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Meloni: «Noi diversi dalla Lega, ma governeremo insieme. Santelli vincerà, ne sono certa» – VIDEO

La leader di Fratelli d’Italia parla in esclusiva con il Corriere della Calabria delle Regionali e dei riflessi che avranno sul governo nazionale: «Se i cittadini dovessero scegliere il centrodestr…

Pubblicato il: 10/01/2020 – 13:03
Meloni: «Noi diversi dalla Lega, ma governeremo insieme. Santelli vincerà, ne sono certa» – VIDEO

LAMEZIA TERME Il lavoro, la sanità, i nodi politici e la “sfida” con la Lega. Protagonista dell’intervista di oggi, che – realizzata da Danilo Monteleone – andrà in onda questa sera alle 21 su l’altroCorriere Tv (canale 211 del digitale terrestre) nel corso dello Speciale 20.20, è la leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, scesa in campo anche lei per le elezioni regionali del prossimo 26 gennaio a sostegno della coalizione di centrodestra che candida Jole Santelli. Per Meloni un mini tour con una tappa iniziale nella nostra redazione per riassumere e trattare i temi più caldi della campagna elettorale prima del suo comizio a Catanzaro.
Si vota in Calabria e in Emilia: queste elezioni regionali possono avere un riverbero sugli assetti nazionali?
«Io penso assolutamente di sì. Noi, in Calabria come in Emilia Romagna, siamo per parlare dei problemi di queste regioni. In particolare, in Calabria, la distanza tra la realtà che si vive e le potenzialità è una siderale, ma colmabile. Ci sono molte cose che si possono fare con un’amministrazione capace, con un programma chiaro, con competenza. Se anche in queste due regioni, entrambe governate dalla sinistra, i cittadini dovessero votare a gran voce il centrodestra, avendo noi un governo che è frutto di un’alleanza perversa, anche il presidente della Repubblica dovrebbe prendere atto che il paese è da una parte e il “Palazzo” dall’altra».
Ci sono dei dati politici che valgono di per sé, che superano il momento. Il dato storico, in Calabria, è che un partito storicamente nato per il Nord, la Lega, quasi certamente approderà nel consiglio regionale. Si ha però tutta l’idea di una logica politica che riguarda la dimensione nazionale, ma poi nel dibattito scompaiono i temi che riguardano più da vicino il Sud.
«Questo non sono io che lo devo valutare. Lo devono valutare i cittadini che votano ed hanno sempre ragione: se la Lega, che viene da una certa storia, ha fatto una trasformazione così importante da meritare il consenso, è giusto che la Lega ci sia. Io posso parlare per me: vengo dalla destra tradizionale che ha una storia nazionalista e si occupa dei problemi del Paese, quindi anche – da sempre – di quelli del Mezzogiorno. Mi è capitato di dire: noi siamo un partito che difende le ragioni del Sud non in quanto partito meridionalista, ma in quanto partito nazionale. L’Italia, se non investe nello sviluppo del Sud, non può andare da nessuna parte. Lo sviluppo del Sud serve anche al Nord. La dimensione nazionale è la dimensione minima per competere: globalizzazione, grande finanza speculativa non possono esistere senza il grande stato nazionale. Basti vedere il caso della Catalogna in Spagna, finanziato dalla “grande speculazione” che ha interesse a dividere lo Stato che altrimenti sarebbe più grande».
Oggi c’è un’attenzione crescente anche nei confronti di Fdi e Salvini con la sua Lega la marca stretta.
«Penso che il centrodestra non voglia rosicchiarsi i voti. Il mio obiettivo è andare al Governo: della Calabria, dell’Emilia Romagna, della nazione. Voglio un Governo, nel suo complesso, duraturo e per questo c’è bisogno di una sfida con numeri ampi. La vera sfida è accrescere il nostro consenso al di fuori dei confini della coalizione. Quando leggo sulla stampa che “Salvini teme la Meloni”: ci sta che i nostri avversari usino queste strategie per dividerci».
C’è però un dato di fatto: lei interpreta una destra “originale” che ha un profilo volto ad evitare delle scantonate che spesso il suo collega Salvini tende a fare.
«Siamo sicuramente due figure diverse che vengono da sue storie diverse ed hanno due partiti diversi. Siamo molto compatibili sulla visione di fondo, e questo è un bene perché altrimenti non si riesce a governare insieme come dimostrano gli ultimi due governi. A volte abbiamo anche dei profili divergenti, come sul tema dell’autonomia, dove alcune volte abbiamo avuto divisioni, ma per il resto siamo alleati convinti».
Lei ha citato questa provenienza di destra come coerenza nell’appartenenza. Nel bagaglio storico della destra c’è il rispetto per alcuni concetti – vorrei citare “legge e ordine” – che vedono lo Stato tutelare la sicurezza e gli interessi di tutti. Quest’ultimo anno è stato un anno da record rispetto agli ultimi 29, nel numero dei Comuni sciolti per infiltrazioni mafiose. C’è bisogno, per favorire lo sviluppo di queste regioni – solo nell’ultimo anno in Calabria troviamo 8 Comuni sciolti – di incentivare una lotta alla criminalità organizzata?

«Senza dubbio, perché la legalità è una precondizione dello sviluppo dell’economia. Però il punto è, fermo restando che lo Stato dovrebbe essere in guerra permanente con la criminalità organizzata, che non dovrebbero esserci zone grigie, collusioni e tolleranze.
Premesso il lavoro delle forze dell’ordine presenti sul territorio, come dicevano alcuni tra i più grandi combattenti contro la criminalità organizzata, l’unico modo per togliere terreno alla criminalità organizzata è che lo Stato sia più bravo e più efficiente. Dove lo Stato manca, la criminalità organizzata occupa quello spazio facendoti credere di essere più bravo e competente di te, mentre invece ti sta togliendo il futuro, le risorse, i tuoi figli. Abbiamo bisogno di lavoro, infrastrutture, quando qualcuno sbaglia deve andare in galera, conoscenza delle nuove mafie come quella nigeriana, quella cinese, quindi controllo dell’immigrazione clandestina».
Il tema del lavoro è centrale. Alla conclusione delle festività natalizie, qui in Calabria vengono rilanciate queste fotografie delle autostazioni letteralmente stracolme di ragazzi e persone che vanno e le feste assumono tutto un sapore agrodolce rispetto alle famiglie che si separano. In Calabria il lavoro sembra essere un vero e proprio destino o comunque una condizione di esistenza della stessa regione.
«Il punto è che non è un destino che la gente da qui deve andare via. Non è un destino che questa sia una terra dove non si può lavorare con quello che si ha: sono scelte. Io ho avuto il coraggio di dire che il reddito di cittadinanza era una cretinata perché altro non è che il mantenimento “a metadone” dei poveri nella loro condizione di povertà. Ha poi generato un diffuso fenomeno di malcostume allontanando i giovani dal lavoro. La povertà non è la mancanza dei soldi, ma l’impossibilità di migliorare la condizione in cui ti trovi. Il Sud è povero perché incapace di migliorare le sue infrastrutture, di investire. Per non parlare dei “navigator” che altri non sono che disoccupati che vengono assunti con contratto a tempo determinato per trovare a uno che prende il reddito di cittadinanza un contratto a tempo indeterminato. Perché non dovrebbe tenere lui quel contratto una volta trovato?»
Altro tema è quello della sanità. Il Ministero ha dato la fotografia di una lieve crescita dei livelli essenziali di assistenza, ma in questa classifica la Calabria è drammaticamente ultima e distante dal resto del paese. Tema affrontato negli ultimi anni con un commissariamento in contrasto tra governo regionale e nazionale; con un Decreto “Calabria” che doveva servire al Governo per prendere la gestione, ma che non ha prodotto risultati: c’è voluto un anno per nominare i manager della settore sanitario.
«Questo è un tema fondamentale e c’è un lavoro che si può fare. La sanità è legata a una questione di risorse: questa è la regione in cui vengono spese peggio perché se ne vanno risorse enormi per coprire l’emigrazione sanitaria. Queste risorse si tolgono alla sanità calabrese, quindi nel complesso. Il commissariamento non ha funzionato quindi rimane il problema. Fosse per me, sarei per togliere proprio le nomine da parte della politica nella sanità. Ma il punto è che se si investe meglio e i cittadini tornano ad avere fiducia nella sanità regionale, allora si può ripartire».
Da sempre arrivano in Calabria i leader nazionali durante la campagna elettorale e fanno molte promesse, ma l’impressione rimane sempre quella che questa regione sia “figlia di un Dio minore”. Sappiamo che chiunque diventerà governatore, da solo non può farcela ed avrà bisogno dell’appoggio del nazionale. Qual è, in questo senso, l’impegno di Giorgia Meloni affinché la politica nazionale segua le vicende calabresi con più attenzione?
«Io parlo al passato più che al futuro. Non sono persona che si presenta sul territorio in campagna elettorale, ma la realtà calabrese di Fdi è già molto forte, con una rappresentanza parlamentare alla quale tengo anche molto, nella persona di Wanda Ferro, già candidata alla presidenza della Regione. 
Io giro molto l’Italia, che si compone di molti campanili, e mi sono chiesta, all’atto della composizione delle liste, come avrebbero votato nei territori. Io voglio che vangano poi portate in Regione le istanze dei diversi territori. Dopodiché speso che si possa votare per le politiche dopo la vittoria di Jole Santelli, di cui sono certa. Così ci sarà una visione comune nel centrare gli stessi obiettivi sia a livello regionale che nazionale».
Si sta discutendo in questi giorni di politica estera e della nuova legge elettorale, il “Germanicum”.
«Comunque vada, questo Governo deve andarsi a nascondere. L’Italia ha migliaia di soldati schierati a cui nessuno dice cosa fare. Questo perché la maggioranza di governo si vede per parlare della nuova legge elettorale e ridarci il proporzionale che è l’unica legge che non può dare un governo all’Italia, quindi vogliono fare un nuovo governo d’inciucio per evitare che siano gli italiani a scegliere i loro rappresentanti».
https://www.youtube.com/watch?v=1Ps8ZSYOfzE

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