REGGIO CALABRIA Malore durante la cerimonia di apertura dell’anno giudiziario a Reggio Calabria per il presidente della Corte d’Appello, Luciano Gerardis. Il magistrato, che dopo i primi soccorsi è comunque apparso vigile, si è accasciato al suolo mentre stava leggendo la relazione. Subito è intervenuto il medico in servizio nella scuola allievi carabinieri dove si sta svolgendo la cerimonia che è stata interrotta. Il presidente Gerardis, dopo i primi soccorsi, si è ripreso ed ha voluto rientrare in sala dove però ha accusato un nuovo malore ed è stato portato in ospedale. Anche in questa circostanza il magistrato si è mantenuto vigile. Il magistrato, che dopo i controlli medici successivi al precedente malore aveva fermamente voluto fare rientro in aula, si è nuovamente sentito male mentre assisteva al prosieguo della cerimonia. Anche in questa circostanza è intervenuto il medico in servizio alla caserma allievi carabinieri “Fava e Garofalo”, dove si sta svolgendo la cerimonia, che ne ha disposto l’immediato ricovero in ospedale.
La cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario, che ha subito una nuova interruzione ed è poi ripresa con l’intervento del Procuratore generale Bernardo Petralia, si è poi conclusa con largo anticipo rispetto al programma previsto. La cerimonia per l’inaugurazione dell’anno giudiziario è ricominciata ed il discorso del presidente è stato completato dal magistrato Roberto Lucisano, presidente di sezione della Corte d’appello. Prima di accasciarsi per il malore, il presidente aveva letto la sua relazione che segnalava i limiti strutturali e di organico che caratterizzano la situazione reggina.
I RITARDI NELLA SEDE «Permane il rammarico di non poter ancora utilizzare la nostra sede a seguito delle difficoltà insorte tra Amministrazione comunale e impresa aggiudicataria dei lavori per la realizzazione del nuovo palazzo di giustizia». Aveva affermato il presidente della Corte d’Appello di Reggio Calabria, Luciano Gerardis, nel corso del suo discorso alla cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario. «Tutti i lavori – ha aggiunto – riguardanti i nostri edifici, poi, continuano a non avere la pronta risposta che pure meriterebbe la diuturna attività della conferenza permanente, l’organo distrettuale costituito con poteri consultivi presso la Corte di Appello per la gestione degli immobili adibiti a sedi giudiziarie. Il perdurare della mancata assegnazione al suddetto organismo di profili tecnici di supporto, pur previsti dalla recente normativa, e procedure spesso farraginose determinano defatiganti lungaggini per il necessario ricorso a soggetti esterni all’amministrazione giudiziaria, i cui tempi operativi esasperano spesso problemi che richiederebbero invece pronta soluzione per la sicurezza degli operatori e degli utenti ancor prima che per il decoro dei locali».
Il presidente Gerardis ha ricordato quanto accade al Cedir, sede del Tribunale e della Procura della Repubblica «dove per il ritardo nell’adattamento di altro palazzo confiscato alla ‘ndrangheta e destinato ad archivi, solo da pochissimi tempo si è faticosamente avviato a soluzione il trasferimento di faldoni che da anni ingombrano i corridoi con il rischio di ostacolare in casi di emergenza la rapida evacuazione degli ambienti; e dove continuano a non funzionare adeguatamente il riscaldamento ed il condizionamento dell’aria».
«Non senza sforzi – ha proseguito Gerardis – si cerca di portare avanti il restauro ed il rinnovamento del palazzo di piazza Castello, sede della Corte d’Appello; le indispensabili riparazioni degli edifici utilizzati dal Tribunale di Sorveglianza e da quello per i minorenni; la realizzazione del nuovo palazzo di giustizia di Locri. Opere tutte che, quando finalmente ultimate, potrebbero offrire anche visivamente l’idea di una giustizia di servizio, curata ed accogliente, superando l’immagine di palazzi scarsamente funzionali e per nulla ospitali».
POCHI MAGISTRATI «I nostri problemi sono così pressanti che è palpabile una diffusa preoccupazione tra i magistrati». Lo ha affermato il presidente della Corte d’Appello di Reggio Calabria, Luciano Gerardis, nel corso del suo discorso alla cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario. «Non per caso – ha aggiunto Gerardis – ieri si è anteposta alla preinaugurazione un’iniziativa congiunta tra organi giudiziari ed Anm, che hanno voluto lanciare un grido d’allarme sull’insostenibilità dell’attuale situazione». «Qui – ha proseguito il presidente della Corte d’Appello – i nostri intendimenti, le nostre stesse attività inciampano spesso in una cruda realtà fatta di assenze o intempestività delle risposte altrui, ascrivibili anche a burocratismi ed a resistenze varie. Di anno in anno pertanto non cambiano i problemi da risolvere, che rischiano anzi di aggravarsi quando manchi o ritardi il concorso di tutti gli altri interessati».
«SOCIETÀ DETURPATA DALLA ‘NDRANGHETA» «Il biglietto da visita che presentiamo all’esterno è quello non della città “bella e gentile” che vorremmo, ma di una società profondamente deturpata dalla presenza ‘ndranghetista». Lo ha affermato il presidente della Corte d’Appello di Reggio Calabria, Luciano Gerardis, nel corso del suo discorso alla cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario. Le bellezze naturali «non compensano in alcun modo un ambiente opaco che, malgrado tutti gli sforzi, non riesce a liberarsi dal cancro mafioso ma neppure a porre netti e ben distinguibili confini tra l’integro e il marcio, eliminando quelle zone ibride dove si mescola il puro con l’impuro. Il magistrato estraneo a questa anomala dimensione avverte tutta la preoccupazione di salvaguardare la propria immagine, evitando rischi di indebite compromissioni. E finisce per imporsi un isolamento dal contesto sociale che certo non gli agevola la vita quotidiana».
Secondo Gerardis è innegabile che questa sia «l’immagine sfregiata che Reggio Calabria offre di se’, malgrado tutto quanto di positivo si riesca a creare», così come è incontestabile che «ancora non si siano eliminate commistioni tra ambienti malavitosi ed appartenenti ad istituzioni, ordini professionali, mondo economico e potere politico, e ciò dà l’idea di una poltiglia vischiosa che tutto contamina». «La giusta esigenza – spiega il presidente Gerardis – di essere ed apparire imparziali importa che ci si debba tenere lontani da centri di potere inquinanti, non frequentare soggetti di dubbia fama, non partecipare ad aggregazioni la cui appartenenza puo’ dare anche l’impressione d’inammissibile perdita di trasparenza, indipendenza e terzietà. Non puo’ invece significare che si debbano recidere i rapporti con la società, con cui va mantenuto un costante dialogo. Dialogo, pero’, non monologo. Cio’ significa che dobbiamo avere l’umiltà di ascoltare esigenze e percezioni della gente comune. E non dobbiamo avere paura di confrontarci quotidianamente con gli altri, limitando i rapporti a ristrette cerchie di addetti ai lavori». «Abbiamo necessità di questi contatti – osserva Gerardis – per capire meglio la realtà in cui siamo immersi e che dobbiamo giudicare, e per non tornare a chiuderci in quei fortini che ci hanno posto in un pericoloso isolamento».
PETRALIA: «CREATA UNA TASK FORCE PER LA CACCIA AI LATITANTI» «I latitanti in carico alla Procura Generale sono 122 e per i più pericolosi e per fatti di criminalità organizzata è stata costituita in ufficio una task force di sostituti procuratori generali coordinata dall’avvocato generale che cura le deleghe alla polizia giudiziaria e i relativi aggiornamenti». Lo ha affermato il procuratore generale presso la Corte d’Appello di Reggio Calabria, Bernardo Petralia, nel corso del suo discorso alla cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario. «Tra questi ultimi – ha aggiunto Petralia – figura il noto Rocco Morabito da Africo (inteso “u tamunga”), in vetta alla classifica dei latitanti più pericolosi d’Italia, cui fa carico una condanna a 30 anni di carcere, arrestato in Uruguay nel 2017 ed evaso dalle carceri del luogo il 24 giugno 2019 non a caso al culmine della procedura di estradizione condotta da questo ufficio, assai verosimilmente grazie all’interessamento di esponenti di alcune tra le più agguerrite e opulente cosche della Locride».
BOMBARDIERI: «RIPRESO IL TRAFFICO DI DROGA DA GIOIA» «Per quanto riguarda gli affari della ‘ndrangheta nel mercato degli stupefacenti, in linea con l’analisi della Dcsa, che ha rilevato negli ultimissimi anni un aumento dei relativi traffici, anche in ragione della maggiore attenzione investigativa nella repressione degli illeciti legati agli appalti pubblici, si puo’ affermare la ripresa dei traffici che transitano per il Porto di Gioia Tauro». Lo si legge nella relazione del procuratore distrettuale di Reggio Calabria, Giovanni Bombardieri, per la cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario presso la scuola allievi carabinieri. «Dopo un calo di sequestri di stupefacenti nell’area del Porto nel 2018 – scrive Bombardieri – si è assistito ad una costante ripresa degli stessi negli ultimi mesi. Tra la fine del 2018 e i primi sei mesi del 2019 si è assistito ad una forte ripresa dei sequestri nel Porto di Gioia Tauro». Dal primo luglio 2018 al 30 giugno 2019, infatti, i sequestri di cocaina eseguiti dalla Guardia di Finanza nel Porto di Gioia Tauro ammontano a un totale di 1.017,267 kg.
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