di Alessia Truzzolillo
CATANZARO Emilio Santoro, il “faccendiere” che faceva da cerniera per “aggiustare” le sentenze attraverso il presidente della seconda sezione della Corte d’Assise d’Appello di Catanzaro, collabora con i magistrati della Dda di Salerno, responsabili per i reati contestati ai giudici calabresi.
Nelle 266 pagine di interrogatorio reso al procuratore capo facente funzioni di Salerno, Luca Masini, gli omissis sono parecchi ma quello che si legge, o traspare, rischia di scoperchiare un pentolone rovente sulla magistratura e sul “sistema” che imperava a Catanzaro. Nelle parti secretate Santoro avrebbe riferito ciò che sa su alcuni magistrati del distretto di Catanzaro sui quali starebbero indagando i pm campani.
LE MAZZETTE VARIABILI PER PETRINI Erano variabili gli importi di denaro che riceveva il giudice Marco Petrini – oltre alle cassette di derrate alimentari – per “influire” sui processi? La domanda del pm della Dda di Salerno è diretta, veloce.
«No, certe volte cinquecento, mille, mille e cinque, duemila, a seconda». Il pm incalza: qual è la somma più grossa?
«Trentamila». La somma sarebbe stata consegnata insieme a Claudio Schiavone, commercialista a Cosenza, per “oliare” la causa di Antonio Saraco, implicato nel processo di mafia “Itaca Free Boat”. I soldi li avevano ricevuti da «Francesco Saraco» per «ammorbidire il procedimento penale» che aveva portato al dissequestro dei beni della famiglia Saraco. A rivelare questi particolari è Emilio Santoro. Il “faccendiere”, ex dirigente dell’Asp di Cosenza, che teneva unito il mondo politico e dei colletti bianchi con alcuni uffici della Corte d’Appello di Catanzaro, sta collaborando con gli inquirenti campani. Il 20 gennaio scorso, a cinque giorni dall’arresto, Emilio Santoro, detto “Mario”, originario di Cariati, ha cominciato a rispondere alle domande del pm della Dda di Salerno Luca Masini che ha in mano le carte dell’inchiesta “Genesi” che lo scorso 15 gennaio ha portato all’arresto, tra gli altri, del presidente della seconda sezione penale della Corte d’Assise d’Appello di Catanzaro, Marco Petrini. Salerno è competente per i reati con riguardano i magistrati calabresi ma non è escluso che anche la Dda di Catanzaro possa chiedere di sentire Santoro visto che è indagato anche in procedimenti di competenza del distretto calabrese. Per quanto riguarda Salerno, le accuse nei confronti del giudice, di avvocati, dell’ex consigliere comunale Giuseppe Tursi Prato, di imprenditori e di altri faccendieri appartenenti a un sistema ben intrecciato, secondo le indagini, con la massoneria deviata e gli apparti politico-amministrativi, sono varie ipotesi di corruzione in atti giudiziari.
I SOLDI SOTTO LA CASSETTA Santoro conferma al pm che, oltre al denaro, venivano consegnate al giudice anche «derrate alimentari». Il pm chiede se i doni alimentari venivano consegnati direttamente nelle mani del giudice e se comprendevano anche somme di denaro. Santoro conferma: c’era del denaro che stava «sotto, sotto, va bene, sotto la cassetta».
Il magistrato vuole testare però se l’indagato ha intenzione di «dare una svolta oppure no» e chiede a Santoro se abbia mai consegnato somme di denaro ad altri magistrati. «Faccio un po’ mente locale», risponde Santoro.
«Sia in relazione a processi penali, sia anche a cause tributarie», chiede Masini. «Sì, ricorsi tributari se non vado errato sì… mi sembra di sì». Petrini d’altronde era presidente della Commissione tributaria. (a.truzzolillo@corrierecal.it)
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