orazio Lo Bianco e dai fratelli Pugliese tramite Francolino». In base alle indagini, le prime cappelle ad essere “requisite” erano quelle più vecchie e dei quali i familiari non erano più in vita, prima di ristrutturarle le ossa venivano deposte nell’ossario comune e solo dopo si dava inizio ai lavori. «Io alla cappella ci sono andato quando era diroccata – prosegue il pentito –poi sono stato arrestato e non l’ho vista rifatta. Il sistema era il seguente: loro di solito vendevano le cappelle delle famiglie per le quali non ci sono più i familiari, dopo aver tolto i resti dei cadaveri e aver restaurato le cappelle, le stesse vengono rivendute al prezzo di 50.000 o 60.000 euro».
GLI AFFARI CON LE SALME DEI MIGRANTI Quello che secondo il collaboratore Mantella è un vero e proprio “mercato” dei loculi riguarda tanto i posti da assegnare agli italiani, quanto quelli da assegnare ai corpi senza vita dei migranti sbarcati a Vibo Marina. Dalle indagini effettuate dai carabinieri, emerge come nello specifico delle salme presenti nei loculi L24 e L25 affidata con il meccanismo della somma urgenza alla ditta “Le Stelle 1”. Arrivati in prossimità dei loculi, infatti, le esalazioni maleodoranti hanno spinto gli inquirenti ad aprire la tomba ed è stato notato come la bara fosse dotata solo della parte interna in zinco, sprovvista della parte in legno che per legge deve essere invece disposta come da regolamento comunale. «Per tale ragione si spiegavano le esalazioni maleodoranti provenienti da quel loculo, in quanto i gas ed i liquidi sprigionati dal cadavere fuoriuscivano dalla cassa di zinco. Tale accertamento veniva esteso anche ai restanti loculi in cui erano tumulati gli altri migranti, riscontrando le medesime condizioni sopra descritte anche all’interno del loculo L24, in cui la salma era provvista anche qui della sola cassa zincata» è annotato nelle carte dell’indagine. La magistratura, sostiene che ottenendo l’incarico in somma urgenza, “Le Stelle 1” abbia incassato più di quanto effettivamente speso in quanto necessario per il lavoro per questo viene contestata l’ipotesi di reato di frode delle pubbliche fornitura. «La ditta “LeStelle 1”, concessionario delle tumulazioni di quelle salme dei migranti sbarcati a Vibo Marina, aveva commesso delle palesi irregolarità nella fornitura di quel servizio, omettendo di impiegare il materiale previsto per legge – annota il gip – . Attraverso tali raggiri introitava un pagamento maggiorato rispetto al servizio ed al materiale reso, in danno del Comune di Vibo Valentia, provocando un danno erariale per quelle casse comunali». (m.presta@corrierecal.it)
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