di Michele Presta
COSENZA Un ultimo caffè. Paola Galeone e Cinzia Falcone, non si incontreranno mai più. L’ormai ex prefetto di Cosenza, è finita agli arresti domiciliari con l’accusa di induzione indebita a dare o promettere utilità ed è ufficialmente sospesa dal servizio su ordine del ministro dell’interno Luciana Lamorgese. La presidente di Animed invece smaltisce i postumi della richiesta ricevuta dal funzionario governativo e che ha denunciato alla Questura di Cosenza. La storia è nota. 1.200 euro residui del fondo di rappresentanza da dividere in due. Il tutto passando attraverso una fattura fittizia emessa dall’imprenditrice cosentina per spese sostenute durante l’evento organizzato lo scorso 29 novembre al teatro Rendano di Cosenza nel quale si è discusso di violenza di genere.«Cinzia, tu hai sostenuto dei costi… io ho un fondo di rappresentanza in cui residuano 1200 euro… ho pensato che se tu mi fai una fattura da 1.200 euro, 500 te li tieni tu e la differenza la giri a me». Questa sarebbe stata la proposta fatta dal rappresentante governativo nel suo ufficio di Piazza XI settembre. Un incontro organizzato ad arte, nel quale Cinzia Falcone riceve una benemerenza e, nel contempo, recepisce il messaggio della funzionaria. Lasciato il Palazzo di governo, l’imprenditrice, decide di denunciare tutto e così lo scandalo che ha coinvolto Paola Galeone inizia.
I RAPPORTI TRA LE DUE Una corrispondenza fitta. Le due sono spesso in contatto, non solo per gli eventi pubblici realizzati in combine, ma soprattutto per la gestione del cento di accoglienza dei migranti che Cinzia Falcone gestisce a Camigliatello Silano. All’incontro al bar dello scorso 26 dicembre, costantemente tenuto sott’occhio dagli agenti di polizia, le due parlano anche di questo. Paola Galeone è a conoscenza che la Falcone non vincerà un bando indetto dalla Prefettura per mancanza di alcuni requisiti e, come riportato negli atti d’indagine, le palesa l’inutilità di ricorrere alla giustizia amministrativa. L’imprenditrice cosentina però, ricorda alla funzionaria anche altro. E cioè i circa 300mila euro vantati come crediti proprio dalla Prefettura dalla società con cui gestisce il Cas di Camigliatello. Teme di poter perdere completamente i soldi e per questo, in base alla ricostruzione delle indagini, si sarebbe recata all’appuntamento. «Temeva atteggiamenti quantomeno ostruzionistici da parte del prefetto nel futuro – è scritto nell’ordinanza di custodia cautelare -. Aveva pensato di essere alle strette e di non potere nulla opporre esplicitamente alla richiesta del pubblico ufficiale».
LA BUSTA ROSA E LA PARABOLA DEL FIDANZATO Prima di arrivare al bar, l’imprenditrice cosentina segue tutti i passi. Emette la fattura, manda un messaggio con su scritto «ok» all’ex Prefetto che risponde: «Ti stimo tanto e faremo grandi cose insieme». Dunque, costantemente seguita dagli agenti della mobile diretta da Fabio Catalano, Cinzia Falcone si accomoda al bar. I soldi sono sistemati in una busta rosa. 700 come da accordo, ma per l’ex Prefetto decide che si deve fare a metà, così prende due banconote da 50 euro e le consegna all’imprenditrice. «Comprati i biscotti». La Falcone si sarebbe tirata indietro, un po’ imbarazzata e allora il funzionario per calmarla dall’agitazione le avrebbe riferito «Stai calma, respira». Sulla liceità dell’operazione, Paola Galeone, per come emerge dagli atti di indagine scaturiti dalla denuncia, avrebbe già riferito tutto «la operazione – è riportato nell’ordinanza – era giustificata dal fatto che erano residuati soldi in bilancio che era inutile restituire al Ministero, non avendo lo stato mai rimborsato a lei dei soldi per una parabola satellitare acquistata personalmente dal suo fidanzato».
LA DIFESA DELL’IMPUTATA Paola Galeone, difesa dagli avvocati Biagio Leuzzi del foro di Taranto e Nicola Carratelli del foro di Cosenza ha già chiesto di essere interrogata per poter chiarire la sua posizione.
Per il gip, Letizia Benigno, che ne ha disposto gli arresti comunque, «tale atto e tale evenienza al momento, non scongiura la possibilità di inquinamento probatorio». Secondo il giudice gli arresti domiciliari in via cautelare sono giustificati dal «rischio di reiterazione di reati della stessa specie o di reati contro la pubblica amministrazione in generale».
Per il gip, «L’avere suggerito l’escamotage per utilizzare i fondi residui di bilancio e aver cercato di vincere le resistenze e gli imbarazzi della Falcone con diverse esternazioni, palesano una dimestichezza di condotta gestoria che si traduce, a sua volta, in capacità di reiterazione di analoghi reati». Insieme a questo, sussistono secondo il giudice per le indagini preliminari, i rischi circa la possibilità che l’ex Prefetto modifichi a suo favore «altri documenti acquisibili o condizioni le versioni di persone informate o già sentite a sommarie informazioni dei testimoni» (m.presta@corrierecal.it)
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