di Alessia Truzzolillo
CATANZARO Hanno scelto il rito abbreviato Pino Scalise, 51 anni, Luciano Scalise, 41 anni, Angelo Rotella, 36 anni. Rinviato a giudizio – come chiesto dal pm Elio Romano – Marco Gallo, 34 anni, ritenuto il braccio armato della cosca Scalise e già a processo, con riti separati, per tre omicidi di cui due di stampo mafioso. Si è svolta mercoledì mattina l’udienza preliminare a carico di quattro imputati ritenuti appartenenti a una delle ‘ndrine della montagna, cosiddette perché operanti tra i territori montani del Lametino compresi tra i comuni di Serrastretta, Decollatura, Platania e Soveria Mannelli. Le accuse vanno, a avario titolo, dall’associazione mafiosa, alla violenza privata, al sequestro di persona, omicidio, estorsione e danneggiamento. Per l’abbreviato le discussioni del sostituto procuratore e delle parti civili sono state fissate per il 16 marzo e il 7 aprile.
Il “Gruppo unico della montagna”, secondo le indagini condotte dalla Dda di Catanzaro, fino al 2001 era costituito dai due gruppi Scalise e Mezzatesta con lo scopo di controllare il territorio attraverso, soprattutto, estorsioni e minacce. La faida tra i due gruppi è nata nel 2001 con il tentato omicidio di Pino Scalise. Oggetto della guerra sarebbe stato il controllo dei lavori per la costruzione della strada del Medio Savuto.
Ai vertici della cosca Pino e Luciano Scalise, padre e figlio (inizialmente coadiuvati dall’altro figlio Daniele, ucciso in un agguato), con il ruolo di promotori e organizzatori delle attività illecite. Partecipi della cosca sono considerati Angelo Rotella e Marco Gallo, quest’ultimo col ruolo precipuo di killer. A Gallo sono stati, infatti, contestati, in separati processi, l’omicidio dell’avvocato Francesco Pagliuso e di Gregorio Mezzatesta, commessi, secondo l’accusa per conto della cosca Scalise.
Per quanto riguarda l’omicidio Pagliuso, avvenuto ad agosto 2016, per questa vicenda Pino Scalise è accusato di sequestro di persona e violenza privata in concorso con l’avvocato Antonio Larussa – che sta seguendo un separato procedimento. Per quanto riguarda il sequestro di persona, secondo l’accusa, Pino Scalise nell’estate 2012 ( con l’aiuto di Daniele Scalise, Giovanni Vescio e Francesco Iannazzo, tutti morti in seguito ad agguati di stampo mafioso) avrebbe condotto Francesco Pagliuso, incappucciato, in un bosco nei pressi di Soveria Mannelli costringendolo a restare legato davanti a una buca in attesa di decidere del suo destino. Per quanto riguarda la violenza privata, Pino Scalise – con il concorso morale dell’avvocato Antonio Larussa, in qualità di istigatore – avrebbe imposto a Pagliuso la co-difesa di Daniele Scalise (imputato per truffa davanti al Tribunale di Cosenza) e avrebbe prospettato all’avvocato scarso impegno e una serie di errori nella difesa del figlio. Da qui sarebbe nato il sequestro di persona e l’imposizione di fare ciò che Pino Scalise e i suoi sodali gli imponevano.
OMICIDIO PAGLIUSO Pino e Luciano Scalise sono accusati di essere i mandanti dell’omicidio Pagliuso avvenuto, secondo le ricostruzioni di indagine, per mano di Marco Gallo. Gli Scalise accusavano Pagliuso di avere agevolato la cosca Mezzatesta, sia durante il processo che vedeva Giovanni e Domenico Mezzatesta accusati dell’omicidio di Giovanni Vescio e Francesco Iannazzo, che durante la latitanza di Domenico Mezzatesta, periodo durante il quale era stato ucciso Daniele Scalise.
ESTORSIONI E DANNEGGIAMENTO Luciano Scalise e Angelo Rotella sono accusati di estorsione e danneggiamento ai danni degli imprenditori Burgo per avere incendiato un capannone di proprietà di Giuseppe Burgo (e del fratello Renato con-interessato nell’attività imprenditoriale) e una macchina agricola che si trovava all’interno della struttura. Il danno complessivo è stato calcolato in 150mila euro. Lo scopo era quello di far desistere gli imprenditori dall’avviare l’attività di commercializzazione del cippato, eliminando così dal mercato un serio concorrente.
PARTI CIVILI Si sono costituite parti civili in questo procedimento i familiari di Francesco Pagliuso, i Comuni di Lamezia, Serrastretta, Decollatura, Platania e Soveria Mannelli, l’associazione Antiracket lametina (rappresentata dall’avvocato Carlo Carere) e la camera penale di Lamezia Terme. Nonostante siano stati riconosciuti persone offese, al momento gli imprenditori Giuseppe e Renato Burgo non hanno chiesto la costituzione di parte civile.
Nel collegio difensivo gli avvocati Piero Chiodo, Valerio Vianello Accorretti, Alfredo Gaito, Antonio Larussa, Francesco Siclari. (a.truzzolillo@corrierecal.it)
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