di Michele Presta
PAOLA Truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, frode nell’esercizio del commercio, trasferimento fraudolento di valori, autoriciclaggio, calunnia e tentata estorsione. Con queste accuse Franco La Rupa e suo figlio Antonio sono finiti in carcere nell’ambito dell’inchiesta “Mosca Bianca” condotta dalla guardia di finanza coordinata dalla procura della repubblica di Paola, guidata da Pierpaolo Bruni. A mettere nei guai l’ex consigliere regionale ed ex primo cittadino di Amantea sarebbero i falsi dichiarati per ottenere dei finanziamenti europei, tramite la regione Calabria, per la produzione di olio biologico. Tutto però è rimasto sulla carta. La Rupa nei documenti dichiarava di produrre un olio bio, nella realtà invece accadeva tutt’altro e i finanzieri se ne sono accorti facendo delle indagini che sono scattate controllando le fatture dell’impresa agricola e nelle quali spiccavano gli acquisti di pesticidi. «Ci siamo accorti di un acquisto spropositato di dimetoato – spiega Pietro Autori, comandante della guardia di finanza di Paola -. È il pesticida che viene utilizzato per sbarazzarsi della mosca bianca che aggredisce gli alberi da ulivo e da cui ha preso il nome l’operazione».
L’OLIO BIO (FALSO) E I FONDI EUROPEI Le indagini sono partite nel febbraio del 2018. I finanzieri prima hanno passato in rassegna i documenti, poi si sono dedicati ad ascoltare le captazioni telefoniche e a seguire i soldi che transitavano dai fondi di La Rupa. Sebbene l’azienda agricola portasse il nome e l’intestazione documentale di Antonio La Rupa, le fiamme gialle sono sicure nell’affermare che a gestire tutto fosse il padre. «C’è un’intestazione fittizia – spiega il colonnello Danilo Nastati, capo provinciale di Cosenza della guardia di finanza -. Quando la società è stata costituita Antonio La Rupa aveva poco più di 18 anni non poteva avere le disponibilità finanziarie per fare un investimento così consistente». Dall’inchiesta, infatti, emerge come tutto fosse gestito dall’ex primo cittadino di Amantea. Dai rapporti con i clienti a quelli con gli ispettori che dovevano certificare l’effettiva produzione di olio biologico. La visita dei controllori ministeriali, in particolare, andò di traverso a Franco La Rupa che con toni minacciosi – riferiscono gli inquirenti – tentò di desisterli nel fare una relazione che certificasse il falso olio bio che stava producendo. «Non solo gli ispettori hanno fatto il loro lavoro – aggiunge il colonnello Nastasi – ma hanno anche denunciato l’accaduto permettendoci di realizzare un quadro indiziario che comprovasse ulteriormente le indagini che stavamo svolgendo». Più di 41mila i chili di olio non conforme al regolamento sono stati commercializzati dall’impresa agricola con un profitto stimato in più di 150mila euro e circa 114mila euro di fondi comunitari percepiti illegalmente. Tutto questo è bastato al gip del tribunale di Paola per disporre un sequestro per equivalente che ha riguardato il 50% di un complesso immobiliare che si trova nel comune di Serra d’Aiello nonché di denaro ed altre utilità nella disponibilità degli indagati.
IL COMPLESSO DI SERRA D’AIELLO E L’AVVICINAMENTO AL MARESCIALLO Ma nell’inchiesta “Mosca Bianca” non sono finite solo le frodi in danno della Regione Calabria e all’Unione Europea. «Nel seguire i soldi ci siamo accorti anche di una serie di investimenti posti in essere da La Rupa» spiega il procuratore Pierpaolo Bruni. «I soldi frutto dell’attività illecita sono stati utilizzati per acquistare un complesso immobiliare a Serra D’Aiello oggi oggetto di procedura fallimentare» si tratta dell’istituto Papa Giovanni 23esimo. «È lo stesso indagato – aggiunge il colonnello Nastati – che incassata la fattura della vendita dell’olio con un giro conto procede all’acquisto della struttura». Ma c’è dell’altro e questa è l’ipotesi della calunnia reale. Il sentore di essere finito sotto indagine, con ogni probabilità, ha spinto Franco La Rupa a consegnare dei doni ad un maresciallo della guardia di finanza della stazione di Amantea. «Per creare delle condizioni per delegittimare il maresciallo della guardia di finanza, a sua insaputa, La Rupa ha portato all’abitazione dell’ufficiale dei doni, simulando una contiguità e una corruzione nei confronti del maresciallo totalmente inventata – ha spiegato Pierpaolo Bruni -. Il finanziere ha denunciato i fatti e a seguito di approfondite di indagini siamo arrivati a contestare il reato di calunnia reale. In buona sostanza vengono create delle tracce di un reato che non è stato mai commesso. Siamo in fase di indagini preliminari, ma se questo dato fosse processualmente dimostrato, ritengo sia molto più grave di tutte le altre fattispecie che vengono contestate per la frode». (m.presta@corrierecal.it)
x
x