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«Le vere emergenze del capoluogo»

di Franco Scrima*

Pubblicato il: 07/01/2020 – 7:28
«Le vere emergenze del capoluogo»

Cosa gradirebbero di più i catanzaresi: eventi come quelli annunciati dal sindaco per la notte di San Silvestro, oppure condizioni igieniche migliori in città?
La raccolta differenziata nel Capoluogo di regione è da sempre considerata una iattura per i cittadini costretti a convivere con il lezzo dei rifiuti che presidiano i marciapiedi insieme ai sacchetti di plastica abbandonati in alcune zone ormai “deputate” a discariche. Realtà che si ripercuotono negativamente sull’impresa che gestisce, a suon di euro, la raccolta differenziata e che coinvolge anche l’amministrazione comunale perché su di essa grava il sospetto di scarsa attenzione per quanto riguarda l’igiene in città. È come se i responsabili politici da una parte e i dirigenti degli uffici dall’altra dimostrassero refrattarietà a mantenere pulito il territorio. Se così fosse, mal si concilierebbe il mandato pubblico con i lavori della commissione consiliare preposta al decoro e all’igiene. Da essa, infatti, dipendono anche la pulizia delle strade e dei marciapiedi, la derattizzazione e la soluzione delle criticità in cui versano i quartieri che, come si può capire, vivono non solo un problema estetico, ma anche ambientale che nuoce alla salute e alla sicurezza. Consentire di tenere in modo stabile sui marciapiedi i contenitori dell’immondizia equivale ad autorizzare tacitamente quegli utenti a non pulire i contenitori e, quindi, a farli puzzare. Se poi si considera che l’esposizione permanente invoglia gli ineducati ed i menefreghisti a depositare di tutto e di più, magari lanciando la busta di plastica piena dal finestrino di una auto in corsa, il quadro non ha bisogno di altri particolari.
Ma i netturbini ci sono ancora a Catanzaro? Oppure sono stati anch’essi “riciclati”? Certo è che strade e marciapiedi sono tenuti sporchi. Piano, piano; giorno dopo giorno, la città perde un pezzo di quell’emblema di città pulita che gli era stato riconosciuto.
È come se il Capoluogo fosse una “città aperta” (questa volta non al nemico occupante in guerra, ma al modo di interpretare l’educazione) dove tutto è possibile, grazie anche ad una vecchia abitudine secondo cui è meglio criticare che assumersi responsabilità. Ecco come può diventare più semplice per un amministratore promettere piuttosto che realizzare. Affermare che «il 2020 sarà l’anno del centro storico», come ha scritto il sindaco nel messaggio di fine anno, è come ammettere che nulla fino ad ora è stato fatto. Probabilmente la preoccupazione di Abramo risente ancora della stanchezza accumulata nell’impegno profuso per ottenere la candidatura alla presidenza della Regione, così da avergli confuso le idee. Ma, visto che il suo nominativo è stato “scartato”, potrebbe anche impegnarsi un po’ di più per fare funzionare i servizi in città. Avrebbe, per esempio, fatto meglio ad addentrarsi in un’analisi della condizione in cui versa Catanzaro nel suo insieme, piuttosto che selezionare Corso Mazzini per comunicare, urbi et orbi, che la città cambierà volto. Probabilmente non ha sufficientemente considerato che i catanzaresi sanno bene che il suo impegno amministrativo è ormai datato e che in città serpeggia una decisa volontà di cambiamento.
Certo, Corso Mazzini è inguardabile. I tempi del “salotto buono” appartengono ormai alla storia. È sotto gli occhi di tutti che gran parte degli esercizi commerciali sono chiusi; che il passeggio serale è ridotto a poche unità; che al bar “Imperiale” l’orchestra Monizza ha finito di suonare l’ultimo refrain decenni orsono; che le automobili violentano quel selciato un tempo vissuto da generazioni di catanzaresi. Persino il flusso automobilistico, nonostante il deserto, è diventato caotico e mal sopportato. E questa non è solo una prerogativa del Corso.
Ma cosa si può pretendere, d’altronde, se per le strade di Catanzaro è difficile imbattersi nei Vigili Urbani, così come un tempo si era abituati a vedere: qualche pattuglia su Corso Mazzini, ma altrove nulla. Si dice che quelli che sono rimasti sono in buona parte negli uffici di via Daniele e altri negli uffici del Comune. Una situazione che non può che determinare precarietà per traffico sempre più caotico. Una per tutte, via Mario Greco. La strada è perennemente occupata dalle auto in sosta e dai fruttivendoli che si ostinano, nonostante le disposizioni igieniche impartite dalle autorità sanitarie, a tenere esposte all’esterno frutta e verdura lasciando che si impregnino bene dei gas di scarico delle automobili e di altre sostanze volatili nocivi per l’uomo. Una realtà considerata una bazzecola perché sembra non interessare a nessuno. E ciò nonostante un’ordinanza sanitaria che impone di evitare l’esposizione fuori dal negozio. Ma non è solo questo a far dire che verso i cittadini e gli studenti delle scuole della zona non c’è la necessaria tutela; anche i pedoni, nonostante via Mario Greco sia sprovvista di marciapiedi (tranne che nella parte bassa) debbono prodursi in slalom per evitare le automobili visto che in alcune parti la sosta, in mancanza di controlli, avviene sia a destra che a sinistra.
Stante questa realtà, la domanda è come possa Abramo lasciarsi andare in previsioni di quel tipo e accreditare che «i lavori pubblici cambieranno il volto e il futuro dell’area più antica, oggi alle prese con un lento declino». Ma a quali lavori di riqualificazione si riferisce il sindaco? Sarebbe il caso che li elencasse subito per evitare le critiche dopo. Constatato lo stato in cui versa Catanzaro, nessuno è disposto a credere sulla parola, men che mai se sono promesse fatte da un politico. Il sindaco, per adesso, si limita a dire che il «progetto di crescita» della città non riguarda solo il centro storico, ma interessa anche il porto di Lido. La lingua, come si vede, batte dove il dente duole! Tutti sanno le vicissitudini del porto di Lido e si sa anche che quello è un quartiere che, quando occorre, sa risponde con i voti di preferenza.
*giornalista

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