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Nutella made in Calabria? «No grazie»

Il Consorzio per la Valorizzazione e la Tutela Nocciola: «Le nocciole sarebbero trasformate fuori in un meccanismo che non produrrà occupazione, relegandoci ad essere non imprenditori ma coloni»

Pubblicato il: 03/02/2020 – 15:27
Nutella made in Calabria? «No grazie»

CATANZARO La Nutella made in Calabria? «No, grazie». Il Consorzio per la Valorizzazione e la Tutela Nocciola di Calabria dice no alla Ferrero, adducendo tutta una serie di motivazioni.
«Da giorni, sia sugli organi di stampa che sui social media – affermano dal Consorzio – ha trovato largo spazio ed amplissima diffusione la notizia circa l’arrivo “salvifico” in Calabria della Ferrero, multinazionale che, questa la narrazione, determinerebbe la rinascita ed il rilancio della filiera corilicola calabrese. Nell’entusiasmo con cui viene raccontata questa notizia c’è, evidentemente, una condivisibile speranza di riscatto alimentata però da una superficiale conoscenza dei luoghi, della produzione, della filiera, delle strategie di sviluppo già messe in atto e perseguite con determinazione e fatica».
Il Consorzio della Nocciola Tonda calabrese è stato contattato tre anni fa dalla Ferrero che si apprestava a lanciare il progetto Nocciola Italia «ed abbiamo risposto no». Perché «in primo luogo la qualità della pianta, i nostri alberi, che ci donano la “Tonda Calabrese”, non hanno le caratteristiche per una produzione ben più intensiva; per gli obiettivi della Ferrero di fatto non basterebbe l’intero territorio vocato alla produzione e ricompreso tra i Comuni di Cardinale, Torre di Ruggiero e Simbario. Qui una storia produttiva che parte dal Regno delle Due Sicilie ha disegnato il territorio e consentito il raggiungimento di una qualità riconosciuta ormai a livello nazionale ed internazionale; il progetto della multinazionale invece richiederebbe grandi distese, una qualità ridotta a fronte di una quantità che sarebbe invece enormemente superiore».
Secondo il Consorzio, ancora, «le nocciole sarebbero poi trasformate fuori», attraverso un un meccanismo «che conosciamo, che non ha prodotto e non produrrà occupazione relegandoci ad essere non imprenditori ma “coloni” di una logica che non condividiamo».
«La scelta che abbiamo fatto e perseguiamo passo dopo passo – prosegue la nota del Consorzio per la Valorizzazione e la Tutela Nocciola – è invece quella della qualità e di una trasformazione del prodotto che deve avvenire qui, consentendo alle imprese di strutturarsi ed ai territori di mantenere la propria identità. I prodotti globalizzati richiedono grandi quantità e le importazioni hanno ad oggetto nocciole che non sono il massimo sotto il profilo della qualità e, a nostro avviso, anche della sicurezza alimentare al punto che ci auguriamo controlli più numerosi ed incisivi. Noi, come Consorzio di Tutela, abbiamo un sogno che, per fortuna, si sta lentamente trasformando in realtà. Abbiamo deciso di puntare sul piccolo imprenditore che intende diventare grande attraverso la qualità del proprio prodotto».
E così, in linea con quanto sta accadendo in altre regioni, «abbiamo scelto di associare alla nocciola i territori, con la loro identità e la loro storia; oggi la logica che produce profitto per i territori ed occupazione per i calabresi è quella che guarda si al consumatore ma lo qualifica al tempo stesso come turista/ospite. Vogliamo collegare la nostra nocciola ai borghi, ai territori rurali, all’offerta di prodotti, servizi, ristorazione, ospitalità, esperienze all’interno di sistemi più ricchi e complessi che valorizzino comunità e territori. Ecco perché, ad esempio, chiediamo da tempo al Ministro Bellanova la convocazione del Tavolo corilicolo nazionale e condividiamo per intero le valutazioni espresse del presidente nazionale “Città della nocciola” Rosario d’Accunto, che sottolinea come la corilicoltura italiana non possa e non debba essere abbandonata alle scelte delle multinazionali».

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