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«Il “mercatino delle pulci” all’ombra di Palazzo de Nobili»

di Franco Scrima*

Pubblicato il: 03/02/2020 – 10:57
«Il “mercatino delle pulci” all’ombra di Palazzo de Nobili»

L’hanno chiamata “verifica politica” mascherandola con lo scandalo “gettonopoli”, ma in effetti si trattava della più scandalosa crisi che abbia investito il Comune di Catanzaro, e che è stata messa a tacere grazie all’intervento dei maggiorenti locali di Forza Italia. Domenico Tallini e Claudio Parente sono intervenuti in zona Cesarini, riuscendo a convincere il sindaco a rimanere fermo sulla vecchia strada senza colpi di testa.
Ma una cosa è la rimessa su strada della macchina di Fratelli d’Italia alla quale tra breve nessuno penserà più, altra cosa è il tentativo di Abramo di preferire la Lega di Salvini pur di restare in sella per i prossimi anni.
Ma andiamo con ordine: Il sindaco Abramo, fresco di una “infatuazione” per Salvini, decide di abbandonare Forza Italia, cosa che gli avrebbe consentito di approdare in Consiglio regionale senza averne diritto ma con un “atto di richiamo” che gli avrebbe fatto Matteo Salvini.
Cambiavano i colori ma il paesaggio sarebbe stato sempre lo stesso! Il giorno dopo le elezioni regionali in Calabria si era avuta la sensazione che fosse mutato poco o nulla. Bisogna, dunque, aspettare per capire se il vento che spirava dal Nord fosse portatore di una nuova proposta per Catanzaro o se a cambiare erano soltanto le comparse. Di certo c’era e c’è il fatto che il territorio è destinato a rimanere nelle medesime condizioni di sottosviluppo nelle quali era stato colpevolmente tenuto. Oggi, a bocce ferme, si capisce che a Catanzaro non c’è entusiasmo per come si sono espressi gli elettori. Permane una sensazione di delusione soprattutto a causa dei voti dati alla Lega, anche se inferiori a quelli che il Carroccio aveva ottenuto otto mesi prima, quando si è votato per le Europee; comunque anche allora eccessivi per un movimento che, per 25 anni, ha rivolto insulti di ogni tipo ai calabresi. Quel 12,18 % di elettori che ha votato Salvini rappresentava uno schiaffo alla tradizione culturale e politica di questa città. È proprio il destinatario che irrita; i calabresi non riescono a dimenticare gli insulti lanciati da Salvini contro la Calabria. Ricordate cosa diceva? «Sono troppo distanti dalla nostra impostazione culturale, dallo stile di vita e dalla mentalità del Nord. Non abbiamo alcuna cosa in comune. Siamo lontani anni luce».
Per un uomo così fatto a nulla serviva l’accoglienza che gli è stata riservata in Calabria. Ma non è certamente questa la sola riflessione che lo riguarda; l’altra è il presunto accordo che si dice sia intercorso tra il sindaco e il “sovranista”. Abramo, ritenendosi verosimilmente più fuori che dentro Forza Italia, ha spinto per strappare a Salvini una promessa che non si sarebbe fatta attendere. Una “maturazione” che Abramo ha fatto sperando di concretizzare il percorso che gli avrebbe assicurato un altro incarico con relativo stipendio (questo più robusto del precedente). Si vuole che Salvini gli abbia promesso di coinvolgerlo nella squadra di governo della Regione, riservandogli un posto da assessore o addirittura da vicepresidente della Giunta. Quest’ultimo a condizione che fosse d’accordo l’ex capo della Coldiretti calabrese, cultore della lingua italiana, Pietro Molinaro, eletto con la Lega con 5.600 preferenze. La strada, comunque, sarebbe stata percorribile e sarebbe stato lo stesso Abramo a suggerire come; a lui interessava poco tenere ancora sotto stress il Consiglio comunale e pertanto aspettava gli eventi, noncurante di causare un terremoto nel sistema. Intanto Abramo aveva mandato in avanscoperta due suoi fedelissimi: il capogruppo di Forza Italia a Palazzo Santa Chiara, Luigi Levato e la consigliera Francesca Carlotta Celi che, per come adesso si sono sviluppate le cose, sono rimasti senza arte e né parte.
Ecco come vanno le cose nella politica nostrana. Scongiurata l’ipotesi di un Abramo sovranista, che magari si sarebbe recato a Pontida per unirsi al coro leghista: “meridionali sanguisughe”. L’operazione, al di là di come si è concluso, riporta in mente che sarebbe stato più un “accordo commerciale” che una “scelta ideologica”. L’emblema era di un’operazione di basso profilo che lasciava pensare ad una intesa affaristica, soprattutto se si considera che una maturazione ideologica che presupponeva un cambio di partito ha bisogno di un percorso diverso e non un gesto da “mercatino del sabato”.
La vicenda politica, che ha rivoluzionato il sistema di Palazzo Santa Chiara nell’indifferenza dei catanzaresi, è stata motivo di valutazioni politiche. È come se nei partiti fosse venuta meno l’identificazione, la diversità tra gli schieramenti, così da farli apparire tutti uguali. È un elemento che concorre a tenere lontani dalle urne un numero crescente di elettori. Una condizione che può determinare l’ampliarsi di un processo involutivo che può riguardare tutti i partiti, compreso l’ultimo nato, quel Movimento 5 Stelle che, pur cavalcando l’antipolitica, dimostra di avere quasi rinunciato alle lotte ideali che erano l’essenza della sua proposta.
*giornalista

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