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RINASCITA | Le minacce dell'avvocato: «Basta guai se ritirate le denunce»

A Francesco Stilo viene contestato il concorso esterno in associazione mafiosa. Mandava messaggi e lavorava per conto delle cosche vibonesi, intimidazioni comprese

Pubblicato il: 21/12/2019 – 18:02
RINASCITA | Le minacce dell'avvocato: «Basta guai se ritirate le denunce»

di Alessia Truzzolillo
CATANZARO «A tutto ciò c’è una soluzione, se volete che finiscano i vostri guai, cominciamo ad evitare i danneggiamenti, le lettere minatorie ed i colpi di pistola e poi, piano piano torneranno i vostri clienti, l’importante che sia ritirata la denuncia nei confronti di Francesco Amabile, che sia tolta la tua vigilanza da parte delle forze dell’ordine». Con queste parole Francesco Stilo è stato intercettato mentre si rivolgeva ai gestori di un ristorante di Parghelia. Stilo mette avanti la caratura criminale del proprio cliente, Francesco Amabile, e delle famiglie malavitose del territorio, poi prospetta al ristoratore «la prosecuzione di una campagna intimidatoria e denigratoria già in atto, condotta nei confronti di chiunque volesse frequentare il ristorante». In più veniva prospettata la prosecuzione degli atti intimidatori che il locale aveva già subito. In seguito a questa violenza privata subita i gestori del locale venivano costretti a ritirare la querela nei confronti di Francesco Amabile. Sono parecchi i capi di imputazione contestati all’avvocato Francesco Stilo. Oltre alla violenza privata aggravata dal metodo mafioso c’è l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. Il legale è stato tratto in arresto nel corso della maxi-operazione operazione “Scott Rinascita” – condotta dai carabinieri della provinciale di Vibo e del Ros, coordinati dalla Dda di Catanzaro – che ha visto coinvolte le locali di Vibo Valentia e ha travolto anche il mondo dei colletti bianchi, della politica e delle stesse forze dell’ordine.
FAVORITA L’ASSOCIAZIONE Secondo l’accusa Stilo avrebbe favorito l’associazione, pur non facendone parte, avrebbe instaurato con le cosche Mancuso, Lo Bianco-Barba, Pardea Ranisi, Fiarè-Razionale-Gasparro ed Accorinti «uno stabile rapporto di tipo collusivo». Secondo l’accusa Stilo «consentiva a tale organizzazione, nel suo complesso, di eludere le investigazioni delle autorità, acquisire notizie riservate, mettendo a disposizione dell’organizzazione informazioni relative ad indagini in corso, ottenute attraverso appoggi e contatti presso soggetti istituzionali. Ciò anche fornendo agli associati informazioni su dichiarazioni di collaboratori o altri dichiaranti coperte da segreto istruttorio, comunicando ad affiliati all’organizzazione notizie investigative ottenute nell’ambito della sua attività professionale di avvocato o da altri appartenenti all’ambiente criminale locale, intessendo relazioni con impiegati ministeriali per ottenere informazioni da sfruttare per le sue condotte, mettendosi a disposizione dei predetti indagati e di altri pregiudicati per supportarli in operazioni illecite tendenti a sviare le indagini, garantendo una comunicazione con il mondo esterno, quando alcuni degli associati erano detenuti, creando un vero e proprio “ponte” tra l’articolazione dell’organizzazione formatasi all’interno della Casa Circondariale di Vibo Valentia – capeggiata da Giuseppe Antonio Accorinti – e gli associati in libertà, all’occorrenza recapitando messaggi, utilizzando a tal fine i colloqui difensivi con altri detenuti e minacciando ed intimorendo testimoni in modo da fargli rendere dichiarazioni favorevoli ai sodali».
INFORMAZIONI RISERVATE Il 13 ottobre 2016 Francesco Stilo avrebbe comunicato a Saverio Razionale, (arrestato per associazione mafiosa in quanto appartenente all’omonima cosca) informazioni tratte dalla collaborazione del pentito vibonese Andrea Mantella circa il coinvolgimento di un avvocato del foro di Lamezia Terme. Queste informazioni, coperte da segreto istruttorio, sarebbero state ottenute grazie a un pubblico ufficiale che non è stato ancora individuato.
LE FOTO NELLE MUTANDE Francesco Stilo era l’avvocato di Peppone Accorinti considerato il boss di Zungri, anch’egli tra gli arrestati dell’operazione Rinascita. Peppone parla spesso del suo avvocato con gli altri detenuti. Sottolinea il gip Barbara Saccà «… quando l’Accorinti si ritroverà a parlare della sua conoscenza storica dell’avvocato Stilo, non perderà l’occasione di sottolineare come il loro legame vada oltre il rapporto professionale…». «L’intesa tra l’Accorinti e lo Stilo si evidenzia anche con riferimento al fatto che l’avvocato si mostra disponibile anche a compiere azioni illecite, onde consentire all’Accorinti di continuare a curare i propri affari», prosegue il gip. A due giorni da un importante processo, Stilo, racconta Accorinti era riuscito a recuperare dagli atti processuali due foto, a nasconderle nelle mutande e a consegnarle al boss alle dieci di sera in carcere. Nella casa circodariale è Saverio Lacquaniti il messaggero per conto della consorteria con l’avvocato Stilo. Peppone è sempre accorto, non consegna mai personalmente i biglietti né telefona all’avvocato Stilo ma lo fa fare agli altri detenuti.
LE ATTIVITA’ DEI MANCUSO Il collaboratore di giustizia Andrea Mantella ha conosciuto l’avvocato Stilo in un autonoleggio di sua proprietà anche se formalmente intestata ad altri. Racconta che Francesco Stilo «prendeva le macchine senza pagare perché era un amico e ci faceva comodo». «Che io sappia lui aveva diverse attività dei Mancuso, non so dire se a lui intestate, come prestanome, sale giochi in particolare sia a Vibo che a Nicotera e a Limbadi; oltre a vederlo in giro per queste sale giochi che gestiva di questa cosa ne ho parlato sia con Leone Soriano nel carcere di Cosenza che con i miei parenti, tanto è vero che gli ho detto che non dovevamo più dargli le macchine; io sapevo che era prestanome di Antonio Mancuso, di Vetrinetta, di Pantaleone Mancuso e per il figlio Giuseppe Mancuso». Secondo quanto riferisce il collaboratore Bartolomeo Arena Stilo si sarebbe messo a disposizione di Peppone Accorinti «per favorire la conclusione di vicende estorsive» accompagnandolo, come emerge dalle indagini, con la propria auto ad appuntamento con altri indagati, per risolvere una questione legata a aI mancato pagamento di un debito, i cui creditori erano i titolari della Elsamar. Secondo il gip «Tutte le dichiarazioni rese dall’Arena sono riscontrate dalle emergenze di questo procedimento finora passate in rassegna, in cui e stato provato che Stilo comunicasse con Accorinti in carcere, scambiando messaggi per conto del boss verso l’esterno, tramite altri detenuti e l’espediente della “caramelle”, oppure ancora evitando di colloquiare con il detenuto al quale “passava” biglietti scritti dallo stesso (videoripresi dall’alto)». (a.truzzolillo@corrierecal.it)

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