di Pablo Petrasso
CATANZARO «Premetto che io ero un massone, maestro venerabile». Cosimo Virgiglio è, tra i collaboratori di giustizia, forse quello che più sta narrando dei rapporti tra ‘ndrangheta e massoneria deviata. Il suo interrogatorio del 25 novembre 2016 è un viaggio in uno Stato parallelo, quello in cui pezzi delle istituzioni incontrano i capiclan. Un mondo nel quale la politica (e non solo) sussurra all’orecchio dell’élite della ‘ndrangheta. Chi segue il processo ‘Ndrangheta stragista conosce i racconti di Virgiglio, la sua militanza nelle logge, gli addentellati nei servizi segreti, i resoconti di riunioni offshore a Capo Verde nelle quali si decide(va) la strategia delle mafie.
Le dichiarazioni riportate nell’ordinanza di “Rinascita Scott” partono dal suo esordio tra i “grembiuli”: «In massoneria – dice – ero entrato a Messina, appena finita l’università, tra il 1990 e il 1993, all’interno del Goi; nello stesso periodo sono entrato a far parte del “Santo Sepolcro”», ordine equestre tra i più riservati e potenti, con sede nel Vaticano. «Sono stato sacrato in quel periodo – racconta ai magistrati – nel 1997-98, all’interno della chiesa Sant’Anna del Vaticano, mentre, nel 2002, sono dovuto rientrare per forza nella massoneria riconosciuta, nella Gran Loggia dei Garibaldini d’Italia a Vibo Valentia».
«VIBO EPICENTRO DELLA MASSONERIA» Ed è Vibo, per Virgiglio, «l’epicentro della massoneria sia legale che di quella cosiddetta deviata». Fu il procuratore capo di Catanzaro Nicola Gratteri, nel 2018, a dire – in occasione della prestazione del suo libro – che «solo a Vibo Valentia, città a più alta densità massonica d’Italia, abbiamo contato 12 logge». Le parole del pentito scendono nel dettaglio. A Vibo Virgiglio diventa maestro venerabile ma, precisa, le sue conoscenze si fermano al 2009, anno del suo arresto. Poi passa a una spiegazione della geopolitica delle logge: «Una Loggia tra le più potenti a Vibo era la “Morelli”, retta da un Petrolo, mentre la Gran Loggia dei Garibaldini d’Italia è una delle più riconosciute e più spendibili». A lui era «stata affidata la loggia “Eroe dei due mondi” a Reggio Calabria; io ero arrivato fino al nono grado “Piramide iniziatica”, Cavaliere eletto». Tra gli iniziati avviati al culto massonico da Virgiglio ci sarebbe Sabatino Marrazzo, considerato contabile della cosca nel locale di Belvedere Spinello. A Marrazzo, spiega Virgiglio, «affidato il “maglietto” della Loggia Pitagora di Crotone, il Tempio era a Rocca di Neto, dove aveva trovato un ristorante».
Virgiglio conosce i Templi massonici sparsi per la Calabria («a Vibo era il Palazzo Francica, a piazza Morelli, dove di fronte abitava il professore Francica; a Crotone le persone venivano iniziate a Capo Colonna, sotto la Colonna») e, da insider, svela che «gli appartenenti alle logge regolari erano tutti dei professionisti, avvocati, medici, etc., mentre le logge coperte erano formate da due filoni: il primo quello dei “sussurrati all’orecchio”, persone che rivestivano delle cariche istituzionali e per questo non potevano essere inserite nelle liste segnalate alla Prefettura; il secondo filone era quello dei “sacrati sulla spada”, soggetti con precedenti penali di vario genere, compresi ‘ndranghetisti, ovvero i “rispettosi del Vangelo di Giovanni”, loro si reputano infatti Angeli di Dio».
LOGGE COPERTE A CATANZARO Nel discorso sulle logge ufficiali e “nascoste”, il collaboratore di giustizia – che poteva, a suo dire, «sapere chi erano i coperti e i non coperti» – allarga il suo sguardo verso Catanzaro. «Della Loggia coperta – dice – facevano parte l’avvocato Pittelli, Chiaravalloti, magistrato poi divenuto Presidente della Regione, omissis, Enzo Speziali e il capitano Enzo Barbieri della Guardia di Finanza di Vibo; quest’ultimo era ben visto dall’ambasciatore Ugolini (di cui Virgiglio è stato un collaboratore prima di chiedere protezione alla cosca dei Molè, ndr); lui era capitano dell’appuntato Sangianiti».
È a questo punto che il collaboratore di giustizia segnala la doppia appartenenza di Giancarlo Pittelli a una loggia “pulita” e una “sussurrata”.
Tra “fratelli” (coperti o no) ci si aiuta. Succede quando Sabatino Marrazzo si rivolge agli appartenenti alla loggia «quando il fratello venne arrestato per un grave delitto e diceva di essere innocente; in quella occasione il professore Francica tenne una “tornata” a Crotone, Francica gli consigliò un legale di Cosenza che “poteva fare tante cose”».
Virgiglio dedica un passaggio alle “politiche massoniche” e dice che «nella tornata del 1993 si decise di evitare l’ingresso dei magistrati, facendo incetta di persone a loro vicine, ovvero avvocati, che li potessero avvicinare soprattutto per i giudizi di appello o Cassazione, perché in primo grado non si poteva fare niente; da questo punto di vista Pino Francica era per il rispetto delle regole».
Per Virgiglio, in una delle logge coperte «l’avvocato Cassodonte teneva la “pasta in mano” ed era anche il “Maestro venerabile della Federazione delle varie Ubbidienze, un po’ il Licio Gelli calabrese, vicino al quale c’era Pino Gentile di Cosenza, caratterizzato dal fatto che aveva i denti larghi». Le persone citate nei virgolettati non sono indagate, e le dichiarazioni vanno certamente verificate e approfondite, soprattutto per l’importanza dei personaggi citati.
MUTUO SOCCORSO ALLE ELEZIONI Di certo, per il collaboratore di giustizia il legame tra i due mondi della massoneria emerge nelle competizioni elettorali. In quelle circostanze «i candidati “massoni” venivano appoggiati dagli appartenenti segreti chiamati “Sacrati sulla Spada”, ovvero dei criminali che facevano catalizzare su di loro i voti». E a Vibo, tra i “Sacrati sulla Spada” «c’era sicuramente “zio Giovanni Mancuso” che faceva parte della massoneria di San Marino; c’era anche un certo La Rosa bassino che era titolare di una imbarcazione che andava alle Eolie e anche di una discoteca». Giovanni Mancuso avrebbe svelato al collaboratore di giustizia «che i suoi affari glieli gestivano i nipoti più in gamba, un certo “Addeco”, Diego, e un certo Luni; so che Luigi era importante ma era in carcere; ho saputo che avevano fatto una Loggia a Limbadi, dove c’era un ispettore di polizia legato ai Mancuso, la loggia portava un numero». Invece, «il maestro venerabile di Cosenza era Tucci, quello del Dap marito della Porchia di cui ho parlato in precedenza». Anche in questo caso, parole da riscontrare da parte degli inquirenti.
GLI AVVOCATI Ma ci sono altri passaggi inquietanti nel narrato del pentito. Passaggi che investono direttamente il rapporto tra legali e appartenenti ai clan: «So – dice Virgiglio – che gli avvocati dei soggetti vicini alla massoneria, appartenenti alla ‘ndrangheta, si prestavano a fare da messaggeri tra il carcere e l’esterno; questo avveniva per i reggini, ma presumo che la stessa cosa facessero gli altri avvocati nel resto della Calabria». Circostanza che, se verificata, aprirebbe nuovi scenari investigativi. (p.petrasso@corrierecal.it)
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