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«Dove sono, in Calabria, gli spazi per la società civile?»

di Emilia Lacroce*

Pubblicato il: 21/12/2019 – 19:03
«Dove sono, in Calabria, gli spazi per la società civile?»

Sin dalle prime notizie degli arresti di ieri mattina, nell’ambito dell’indagine “Rinascita-Scott” coordinata dalla Dda di Catanzaro, ho cercato sul web spazi di riflessione e condivisione su quanto successo. Da migrante è l’unico modo, nell’immediato, per tentare di colmare quei mille chilometri che sempre mi separano, maledettamente, da casa. In questi spazi, mi è apparso da una ricerca superficiale, una grande condivisione hanno avuto in particolare le parole del procuratore Gratteri sulla società civile: «Nella speranza che ora la società civile occupi gli spazi lasciati vuoti dopo gli arresti di oggi. Bisogna occupare gli spazi che noi abbiamo liberato. Questa è la sfida da oggi, se vogliamo davvero cambiare le cose».
E su queste parole vorrei concentrare questa mia brevissima riflessione, che si inserisce all’interno di un contesto complesso e quasi surreale, ad un mese da un voto importante e nell’assoluta assenza di dibattito sui temi, sugli obiettivi, sulle parole chiave di una campagna elettorale di fatto vuota, e per la quale, a parte il solito balletto di nomi, non riesco in questo momento a trovare una rappresentazione diversa, se non il vuoto appunto.
All’interno di questa più ampia riflessione si inserisce questo mio intervento, che ha il sapore della testimonianza, di una storia simile a quella di migliaia di altri calabresi. Anche io come tanti altri sono andata via per studiare “altrove” e in quell’altrove sono rimasta, a costruire la mia professionalità e quel futuro che oggi è il mio presente. In questo momento sto completando il mio percorso di ricerca sui fenomeni mafiosi come dottoranda dell’Università di Pisa.
Mi sento particolarmente chiamata in causa dalle parole del dott. Gratteri, perché ogni volta che si evoca la società civile calabrese qualcosa scatta dentro noi migranti, che ci sentiamo sempre un po’ scissi, componenti di tante società civili, del posto in cui viviamo e di quello che, nonostante tutto, continuiamo a chiamare “casa”. E queste riflessioni recano con sé, inevitabilmente forse, il tema del rientro, del ritorno a “casa”, per mettere a frutto lì quelle professionalità che in tanti abbiamo costruito fuori dalla Calabria. Non so in quanti ci abbiamo mai provato, ma approfitto di questa occasione per condividere il mio tentativo, che risale a qualche anno fa e che purtroppo è terminato con un’inchiesta giudiziaria della Procura di Catanzaro della quale non mi sono noti gli esiti. Nel giugno 2015, dopo mesi di selezioni (3 prove scritte in tutto), vengo ammessa all’orale del concorso per “funzionario Direttore di Biblioteca” del Comune di Catanzaro, e supero la selezione classificandomi al secondo posto. Sono le prove scritte più appassionanti della mia, ormai lunga, carriera di concorsi pubblici, perché intravedevo dietro quelle prove un significato più ampio, che il concetto di “ritorno a casa” probabilmente all’epoca recava con sé. Dopo qualche mese scopro, dalle pagine del vostro quotidiano, che anche quel concorso era stato in qualche modo citato all’interno di un’indagine della Procura di Catanzaro. Non so come sia finita, ma quell’esperienza ha in qualche modo segnato il mio rapporto con la Calabria, creando una sorta di spartiacque, un prima e un dopo.
Le parole del dott. Gratteri sono state lo stimolo per tornare ad allargare queste riflessioni e a condividerle, condividendo non soluzioni, non risposte, ma dubbi e domande. Dove si trovano oggi, in Calabria, quegli spazi di società civile da cui ripartire? Si riesce davvero a dar loro spazio, a valorizzarli? Quali sono i luoghi, oggi, in Calabria, nei quali i cittadini si incontrano, discutono, guardano alla gestione del bene comune e ne chiedono conto agli amministratori pubblici? I partiti che si preparano alle elezioni, che ruolo danno a questi pezzi di società civile?
Guardo con questi interrogativi agli avvenimenti di questi giorni e alle elezioni ormai alle porte, in un misto di speranza e rassegnazione.
*Dottoranda Università di Pisa

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