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«La prima sfida per Santelli: amministrare la sanità»

di Ettore Jorio*

Pubblicato il: 03/02/2020 – 13:12
«La prima sfida per Santelli: amministrare la sanità»

In occasione delle appena trascorse elezioni regionali – di Emilia-Romagna soprattutto – si è tanto discusso sulla ricaduta dell’esito delle stesse sulla tenuta del governo giallorosso. Con essa, sul valore dell’anzidetta competizione politica sulla credibilità del Paese e sulle conseguenze dei risultati determinabili sul mercato. Molto interessante, al riguardo, è stata l’analisi di Alessandro Graziani su IlSole24Ore del 22 gennaio scorso sulle considerazioni esplicitate sul sistema Italia dal gotha del sistema bancario internazionale.
Il saldo elettorale
Stefano Bonaccini ha vinto. Di conseguenza, non si sono registrate sino ad oggi alcune conseguenze politiche, se non una naturale flessione del listino a causa dello scivolone di una componente (il M5S) del governo Conte-bis, in crisi di governance e di risultato elettorale.
Della Calabria – anch’essa impegnata al voto regionale – non è fregato ad alcuno. Il tutto secondo copione! Il prima, il durante e il dopo elezioni si sono caratterizzati per il comune reale disinteresse e disimpegno a risolvere concretamente i problemi dei calabresi, afflitti dalla non esigibilità dei diritti fondamentali. Piuttosto che ragionare sul da farsi «per cambiare il mondo» (a cominciare dal modo di approcciare al governo della Regione), si è fatta moina. Ciò a fronte di un risultato più che scontato, garantito dall’alternanza che rappresenta la costante in Calabria solo perché il successivo non è mai stato preceduto da un governo affatto meritorio di essere confermato.
Tutti si sono girati dall’altra parte
Insomma, nessuno – tra i leader dell’area governativa nazionale scesi in Calabria a fare le solite «scampagnate» senza mettere il dito nella piaga oramai in cancrena di una sanità che non esiste – ha messo in discussione il D.L. salva-Calabria, a tal punto da impegnarsi per abrogarlo o quantomeno per emendarlo e, dunque, per trasformarlo da strumento quasi omicidiario, perché distruttivo anche di quel po’ di organizzazione che residuava, a veicolo riformatore.
La montagna difficile da scalare
L’augurio dei calabresi è che la nuova Presidente e la legislatura regionale appena iniziata offrano loro l’opportunità di godere di una assistenza adeguata.
Tanti i problemi cui dovere assicurare una soluzione, immediatamente.
Il management venuto a determinarsi in Calabria a seguito dell’entrata in vigore del decreto Grillo è di una precarietà assoluta. Anche quello commissariale governativo sta scadendo giorno dopo giorno. Le aziende, fatte le dovute eccezioni, sono state messe in mano a neofiti, a sedicenti esperti, a commissari prefettizi che di sanità non sanno nulla. Che di soddisfacimento del fabbisogno epidemiologico non sanno neppure cosa sia. Che non conoscono la Calabria e i calabresi, salvo offenderli quotidianamente con atti amministrativi, che a definirli impropri è da inguaribili generosi, e con comportamenti che impediscono il sano e doveroso confronto con le parti in gioco.
La definizione cui fare riferimento esclusivo
Amministrare sanità significa soprattutto conoscere «il nemico» da sconfiggere, in Calabria pericoloso e multi-facciale: inconsistenza strutturale, corruzione, organici decimati da politiche occupazionali improvvisate, mancata programmazione della formazione universitaria, dirigenza molto spesso inadeguata, complicità trasversali, connivenza dell’offerta con gli attori che hanno rappresentato la domanda della erogazione privata. Su tutto i limiti della povertà in continuo incremento, delle famiglie che hanno perso la pluralità, la vecchiaia che caratterizza la maggioranza della popolazione e una orografia che spaventerebbe chi non la conosce e rende difficile tutto a chi ci vive.
Gli handicap sono peggio di quelli che erano in uso nel Totip
A fronte di tutto questo, un «plotone di inesperti» con cachet da nababbi, advisor senza fare nulla a 3/5 milioni di euro annui e una sconsiderata delega alla Agenas che – da ente destinato nel 2014 a scomparire per inadeguatezza e improduttività – sta occupando le Asp e le Ao non si capisce neppure per fare cosa. I compiti di quest’ultima (l’Agenas)? Pressoché inventati per giustificare la retribuzione plurimilionaria.
Le illogicità? Tante, tra le quali quella di scrivere gli atti aziendali. Ciò senza sapere alcunché della Calabria, dei calabresi e delle aziende di riferimento specifico. Peggio di come si è fatto sempre a sua cura allorquando ha imposto la chiusura di presidi ospedalieri, sensibili sull’assistenza dei luoghi interessati, sulla base della carta geografica, peraltro a bassa scala e politica, quindi senza indicazione di fiumi e laghi, ma soprattutto senza i monti che rendono difficile dalle nostre parti la circolazione.
Insomma, una Agenas in pianta stabile in Calabria senza giustificato motivo – se non quello di giustificare una sua esistenza in vita e una corresponsione in suo favore di 6 milioni di euro in pochi mesi – che impiega anonime figure «dirigenziali» arruolate in tutta Italia delle quali sarebbe utile conoscere i curricula. Con l’aggravante, tra l’altro, di mettere da parte i dirigenti capaci di casa nostra e tanti giovani ovunque considerati esperti sui singoli temi necessari per la rinascita.

*docente Unical

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