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Il piano (fallito) per aggiustare con 100mila euro una sentenza contro il clan Gallelli

Le accuse della Procura di Salerno all’avvocato Francesco Saraco. Si sarebbe mosso per evitare la condanna del padre e addolcire quella di un boss. Il coinvolgimento di Tursi Prato e le promesse a …

Pubblicato il: 15/01/2020 – 14:06
Il piano (fallito) per aggiustare con 100mila euro una sentenza contro il clan Gallelli

CATANZARO «Compa’, a me domani mi accreditano 3.500 euro… 3mila euro… e poi dopodomani mi vedo con lui che faccio il regalo. La macchina dobbiamo comprarla metà per uno». L’ex dirigente dell’Asp di Cosenza Emilio Santoro va per le spicce. Nello studio di Francesco Saraco, avvocato del foro di Locri arrestato (così come Santoro) nell’operazione della Procura di Salerno che ha portato in carcere anche Marco Petrini, magistrato della Corte d’Appello di Catanzaro, si discute di una causa alla quale il legale tiene molto perché riguarda suo padre Antonio. Si tratta del processo di Appello “Itaca Free Boat”. Oltre alla posizione di Saraco, secondo l’accusa le attenzioni sarebbero riservate anche a quella di Maurizio Gallelli, destinatario di una pesante condanna in primo grado. Dopo l’annullamento da parte della Corte di Cassazione, il processo torna in Appello. Ed entra in gioco il peso di Petrini, presidente di sezione che si offre di aggiustare le pronunce. Il tentativo di Santoro e Faraco fallirà, ma – per i magistrati campani – rappresenta bene il modus operandi del gruppo.
«Mi ha detto – dice Santoro riferendosi a una conversazione con Petrini – “Mario è un processo che farò io questo… dalla Cassazione torna indietro». Il prezzo per sistemare tutto è, appunto, una macchina. Ma c’è anche la «corresponsione di somme di denaro a cadenza mensile». «Compa’ – parla ancora Santoro – dopodomani mi devo incontrare con lui che gli debbo regalare (incomprensibile) quando gli do la bu… 1.500 euro al mese, sono due mesi, io gli pago il mese… a Milano… a Milano gli pago il mese: 1.500 euro sono due mesi e dopodomani glieli porto».
Non c’è soltanto l’intervento per il ripristino del vitalizio a Pino Tursi Prato nelle carte dell’inchiesta di Salerno. C’è il tentativo di addomesticare altre sentenze. Tra i portatori di interesse c’è, appunto l’avvocato Saraco, che «agiva a tutela degli interessi patrimoniali della propria famiglia, che erano stati fortemente pregiudicati da un provvedimento di sequestro e conseguente confisca reso dal Tribunale di Catanzaro». Per i giudici, Antonio Saraco (padre del legale) appartiene alla cosca di ‘ndrangheta “Gallace-Gallelli-Saraco”, attiva a Guardavalle, Badolato e su tutta la fascia del Basso Jonio catanzarese. Lo schema attraverso il quale si cerca di raggiungere l’obiettivo è simile a quello individuato per aiutare l’ex consigliere regionale. Santoro e Luigi Falzetta (altro soggetto arrestato) sono i «punti di riferimento sul territorio e nell’ambiente del Foro di Catanzaro per quanti avessero delle controversie in corso». Si propongono, pur essendo «del tutto estranei all’amministrazione giudiziaria», di trovare soluzioni, potendo contare sul supporto del presidente Petrini.
In questo caso, Saraco si muove per «ottenere, nel grado d’appello, una sentenza di assoluzione» per suo padre e «di riforma del pronunciamento del giudice di primo grado per Gallelli». Nel tentativo di corruzione, assume un ruolo anche Pino Tursi Prato, che viene «espressamente interpellato da Francesco Saraco e dallo stesso Saraco munito di un assegno, dell’importo di 100mila euro, da mostrare ai suoi futuri interlocutori». L’obiettivo, secondo quanto riportato nell’ordinanza di custodia cautelare, «era quello di “raggiungere” la presidente del collegio giudicante cui era stato assegnato il procedimento – dottoressa De Franco – utilizzando quale tramite il marito del magistrato, Lorenzo Catizone». De Franco non è indagata nel procedimento, a differenza di Catizone, avvocato noto per essere uno dei consulenti assunti dalla giunta regionale nell’ultimo quinquennio.
Il piano di Saraco, tuttavia, non va in porto, visto che la Corte d’Appello di Catanzaro, il 17 luglio 2019, ha confermato le sentenze di condanna del giudice di primo grado nei confronti di Antonio Saraco e Maurizio Gallelli. (ppp)

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