Ai soliti Monopoli, Gioco dell’Oca e Risiko si è aggiunto, da un anno a questa parte, un macabro passatempo. Il titolo è «Radere al suolo la Calabria». Primitiva autrice: la già ministra della Sanità, Giulia Grillo, cui si è aggiunto quello attuale, Roberto Speranza, dal quale francamente i calabresi si aspettavano ben altro.
UN’ASSISTENZA SANITARIA DA SEVIZIE
Con il D.L. 35/2019 e con la sua legge di conversione (n. 60/2019) si è continuato ad esercitare il sadismo governativo verso la Calabria, una regione da primato negativo assoluto. Non solo. È stata eretta a laboratorio dei peggiori esperimenti. Del tipo come quelli che si è stati abituati a vedere come siti bonificati dagli eroi buoni della cinematografia al fine di evitare che i cattivi (Goldfinger & Co.) mettessero in pratica i loro intenti distruttivi di massa. Un evento legislativo, quello voluto a tutto i costi dal ministro pentastellato, che potrebbe ben figurare nel canale «Fox Crime», non fosse altro come «mandante» dei «delitti» contro la Costituzione che esso causa in Calabria alla povera gente. A quella che non ha modo di guadagnarsi in tempo utile un esame diagnostico, soprattutto per immagini, una visita specialistica o un ricovero se non attraverso umilianti intercessioni tipiche delle più becere sudditanze asiaticheDunque, un bel grazie al M5S e ai suoi partner dei due ultimi governi per avere, rispettivamente, elaborato e prodotto un provvedimento legislativo monstre e per mantenerlo ancora in essere, nonostante le grida autocritiche di alcuni parlamentari calabresi, peraltro facenti parte della maggioranza governativa, che ne hanno più volte chiesto quantomeno una radicale modifica.
Una abrogazione parziale o totale negata, con la conseguenza di lasciare in vita lo strumento normativo al fine di incrementare i danni!
E ancora. Per essersi resi responsabili delle attuali nomine – peraltro perfezionate con nove mesi di ritardo lasciando le aziende della salute calabresi senza governance e dunque allo sbando assoluto – che non stanno affatto offrendo una buona immagine.
Tante, infatti, le «gaffe» burocratiche e le prove dell’inadeguatezza, quasi da costituire la c.d. prova del nove che della Calabria non interessa ad alcuno.
LE PROVE DELL’INEFFICIENZA E I TENTATIVI DI PEGGIORAMENTO
L’ultimo degli atti «impuri» è stata la determina n. 15 dell’appena 17 gennaio scorso (che si allega per costituire l’esempio di ciò che non si dovrebbe mai fare!) – uscita dal cilindro della neo-commissaria straordinaria preposta all’Asp di Cosenza, la più grande della Calabria (750 mila residenti per oltre un milione di quota di riparto) – con oggetto “Costituzione Segreteria Ufficio del Commissario”.
Un atto che, per la scelta della relativa tipologia dell’atto e per il suo contenuto, fa rabbrividire. Un commissario straordinario nominato dal commissario ad acta di una Regione straordinaria, nel senso che non riesce a garantire una ordinaria assistenza, la prima cosa della quale si preoccupa è quella di costituire la propria segreteria accedendo all’esterno e nominando un commercialista e una avvocato. Due professionisti «i cui profili sono stati selezionati (da dove?) intuitu personae», nei cui confronti saranno poi, con successivi provvedimenti della medesima specie, definiti i termini dell’attività da svolgere e le relative retribuzioni. Insomma, un record in meno di 5 cm² di carta: si battono i tempi di velocità e si offendono i principi della trasparenza, della ragionevolezza, dell’evidenza pubblica, dell’obbligo di comparazione delle eventuali offerte, del buon andamento e dell’imparzialità.
Un altro episodio, che ha creato nell’ambito tecnico, qualche sconcerto, è rappresentato dalla dichiarazione resa ad una tv locale dal commissario straordinario duplex Giuseppe Zuccatelli incaricato di procedere alla integrazione (un istituto sconosciuto in diritto!) delle due aziende ospedaliere catanzaresi di cui una universitaria con un cachet inusuale per entità. Lo specialista in integrazioni tra aziende (così è stato definito!), piuttosto che rappresentare i percorsi necessari a perfezionare la fusione – che dovranno essere legislativo-regolamentari – si limita a definirsi «ottimista di potere determinare quelle condizioni per l’integrazione che ovviamente non si fanno dalla sera alla mattina». Quanto alla procedura che dovrà essere assolta ha ribadito che «è necessario conoscere i contesti ma soprattutto non si può prescindere da una convinzione di tutti i professionisti a sviluppare queste attività».
Praticamente il nulla assoluto che non giustifica affatto il mancato ricorso ad uno dei (pochi) bravi manager calabresi, magari assistito a valori economici ordinari da un professionista rinvenibile negli albi di avvocati e/o commercialisti. Un evento, peraltro, non affatto nuovo in Calabria, atteso che un siffatto genere di procedura è già stata bene eseguita nella nostra regione nella presidenza Loiero, con difficoltà ovviamente più estreme rispetto alla fusione di due aziende ospedaliere, aggregando le allora undici Asl nelle attuali cinque Asp, facendo esclusivamente ricorso a dirigenti peraltro ancora in servizio e a quattro stagisti universitari.
Ma si sa, ogni occasione è buona per denigrare la Calabria e impedire alla stessa di crescere con l’impegno professionale dei tantissimi tecnici calabresi.
IL PEGGIORE ESECUTIVO PER LE SORTI DELLA CALABRIA
Da qui, la ulteriore prova dell’inidoneità di un Governo – tale è da considerarsi rispetto al criticato atteggiamento nella sua continuità non politica ma presidenziale (quelli Conte) – che si è dimostrato per la Calabria della salute forse peggio di quelli che lo hanno preceduto. Ciò in quanto ha tentato vanamente di riformare l’andamento del fallito commissariamento ad acta e, sbagliando, non avuto la capacità, sia politica che tecnica, di ritornare sui propri passi. Così facendo ha messo le basi per peggiorare all’infinito il sistema sanitario calabrese, dimostrando peraltro una assoluta inadeguatezza nella determinazione delle nomine occorrenti e una subordinazione nei confronti della alta burocrazia ministeriale, da sempre in possesso della «licenza di uccidere», per adattarsi al gergo di James Bond, per essere in possesso di quelle conoscenze che la politica non è capace di capitalizzare nei propri rappresentanti.
*docente Unical
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